Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Quelle persone” di Cristina Bruscaglia

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Si graffia la gambetta sul ruvido legno interno dell’armadio, ma non le importa niente. Un altro bambino avrebbe pianto o si sarebbe preoccupato per quella piccola ferita, invece lei sta resistendo a qualcosa che i suoi coetanei, fortunatamente per loro, neanche potrebbero immaginare. Non può far caso ad una simile banalità.

Lo spazio è stretto. Ha il fiato corto sia per la paura, che per la mancanza d’ossigeno. Il cuoricino le batte forte, lo sente in gola.

Prova a guardare nello spiraglio tra gli sportelli, ma vede solo l’angolo del letto.

C’è un silenzio insidioso; non è riuscita a capire se dopo la sfuriata lui sia uscito o se ne stia fermo in qualche punto della casa, in attesa, come un feroce predatore.

Ha le manine sudate, abbraccia forte Cettina, la bambola dai capelli di lana, cucita dalla tata Matilde. È il suo conforto e la ama anche se ormai mutila di un occhio e con il vestitino strappato dopo essere stata sbattuta, con tutta la forza di un uomo, sullo spigolo di un mobile.

Un po’ di sangue le cola sul polpaccio. Ci passa l’indice e senza pensarci lo porta alla bocca. Vuole sentire il sapore ferroso così sinistramente familiare. Lo avverte – mischiato all’odore di lui che sa di fumo e di sudore acre – quando stringe i dentini per resistere al peso e al male che le fanno “quelle cose”, oppure dopo essersi morsa la lingua per qualche schiaffo o pugno più violenti.

Nonostante la sua breve vita sia quasi interamente trascorsa nella paura e nel dolore, non si è del tutto assuefatta, riesce ancora ad essere reattiva e a difendersi. Soltanto durante quelle “cose brutte” – che lui fa perché “dice” di volerle bene – la coscienza l’abbandona, donandole la capacità di lasciare il piccolo corpo martoriato, portandola altrove. Invece quando viene punita o picchiata con rabbia, è vigile, cerca di parare i colpi o di esporre le parti più resistenti, oppure fugge nascondendosi. E anche se lui intuisce dove si è rintanata, non la cerca. Come in un macabro gioco lei sa che uscire dal campo visivo del suo aguzzino è la salvezza. Perciò aspetta acquattata finché non passa la furia e si riesca a vivere qualche breve ora o giornata di apparente quiete.

Poi ci sono “quelle persone” che le è capitato di vedere già diverse volte. Persone sconosciute. Mai le stesse. Strane, vestite in modo inconsueto. Uomini senza la giacca e che arrivano senza cappello, donne che indossano i pantaloni come i maschi, con i capelli corti o sciolti sulle spalle come quando si va a dormire. Forse così stravaganti perché provenienti da paesi lontani. Matilde le ha detto che in alcune parti del mondo la gente si veste e parla in modo differente. Lei comunque quando le vede bacia le dita messe a croce. Un gesto rassicurante per esorcizzare la paura.

Ma ciò che la turba di più è la sensazione di essere del tutto ignorata dalla maggior parte di loro, solo due o tre volte qualcuno l’ha notata e poi è sempre successo qualcosa di terribile, che non riesce più a ricordare.

Adesso, però, deve capire come superare quest’altro orribile momento. Non sa da quanto è chiusa lì dentro. I suoi pochi anni e lo stato alterato dal terrore, non le fanno valutare la durata del tempo. Ma è stanca e le manca l’aria.

È sola in casa; se lui non c’è (come spera), è sola, perché Matilde è stata mandata via da circa un mese, anche se a lei sembra un’eternità.

Si fa coraggio, appoggia la manina sull’anta dell’armadio e la schiude. Sente il ticchettio dell’orologio a pendolo giù nell’ingresso. La apre del tutto, fa scivolare fuori un piedino. Ascolta, vuole sentire, vorrebbe avere le orecchie enormi del bastardino del verduraio all’angolo. “Lui c’ha ‘n udito dieci vorte mejo der nostro”, le aveva detto il vecchio e sdentato padrone del cagnolino in una delle sue rare uscite, quando era andata con Matilde a comprare la cicoria.

Ormai è fuori, ma pronta a risaltare dentro al minimo rumore. Tutto tace.

Si allontana dal nascondiglio. Avanza guardinga verso il ballatoio delle scale. Si affaccia dalla ringhiera. L’atrio è deserto, l’unico movimento è quello cadenzato del pendolo.

