Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Rondini nel buio” di Marco Frigerio

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Uno stridio allegro lo avvolse all’improvviso mentre lui si guardava le mani e le scarpe impolverate. Alzò lo sguardo: uno stormo di rondini volava sopra di lui inseguendosi veloce tra gli alberi e il tetto della cascina. Si assestò sulla panca, mosse i piedi e appoggiò la schiena al muro grezzo. Lo sguardo tornò alla polvere, poi salì di nuovo lassù nel cielo chiaro per accarezzare le rondini che garrivano altissime.

«Ma dove erano mai finite? Non le vedeva da anni, ed ora eccole di nuovo, come se fossero sempre state lì ad attenderlo. Tornavano a volargli attorno in quell’angolo sperduto di campagna. Gioiose come quando da bambino le vedeva correre alte nel cielo, mentre aspettava di addormentarsi sdraiato sul letto davanti alla finestra aperta sui primi caldi dell’estate, con il sonno che non arrivava mai, se non rapido e improvviso come un colpo d’ala. O come quando da adulto tornava dalla madre, seduta nella luce della prima sera sopra il bel giardino, mentre le rondini, immemori di tutto, folleggiavano attorno alle loro parole pacate.

Ed ora eccole qui: in questa campagna dormiente, dove lui aspettava misteriosamente la mezzanotte per scaricare il suo camion parcheggiato nel cortile dietro al bar»

“Se vuole altro è meglio che me lo dica subito. Qui, dopo le nove, non viene più nessuno e io chiudo tutto”. L’oste gli sorrideva dalla porta del locale. Appoggiato allo stipite si asciugava le mani con uno strofinaccio bianco come i suoi capelli.

“Un panino con quello che ha: salame o formaggio”.

“Ho tutto”.

“Allora faccia lei come vuole. E poi un bicchiere di rosso fermo”.

Il padrone annuì ridendo: “Certo. Solo fermo qui da me”.

Le rondini volavano in tondo sopra di lui che non si stancava di guardarle. L’oste tornò con un vassoietto che posò sul tavolaccio di fronte all’uomo: “Mi dica, lei si fermerà qui fino a mezzanotte?”

“Sì, come fa a saperlo?”

“Perché, ogni tanto, qui arrivano dei camion più o meno grossi – il suo è veramente piccolo – che a mezzanotte vanno a scaricare al deposito, là sulla collina. Io non mi chiedo il perché. Ma lei mi incuriosisce. Non sembra proprio come gli altri”.

“Cosa vuole dire?”

“Il suo mezzo è minuscolo rispetto ai TIR enormi che arrivano solitamente. E poi lei non assomiglia a quegli autisti grandi e grossi che parlano solo slavo o un qualcosa che io non capisco”.

L’uomo lo guardò: “Non c’è molta gente al suo bar stasera”.

“No, se non fosse per lei avrei già chiuso”.

L’uomo addentò il panino e bevve un sorso di rosso.

L’oste seguiva impassibile lo sguardo dell’uomo perso nel cielo: “Belle le rondini stasera, ma tra poco spariranno. E anche lei domani non sarà più qui”.

“Ma potrei tornare”.

“Non credo, nessuno di voi torna mai. Vado a prepararmi un panino e porto fuori la bottiglia. Non è bello mangiare da soli”.

L’uomo attese a lungo prima che l’oste ritornasse portando quattro panini, una bottiglia e un piatto con due mele e due pere. Mangiarono in silenzio, gustando l’aria della sera. Poi al terzo bicchiere l’uomo iniziò a raccontare.

“Faccio l’autista solo da tre mesi. Fino a un anno fa ero responsabile della logistica di una ditta, poi venduta ai cinesi. Nel giro di due giorni i nuovi padroni licenziarono tutti gli impiegati. Io ho cinquantasei anni: mi sono ritrovato a spasso, senza prospettiva alcuna. Per nove mesi ho bussato a cento porte: alcuni mi guardavano con commiserazione, molti mi hanno sghignazzato in faccia: «Buona fortuna, vecchio!» Due o tre mi hanno minacciato di non farmi più vedere. Poi, non so dire perché – forse per una frase sentita per caso – ho rispolverato la mia patente D, ottenuta durante il servizio militare per poter guidare i carri armati”.

“Già, non siamo giovani, noi. Noi abbiamo fatto la leva. Io negli alpini, evidentemente lei in cavalleria”.

“Esatto, ho ritrovato la mia patente D e l’ho fatta verificare. Tutto a posto, allora ho cercato lavoro come autotrasportatore. Ma anche qui mi hanno riso in faccia. Nessuna esperienza e chiaramente troppo anziano. Poi, per quei casi che non hanno senso, mi ha chiamato un vecchio fornitore.  Una chiacchierata, due giri nel cortile con un telonato. Una stretta di mano come contratto. Ed eccomi a viaggiare per l’Italia”.

“Fortunato”.

“Sì certo. Guadagno abbastanza, anche se sono sempre in giro e non vedo quasi più mia moglie. Ma almeno la mia famiglia mangia e respira”.

I due restarono un poco in silenzio. Poi l’oste si alzò per tornare con due caffè.

“Devi stare attento, i vostri movimenti notturni hanno smosso molta curiosità. Ufficiale e non”.

“Mi hanno già fermato due volte. Hanno controllato il carico e i documenti. Sempre tutto regolare”.

“Hmm”.

“Perché dovrei preoccuparmi oggi?”

“La notte è senza luna”.

“E allora? Il deposito sarà illuminato”.

“Ma non la strada. Bevi il tuo caffè”.

Le rondini si erano chetate e dal silenzio emerse il rumore di un’auto, prima lontano, poi sempre più vicino, finché una volante dei carabinieri si fermò di fronte al bar.

“Ciao Gino. Eccoci qui: porta due caffè anche per noi”.

L’oste annuì.

“Buonasera. Ci sediamo qui di fianco a lei”.

“Bene”.

“È suo quel camion lì dietro?”

“Sì”.

“Gentilmente, favorisca i documenti”.

Ispezionarono il carico. Scarpe e borsette di marca, esattamente come riportato sulla bolla di carico. “Tutto a posto”.

Carabinieri e oste se ne andarono alle nove, lasciandolo solo nel buio a guardarsi le mani e la polvere. Le rondini dormivano.

Hanno controllato il nuovo.

Lo so.

Il gioco dello scarico a mezzanotte funziona bene.

Sì, ma ancora per poco. Presto dovremo inventarci qualcosa di nuovo.

Ma intanto tutti gli altri sono liberi di circolare come vogliamo noi.

Il nuovo ha paura.

Cazzi suoi. Licenziato a cinquantasei anni. Non ha futuro. Continuerà a girare come una trottola, lasciando libera la moglie.

Un sorriso sornione: “Allora mandiamolo più lontano”.

Una risata gelida: “Quella vecchia non mi interessa”.

La mattina dopo lui chiese di scaricare sempre tra il tramonto e l’alba. A un’ora qualunque, ma che variasse di continuo. Loro risero annuendo. Così lui continuò a volare in tondo come una rondine immemore con il telone nero che gli sbatteva alle spalle.

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