Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Collage di un risveglio” di Monica Cerica

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Le colline delimitano il paese, immerso nella giungla di palme, che si estende quasi a toccarmi…”

Lo incontrai su una spiaggia caraibica, in una calda giornata di settembre. Mi si fermò davanti, aveva occhi vuoti. Restò impassibile dinnanzi al mio fascino.

Tentai di raggiungerlo, la distanza tra noi era ampia. Inspirai, mi ritirai per prendere la rincorsa, arrancai sulla sabbia. Le ultime gocce rimaste vennero assorbite da granelli assetati.

Quel giorno il vento era impegnato e non venne in mio aiuto. Fu un fallimento.

L’uomo se ne andò senza accorgersi di me.

*****

Afflitto da incubi persistenti, Tom cerca rifugio in una trincea alla fine del mondo.

Il rosso del sangue lo accompagna. Intorno a lui, il nero dell’odio sommerge le ultime grida di vita.

Il grigio della polvere lo ricopre.

***

La via s’interrompe dove inizia la sabbia. A sinistra, le imbarcazioni riposano adagiate sulla riva; un enorme albero di mango dona riparo ai lavoratori del mare.

A destra alcune palme, circondate da ciuffi di erba secca, forniscono piccole isole d’ombra mosse dalla carezza del vento.

Di fronte, il mare.

Tom verifica la distanza tra sé, gli uomini e le barche; dall’altro lato nessuna minaccia lungo l’arenile. Conta ventidue passi veloci, il massimo rischio concesso allo scoperto. Giunge a un tronco, si rannicchia, schiena alla corteccia, palmi a terra.

Alle sue spalle, un flebile sciacquio allevia il battito accelerato.

Cauto si raddrizza, sbuffa l’ansia; incollato al fusto, ne segue la curva, appare l’orizzonte. Niente esplosioni, nessuna colonna di fumo; solo l’incontro tra cielo e oceano.

Un bacio silenzioso, un brivido scioglie i muscoli contratti.

La quiete del promontorio, che incornicia la baia, viene interrotta dal brusio della vita alle sue spalle. Il paese è in fermento. L’uomo ripercorre i ventidue punti e segna una mappa immaginaria, memorizza possibili mine interrate fino all’asfalto.

«Area sicura, capitano!»

  • Lunedì

Il tepore della sabbia sulla schiena, allontana il ricordo di notti insonni su giacigli gelidi sotto gli attacchi nemici, la brezza del mattino suona un fruscio di foglie danzanti, il profumo di salsedine accarezza l’insenatura dove il soldato ha deposto le armi

Fiocchi di candide nuvole si inseguono nel cielo limpido.

All’improvviso, un F-16 squarcia la visuale.

L’uomo si accovaccia come un sasso, trattiene il respiro; il collo riparato tra le spalle, il mento preme sui pugni stretti. Segue i movimenti rapidi e offuscati dalle lacrime.

Le ali del velivolo si piegano all’indietro, il muso in picchiata si tuffa in mare e la fusoliera scompare sotto la superficie.

«Oh, no! Ti ha colpito…» Tom, scatta sull’attenti, cerca una lacerazione nel punto di contatto. «Reagisci soldato!»

Il pellicano riemerge con un pesce di traverso nel becco e, silenzioso com’è arrivato, si dilegua, e altri come lui ripetono a rotazione.

«Sopporti tutto questo?» I piccoli mulinelli concentrici si richiudono. «Sembri esserci abituato. Sei talmente grande, forse nemmeno te ne accorgi.» Si massaggia il ventre. «Io sento ancora il bruciore della scheggia che mi ha trafitto.»

Una folata gli scompiglia i capelli. La superficie vibra e piccole onde, incoronate dalla schiuma cangiante, si rincorrono a ripetizione, solleticano e mischiano la sabbia. Lo sciabordio riecheggia nella sua mente.

«Non c’è niente da ridere.»

Le increspature continuano. Il soldato procede a passo di marcia e calcia spruzzi salati.