Indossa ancora la camicina da notte, oggi la giornata è cominciata male, non ha fatto nemmeno in tempo a vestirsi.

Si stringe a Cettina e comincia a scendere lentamente la rampa. Quando arriverà in basso non proverà ad aprire la porta d’ingresso, sicuramente sarà chiusa a chiave e poi lei non può chiedere aiuto. Nessuno deve sapere di “quelle cose” e neanche delle botte. “Altrimenti t’ammazzo!”. Lui, ogni volta che le lascia dei segni sul corpo o sul viso (e capita di frequente), la confina in casa, e perfino Matilde, quando era ancora a servizio da loro, veniva tenuta a distanza.

La sua mamma è morta da troppo tempo. Non la ricorda e anche se prova a pensarci, il buio della memoria la sconforta. Ne conosce il viso solo grazie a due fotografie, entrambe incorniciate e appese al muro, una che la ritrae vicino al marito e un’altra ovale, a mezzobusto, che lei, salendo su una sedia, spesso va a baciare.

È arrivata sull’ingresso. Solo adesso si accorge di uno strano brusio che proviene dall’esterno, come un insieme di ronzii, più o meno distanti.

Si blocca. Uno di quei suoni ora è vicino! Somiglia al rombo di un tuono prolungato, però meno forte. Adesso si è interrotto… sente sbattere qualcosa e… qualcuno sta parlando! Forse sono un uomo e una donna, ma non riconosce le voci. Dicono cose che non le interessano per niente.

Vorrebbe scostare la tenda della portafinestra per guardare fuori, ma non ne ha il coraggio.

Saranno “quelle persone”?

Sta lì impalata già da un po’, quando si avvicina di nuovo il rumore di tuono. Poi anche questo, di colpo, finisce.

Un’altra voce maschile, ha un tono acceso, arrabbiato:

<<E MI VUOL DIRE CHE NON LO SAPEVA?!>> sbraita.

Ha una vertigine di paura, ma sa che la porta è chiusa a chiave e che non possono entrare.

C’è un breve silenzio, poi riprendono a parlare.

La curiosità di guardare è troppo forte.

Scosta la tenda… sono “loro”!

È agghiacciata dal terrore e dallo stupore.

Fuori è tutto “sbagliato”, loro sono “sbagliati”.

Qualcosa di scuro, grande e luccicante incombe in giardino.

Si accorge che uno dei due signori la sta osservando….

Nell’impeto di portare le dita alle labbra per baciare la croce, fa cadere Cettina.

                                                                              *

La notifica di un messaggio. L’uomo sposta lo sguardo dalla strada al display dell’auto collegato allo smartphone. È di Francesca, una ex cliente – anche lei sposata – con la quale da un paio di mesi ha imbastito una farraginosa relazione. L’ennesima.

“Ciao amore, oggi dalle 17:00 alle 18:00 sono libera. Riusciamo a vederci?

Mi manchi tanto. Ti amo”

Ora va di fretta e poi non ha voglia di rispondere. La situazione gli sta sfuggendo di mano, lei è troppo coinvolta e sta diventando soffocante. Lui non se lo può permettere e, in realtà, si è già stancato.

È fatto così, tutto fuoco all’inizio, ma indubbiamente di paglia. Già ne ha pagato lo scotto una volta, quando, innamorato pazzo della ragazza che poi diventò sua moglie, la mise incinta. A quei tempi viveva di grandi velleità e nessuna sostanza. Sognava di sfondare nel mondo dello spettacolo e invece si ritrovò sposato, con un bambino in arrivo.

Infilato a calci nell’agenzia immobiliare del suocero, è ormai quarantenne, con due figli, una vita ben confezionata (da altri), perennemente insoddisfatto e frustrato, ma non abbastanza incauto da spezzare le catene.

Guarda il navigatore: mancano tre minuti alla destinazione. È un lussuoso quartiere caratterizzato da villini d’epoca, per la maggior parte trasformati da residenziali a uffici o società. Nella casa non c’è mai stato prima, l’ha visionata solo tramite foto, video e planimetria.

Trova il civico. Una donna bionda è lì che aspetta. Dev’essere la cliente con la quale ha appuntamento. Chissà dove avrà parcheggiato, a Roma è un’impresa impossibile quasi ovunque. Un vero problema per lui che, spaventato da un brutto incidente, non usa più lo scooter da circa un anno. Fortunatamente il proprietario della villa ha consegnato all’agenzia anche il telecomando dell’apricancello.

