Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2023 “Io so che tu sai che io so” di Caterina Fiume

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Emma entra in cucina e li trova a battibeccare come succede spesso.

“Tua madre è convinta che l’estetista del terzo piano le abbia rubato la tovaglietta della nonna.”

“Quella rosa con il merletto di pizzo?”

“Ci abbiamo fatto tutti i tuoi compleanni. E tuo padre non ci crede.”

“Scusa, mamma, che prove hai per accusarla?”

Amelia tira fuori il cellulare dalla tasca della vestaglia e cerca su Facebook Irma Manidifata. Ha un profilo pubblico e due giorni prima ha postato una foto del suo studio – così lo chiama, manco fosse un avvocato o un dottore, – e lì, in un angolo della foto, ha riconosciuto la tovaglietta della nonna. È posata su un tavolino basso, ricoperto di flaconi di oli e creme.

“Ecco, guardate bene qui,” dice allungando il telefono. I due guardano a turno lo schermo e poi si scambiano una smorfia d’intesa.

“Amelia, potrebbe essere una qualsiasi tovaglietta rosa, e poi la foto è buia e sfocata,” replica Vincenzo.

“Papà stavolta ha ragione.”

“Voi non guardate i dettagli. Lo vedete il lembo della tovaglietta qui a destra?”

“E allora?”

“C’è un buco nel pizzo. È quella della nonna!”

“Ma potrebbe essere un alone, Amelia. Non puoi dedurne che è una ladra.”
“E’ una ladra, te lo dico io!”

“Mamma, calmati. Te la stai prendendo troppo.”

“Si, stai esagerando, per una tovaglietta pure strappata.”

“Tu non fiatare!” risponde Amelia. Si alza di scatto e si chiude in camera da letto. Emma dice al padre che è meglio lasciarla sbollire.

Un’oretta dopo, Amelia esce dalla stanza da letto vestita di tutto punto, con tailleur grigio topo, scarpe col tacco a stiletto, truccata come se dovesse andare a un matrimonio. Appena la vede, Vincenzo si rizza a sedere sulla poltrona, facendo scivolare a terra il giornale.

“Ma dov’è che vai così?”

“Dall’estetista del terzo piano.”

“Ma ti sei ammattita? Amelia, abbi pazienza, siediti e parliamo.”

“Non ho niente da dire.”

Vincenzo non fa neanche in tempo ad alzarsi e a trattenerla, che Amelia sguscia via come un gatto che approfitta dell’uscio scostato.

Sale a piedi al terzo piano e si ferma davanti alla porta dell’estetista, segnalata da una targa nera con la scritta fucsia fosforescente Irma Manidifata. Amelia fa una smorfia, si addrizza la gonna, e col petto in fuori, suona il campanello. Aspetta qualche minuto prima che l’estetista le apre, con un bel sorriso, ma con una certa titubanza che ad Amelia non sfugge.

“Buongiorno Irma, avrei bisogno di parlarle, se non disturbo…”

“Prego, si accomodi, ho appena finito l’ultimo cliente.”

Amelia entra nell’ingresso e si guarda bene intorno. Irma la fa accomodare nel salotto mentre si chiude alle spalle la porta dello studio. La casa è intrisa di profumi esotici che ad Amelia ricordano l’ammorbidente che ha comprato una volta per sbaglio. Irma si sfila il camice, fucsia come l’insegna, e rimane con una maglia attillata con lo scollo a v, che fa intravedere il seno sodo e generoso. Amelia distoglie lo sguardo e pensa che non debba avere più di trentacinque anni.

“Immagino che abbia bisogno di chiedermi un consiglio,” esclama Irma, concentrata a osservarle il trucco.

“Non proprio un consiglio.”

“Vuole fissare un trattamento?”

“No, guardi, non si tratta di questo.”

“Allora come posso aiutarla?” chiede Irma, e comincia a sfregare, con i palmi delle mani, le cosce fasciate nei leggings di finta pella.

“Credo che lei abbia qualcosa da dirmi.”

