Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Farfalle nella pancia” di Giovanni Bottino

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

…quel pomeriggio sono a casa. E come al solito la cantina è in disordine. Ma è una cantina, non un salotto.
Che poi io non ho il salotto. E non so come possa essere.
Metto a posto gli attrezzi, cerco di fare un poco di ordine. Perché poi mi piace trovar le cose dove le ho lasciate. E se le lascio in giro come le scovo poi. Mi dimentico.

Forse son monotono…

Mia moglie ha la pancia che sembra una mongolfiera. Di quelle tutte colorate e grandi, magiche e leggere.
In cuor mio mi ci aggrappo e son come sopra al cielo, la musica di Beethoven mi fluttua volante quasi sopra il sole a ricordar “le quattro stagioni” del mondo. Sento caldo…sento la sua “voce radiosa” che rimbomba di note musicali che sanno di zucchero filato. Che poi il sole è talmente bello che non puoi guardarlo agli occhi. E lo zucchero si squaglia.
Una donna quando è incinta non è una donna. Non è neanche una mamma. E neppure una moglie.
È un sorriso.
Uno di quei sorrisi che noi uomini invidiamo perché non ne siam capaci a imitare.
A volte neanche a sfiorarlo.
O vederlo.
Ma io quel giorno son come un libro aperto…vedo tutto, sento tutto. Ed ho una cazzo di paura che mi assilla ma non ferisce.
Fra non molte ore nasce nostro figlio. Ed io ho timore. Anzi, ne ho un sacco di timori, che non riesco a contarli neppure col pallottoliere o a metterli almeno in fila.
Starebbero bene nella mia cantina.

La sala parto sembra un teatro ma v’è solo un posto per potersi sedere. E non è certo il mio.
Ho cercato di capire il suo dolore, la sua fatica. Il suo desiderio…non è stato facile.
Le lacrime sue erano come petali di fiori, che sapevano di miele. Piangeva per il male e sorrideva per la gioia ed io non capivo più un bel cavolo di niente.
Ero confuso. Ma poi…che ci facevo qui dentro ? Che idiota.
“Perché ho ascoltato il cuore e non la paura” mi son chiesto troppe volte.
Noi uomini che assistiamo al parto siam coraggiosi… perché non ci rendiamo conto di nulla.
Lo scrivo senza vergogna…”sarei scappato via”.

La bocca aperta per lo stupore di ciò che una donna riesce a fare.
Lettere senza senso ruotano dentro la testa nel tentativo di fare ordine.. Ordine….capite, ordine. Mi ha rotto l’anima sta parola.

Ma l’emozione è così forte che sembra quasi che a partorire sia io. O voi uomini…
Che bello però esser così scemi e senza senso. Ho un buon ricordo di tutto ciò.

Le sue gambe sono aperte, la dilatazione della sua intimità è talmente grande che vedo la testa di mio figlio.
I capelli.
Il cuore.
Il miracolo…
Ho il cuore che potrebbe esplodere, ma non so di cosa ancora.
Intanto Lei spinge e respira e si ferma e poi riparte…e spinge, respira e strilla gioia. O forse non è gioia ma dolore. Ma comunque sento che sia felice.
È così forte mia moglie che non la riconosco quasi.

È nato. È nato Lauro.
Lauro…ricordando l’alloro e tutto il suo bel significato.

Pesa oltre quattro chili e li per li, solo questo m’imbarazza per cosa posso far in futuro nella nostra intimità.
Che sciocco aver questi pensieri.

Perché ?

Eppure siam i Cavalieri della tavola rotonda, gli Orchi del Signore degli Anelli, i Ronaldo portoghese appena andato a segno. Il simbolo della virilità…

Oggi era Lauro. Un domani sarebbe stato anche Emma. La mia dolce Emma.

Intanto, quell’ esserino era fra le mie braccia. Era leggero come una piuma ed io ero felice come il mare.
La Donna esausta come avesse fatto la mille miglia…ma sorridente.

Cosa è un figlio ?
Me lo son chiesto tante volte. Forse una storia pesante da sopportare, proprio quando lo sei stato pure tu. E da trasformare quando hai consapevolezza che papà e mamma non sono super eroi.

Ma quello che ho capito è la bellezza che ste donne sanno darti. E che forse il miracolo è tutto ciò. E null’altro.