Fa un cenno di saluto alla signora ed entra con il SUV. Scende, si presentano. Lei gli dice che il coniuge sarà lì a minuti.

<<Bene! Allora aspettiamolo qui fuori. Suo marito già sa tutto della casa, ieri abbiamo parlato per mezz’ora al telefono. A questo prezzo e in questo quartiere! Si rende conto?>>

<<In effetti quando abbiamo letto l’annuncio abbiamo sospettato ci fosse un errore>>, mormora la donna sfoggiando un bianchissimo sorriso. Loro cercano un’abitazione sui 250/300 metri quadrati, possibilmente indipendente e con giardino, ed essendo molto difficile trovarne in vendita in quella zona prestigiosa – poi ad una cifra così conveniente – lui pensa che non se la lasceranno sfuggire.

Riprende imperterrito:

<<Il villino è libero e vuoto da mesi. Da tempi remoti è stato adibito ad uffici, ma il cambio di destinazione ad uso abitativo non sarà un problema. L’unico lavoro indispensabile è il ripristino della cucina, dove l’allaccio del gas, che ovviamente in origine non c’era, è già stato effettuato in passato. L’ultima ristrutturazione è del 2019. Tutti gli impianti sono a norma. È climatizzato e…>> continua a parlare osservandola con intenti tutt’altro che professionali. Ne valuta l’età, probabilmente più giovane della sua. Dice di avere tre figli, complimenti! Con quel ventre piatto e quel culetto così tondo e sodo non l’avrebbe mai immaginato. Possiede anche una notevole parlantina e un buonissimo profumo. L’agente ha smesso di illustrarle le qualità della casa e la sta ascoltando. Gli spiega che ci abiteranno in sette più due cani: lei, il marito, i figli, l’anziana suocera e una colf.

Devono avere tanti soldi, il consorte è un neurochirurgo di fama internazionale.

Più la guarda e più gli piace, la trova incredibilmente sexy. Si ravvia spesso i capelli in modo seducente e ha delle labbra meravigliose. Comincia ad eccitarsi, in breve viene sopraffatto da un’erezione prorompente. Per fortuna la giacca del completo, abbastanza lunga, gli salva la faccia anche in quell’occasione.

Una moto di grossa cilindrata si ferma davanti al cancello pedonale aperto. L’uomo che ne scende togliendosi il casco, è sulla cinquantina, alto, calvo e piuttosto insignificante.

<<È arrivato!>> esclama la signora. L’agente gli si avvicina tendendo la mano e sfoggiando il suo più accattivante sorriso bugiardo. C’è però un che di stonato, se ne accorge subito. Il tizio non lo saluta e non sta sorridendo ma ha preso l’iPhone e, dopo aver digitato qualcosa, ora l’ha sollevato sbattendoglielo davanti al viso in maniera non proprio amichevole, ruggendo:

<<E MI VUOL DIRE CHE NON LO SAPEVA?!>>

Ha il sole negli occhi, si sposta per poter leggere sullo schermo:

Case maledette. Ecco le più famose abitazioni scenario di orribili omicidi”. Il chirurgo lo scruta con volto torvo, poi apre il link e fa scorrere gli articoli finché non appaiono indirizzo e foto della villa che hanno di fronte:

A fine estate del 1903 una bambina di sette anni, (nome e cognome), segregata, torturata e stuprata per anni dal padre, reo confesso, fu da lui massacrata e uccisa. Il cadavere, occultato per mesi nella casa, fu rinvenuto il 28 dicembre in avanzato stato di… >> il pezzo continua, ma ne ha abbastanza.

Ha un capogiro.

Assurdo! Nessuno l’ha informato!

Ricorda qualche sguardo strano e delle allusioni tra i colleghi, ma non gli aveva dato peso.

<<Non ne sapevo niente! Glielo giuro!>> cerca di sorridere, gli esce solo una smorfia e balbetta: <<Vabbe, è successo centovent’anni fa! Non mi dica che lei crede…>> le parole gli muoiono in gola perché intravede qualcosa dietro la portafinestra sulla sua sinistra. Si volta e un brivido l’attraversa facendolo tremare: una bambina in camicia da notte e con lo sguardo atterrito, fa il gesto di spostare una tenda inesistente, poi con un sussulto avvicina le mani alla bocca, e la bambola logora e senza un occhio che tiene tra le braccia, le scivola sul pavimento.

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