«La guerra è una cosa seria. Come puoi ridere?»

Quando l’acqua gli cinge i polpacci si ferma. Il vento lo imita. E una tiepida pace lo culla.

«D’accordo. Questa volta ti perdono.»

Si china e immerge le mani, la polvere si dissolve. Chiude gli occhi e segue il movimento del mare.

«Sei un alleato?»

L’incanto delle sfumature d’azzurro ingoia a tratti la monocromia e scioglie il grigiore.

  • Martedì

La sagoma di una lancia appare e scompare tra i giochi dei flutti a un centinaio di metri, fino a imboccare l’ultima corrente che la posa sulla battigia. Il cielo è una coltre di nubi.

Un boato alle spalle risveglia il militare che si sfila lo zaino e si getta al riparo, sotto un cespuglio di ibiscus dietro un cumulo di sassi. Attende, con le mani sulla testa e il viso schiacciato sulla terra.

Il rombo s’interrompe: un ragazzo scende dalla moto e aiuta i pescatori con il banco del giorno.

Tom striscia fuori dal nascondiglio e, a carponi, raggiunge le due palme, cornice di un quadro animato: una colonna d’acqua lontana unisce il cielo plumbeo al blu del mare; si avvicina incitata dal vento. Ogni onda infranta a un metro da lui, è un monito.

Seduto su un telo, si arrotola i pantaloni e abbraccia le gambe piegate. Dagli anfibi logori, sistemati a lato, spuntano i calzini.

Dondola. E la linea dell’orizzonte con lui.

«Sei arrabbiato oggi?»

Immobile, scruta il nuovo amico.

«Allora? Borbotti e basta?»

La risacca di un’onda si scontra con una in arrivo. Il frangente sbuffa schiuma mentre un’altra increspatura sulla riva raggiunge la sua pelle. Tom stringe ancor di più le ginocchia al petto e accartoccia le dita dei piedi.

Una breve e intensa pioggia lascia la scena al sole. L’aria diviene calda e il tempo si ferma. Lo specchio d’acqua riflette i raggi di luce: migliaia di brillanti disegnano un sorriso.

I bambini giocano sulla riva e una coppia, per mano, si scambia promesse d’amore. Le chiome degli alberi, proiettate sul terreno, hanno percorso un quarto di giro. La guerra è lontana.

L’uomo indossa le scarpe, raccoglie lo zaino, abbozza due passi e si volta.

«Ah, dimenticavo… Sei affascinante quando sorridi

Rocce piatte, di solito sommerse, affiorano dalla bassa marea.

«E non fare il timido, adesso. Hai brontolato tutta la mattina.»

  • Mercoledì

I rami del mango, colpiti dalle raffiche, si schiaffeggiano con vigore. Tom scatta sul letto pronto a imbracciare il fucile. Dalle fessure degli scuri di legno spia oltre le grate, verso l’esterno.

Segue con l’indice esteso il movimento della Puta de Noche che, esaurita la fragranza agrumata notturna, oscilla alla mercé dei vortici. Sembra un soldato ferito.

Il telegiornale locale trasmette l’allerta meteo del NHC (National Hurricane Centre di Miami): il grafico riporta un cerchietto rosso su cui è indicata la sigla dell’intensità. All’inizio del cammino segna una S (Storm); nel punto in cui è ora c’è una H (Hurricane); sopra il paesino sulla costa, che presto raggiungerà, lampeggia una M (Maior).

Il militare torna alla finestra; le folate si sono calmate, una pioggerella sottile rende l’aria densa.

Lungo la strada principale gli abitanti si affannano a proteggere porte e finestre con pannelli di compensato o fogli di lamiera. A ogni colpo, Tom abbassa la testa e si protegge con l’avambraccio. Si affretta a trovare punti riparati; scandaglia ogni movimento; procede di ventidue passi in ventidue, raggiunge coperture e protezioni.

Il soffio del vento è il sibilo di un ordigno; i colpi dei martelli, mitragliatrici nemiche; gli scoppi delle marmitte, bombe che gli cadono accanto.