Questo mostriciattolo che vive dentro la pancia di mia moglie per quasi nove mesi e poi esce e stravolge tutto. Ti fa rotolar le emozioni come fosse un luna park. E non ti lasciano più.
Che storia la paternità.
Sembra un giro giro tondo e casca il mondo di gioia e rabbia.

Io non ho dato per scontato la felicità con la nascita di Lauro.
Ma caspita…ho sempre camminato in salita nella mia modesta vita e sebbene fossi contento come una pasqua…belin, sembrava dovessi scalare il Monte Bianco.
Con la neve alta. E la funivia bloccata dal gelo.

Quel giorno volevo metter a posto la cantina. Ma poi nacque mio figlio ed il disordine era fuggito anche lui. E mi aveva lasciato solo, con le mie paure ed incertezze.In quelle quattro mura silenziose.
Dovevo rinunciar ad oltre due terzi dei miei desideri, ad oltre due terzi dei miei sogni, ad oltre due terzi di mia moglie.
Dovevo…ma dopo qualche mese, divenne “volevo”.

Che cosa è un figlio per un papà?
A volte è stata una rivincita di me sulla mia vita del piccolo Giovanni.
Altre volte ho amato e basta. Oppure mi son incazzato e basta.
Col tempo ho imparato a non proiettar nulla, a non giudicar le sue scelte, a fare qualcosa senza aspettarmi un gran ché.
E chissà quante altre…

Quel giorno ero in cantina. E pensavo…ma non credevo fosse così.
Non immaginavo fossi così inadeguato alla nascita. Ed a chi “organizza” tutto ciò.
Quanto sei piccolo in certe circostanze. Indifeso e senza protezioni. Come alzarsi la prima volta dopo mille tentativi e cadere mentre provi a camminare. E dire che la canzone di Battiato la conoscevo a memoria. Ma un conto erano le parole. Un’altro le gesta.
Che poi, in quella canzone (la Cura…), quanto amore sfociava tutt’attorno. Mamma mia.

Quel giorno capii che la cantina era un salotto. E che la mia/nostra vita, andava ri-organizzata.
Completamente.
Iniziai ad amare. Ma in modo differente.
Mia moglie non è stata più mia moglie per un po’ di tempo. Ed io…non so più chi ero.
Ero divenuto padre ma con una moglie che si dedicava a lui. E lui soltanto.
Mi dava un po’ noia sta cosa. Il mio esser uomo e marito aveva perso contro l’esser padre. Una sconfitta pesante e senza attenuanti.

Non pensiate sia semplice.
Non giudicate…
L’amore non è prevedibile. Anzi…non deve mai esserlo.
Son li che fioriscono numerosi dubbi. Almeno credo.

Lauro aveva pochi mesi. Ed io lo tenevo sempre addosso. Come lo zainetto dei sentimenti.
Scalciettava, straparlava sillabe a vanvera, canticchiava con sole due note musicali.
Spesso lo guardavo…ma non parlavo.
Ma come ha fatto mamma ?
Ma come cazzo fanno le donne a fare tanta bellezza ?
Porca miseria quanto mi rodeva sta roba…

(non c’entra nulla sta cosa, ma….”conosco mamme che non parlano con i loro figli. Da anni. E ciò mi fa tanta tenerezza…).

Alcuni mesi dopo, tornai in cantina. Io me lo ricordo quel giorno.
C’era un casino pazzesco.
Il mio.
Il suo. Di Lauro.
Giochi dappertutto.
Che strana la vita. Ciò che a volte da noia…d’un tratto te la riempie. Come fosse arredamento per le emozioni.

…eppure quel giorno ero in cantina. Ma non immaginavo tutto questo amore.

Nella mia vita non sono state facili un sacco di cose. Neanche ad un certo punto quando Lei mise le ali.
Ma non è stato facile neppure per i “nostri” Lauro ed Emma.
Chissà, forse questa condizione ha fatto sì che amassimo di più e per forza. Ma poco importa quali erano le priorità.
Ho imparato a viver “come abbracciato” con questi nostri ragazzi e sono stato fortunato.
No, non è stato facile. Per tutti noi. E forse non è stato facile neanche per lei guardarci da lassù.
Ma sono certo di una cosa…quello che sono stato è perché ero io. E sono fiero di me.
Ecchecazzo, una pacca sulla spalla me la merito.
C’è la meritiamo tutti.

Grazie Marieke, grazie Lauro, grazie Emma.
E grazie Giò…

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