Unica missione: arrivare in fondo, raggiungere l’area sicura, la zona amica.

Finalmente, il mare.

Qui.

Adesso.

La bufera incalza, le chiome delle palme piegate urlano di dolore, sono le vittime innocenti della guerra, e ancora la polvere cancella i colori del panorama, i contorni sbiadiscono.

Silenzio. Tom si porta una mano alla bocca, trattiene il fiato. Bruciano gli occhi secchi.

L’oceano inspira, si ritira ammutolito. D’un tratto torna possente, schiaffeggia la riva.

Tentacoli d’acqua afferrano rami, e foglie, e tronchi sul terreno.

«Ti prego.» Sussurra Tom. «Ti prego.»

Di nuovo il mare si abbassa, indietreggia, un respiro profondo.

Il mondo è in pausa.

Tom spalanca le palpebre, l’amico infuriato si ritrae.

Allora allunga le braccia, vorrebbe fermarlo; ma un altro attacco, più potente s’abbatte su di lui che,

a terra, rotola, spinto dalle acque; è un pupazzo fradicio in balia della tempesta. Sbatte.

È un soldato e deve combattere. Scavalca il muretto che delimita la spiaggia, sfida le forze che lo aggrediscono e si siede al riparo. Il tintinnio delle lamiere dà l’allarme e la furia si scatena.

Un fischio sempre più intenso, più vicino; i cavalloni si schiantano sulla parete di pietra… Bombardamenti ripetuti. Tom sussulta, trema, si tappa le orecchie. Gocce copiose, grappoli sganciati dal cielo lo colpiscono e si fondono con gli sputi del mare. Carica ancora il muro d’acqua, gonfio di rabbia spazza via ogni cosa che oppone resistenza.

L’incubo è realtà, il grigio è tornato.

  • Giovedì

«Ti vedo, amico. Sono ancora qui.» Affonda le dita e la sabbia, sotto il primo strato scaldato dal sole, è ancora umida e compatta. Stringe i pugni e li solleva dritto davanti a sé: scivolano via i granelli. «Vedi, questa è la mia terra, la nostra terra. Si sgretola giorno dopo giorno. Non serve la tua guerra. E neppure la mia. Siamo uguali noi due, alleati contrapposti. Combattiamo solo per sopravvivenza.»

L’acqua giunge delicata, gli sfiora appena le dita dei piedi, e si ritira lenta: la carezza di una madre che quando è passata, lascia solo l’odore.

L’uomo striscia di qualche centimetro.

Il contatto è ritmico e cadenzato dall’ondeggio silenzioso.

«Mi sei mancato.»

Il mare gli avvolge le caviglie, attenua la disperazione. È l’attimo consolatorio che bramava.

Tom si alza, si volta verso la vita spezzata che scorre alle sue spalle, ascolta le macerie che riempiono il suo cuore, osserva la polvere che copre i colori.

Con i piedi immersi, un passo dietro l’altro, l’infinito si avvicina. I palmi sulla superficie assecondano la corrente, carezzano le increspature.

«Sei la mia libertà, la mia pace.»

Il sollievo, un sapore ormai dimenticato, segue la linea del volto, e dal mento si tuffa fino a trasformarsi in unione tra le acque; l’uomo stesso, man mano che avanza, diventa lacrime. Si fonde con l’oceano.

*****

Ho riempito occhi spenti con colori ed emozioni.

Io sono qui, ci sono sempre stato. Lambisco terre e dono vita.

Osservo gli uomini e mi prodigo a cullare i loro sogni nelle notti in cui escono a pescare. Li accompagno al rientro con correnti amiche.

Sono divertimento, rifugio, culla, e a volte, paura.

Danzo unito a vento, nuvole e pioggia, miei naturali compagni d’avventura. Diventiamo tutt’uno e il mondo ci appartiene.

Le colline delimitano il paese, immerso nella giungla di palme, che si estende quasi a toccarmi… Quell’uomo ci è riuscito.”

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