Irma ha un sussulto appena smorzato sul nascere, che ad Amelia sembra essere la conferma di quello che pensa. Sicché incalza:

“E’ meglio parlarsi chiaro, non crede? Tanto io lo so già…”

Irma scatta in piedi: “Davvero lo sa?”

“Certo! Cosa credeva?”

“Le posso spiegare…”

“Le sue spiegazioni non mi interessano. Voglio solo che mi restituisca ciò che mi appartiene.”

Anche Amelia si è alzata e fronteggia Irma e il suo seno prorompente, pronto a esploderle spudorato in faccia.

“E’ una cosa preziosa, ed è mia!” urla Amelia.

Irma rimane a fissarla per un attimo, poi abbassa lo sguardo e dice:

“Non so come sia potuto accadere… non è mia abitudine, glielo posso giurare.”

“Senta Irma, quanto deve durare ancora?” chiede Amelia con le mani sui fianchi.

“Non vuole sapere com’è andata? Insomma… la mia versione.”

“Se le serve per alleggerirsi la coscienza, faccia pure. Certo non cambierà l’opinione che ho di lei.”

“Non m’importa, ma ascoltare anche l’altra campana a volte può giovare.” Amelia la guarda perplessa.

“Lo so, è una situazione molto imbarazzante,” si affretta ad aggiungere Irma,” e speravo che lei non lo scoprisse.”

“Allora avrebbe dovuto evitare di spiattellarlo ai quattro venti senza alcuna decenza!”

Irma sgrana gli occhi: “Eh no, questo no! Io sono una persona discreta, ci tengo alla mia privacy e non metterei mai nessuno nei guai. Mi sta giudicando senza conoscermi.”

“Sì, la santarellina! Ma si vergogni, piuttosto. Reciti il suo mea culpa e la faccia finita.”

“Mea culpa? Guardi che io sono stata sempre al mio posto. Non sapevo nemmeno chi fosse.”

“Vuole dire di chi fosse.”

Come preferisce lei. Per me poteva essere chiunque.”

Di chiunque.” Puntualizza ancora una volta Amelia stizzita.

“Come vuole. In ogni caso, l’ho saputo solo dopo…”

“Avrebbe potuto rimediare subito. È una cosa di famiglia. Lei non è attaccata ai suoi affetti?”

“Rimediare? E come?” Irma scoppia a ridere.

“Adesso si permette pure di ridermi in faccia? Non è solo una ladra, è anche una zoccola!” urla Amelia, e il viso le si avvampa.

“Non le ho rubato niente! È venuto qui convinto di fare un massaggio erotico e ha cominciato a palparmi. Non è successo niente, l’ho messo subito a posto. Sa quanti me ne capitano così?”

“Ma di chi…”

“Vuole dire chi?”

Amelia fa un cenno con la testa.

“Suo marito. Ma io non lo conoscevo.”

“Mio… Vincenzo?” Amelia ammutolisce. Poi comincia pian piano a sbiancare, il mascara a sciogliersi, le guance truccate a cascare, le mani a tremare. Irma la spinge verso lo studio, spalanca la porta e la fa stendere sul lettino da massaggio. Si precipita in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Amelia rimane a fissare il soffitto da cui pendono tante sfere argentate. Le pareti sono di un lilla tenue, rilassante. Si guarda intorno e, nell’angolo vicino alla finestra, scorge la tovaglietta posata sul tavolino. Scende di scatto dal lettino e ne solleva un lembo. È rosa, con il pizzo intorno, ma al posto del buco… c’è un alone giallastro.

“Bella eh? Peccato che l’olio da massaggio me l’abbia macchiata,” dice Irma, porgendo ad Amelia il bicchiere con l’acqua fresca. Lei fa un cenno con la testa e sorseggia l’acqua come se fosse un liquore. Guarda le mani curate di Irma, poi si sofferma sul lettino da massaggio.

“Perché era convinto che lei fosse… insomma una di quelle?” chiede.

“Ne girano tante di cattiverie… e di donne invidiose,” risponde Irma ammiccando.

Certo che vestita così, con il seno di fuori e i leggings infilati a dovere nel culo, è facile che un uomo immagini chissà che; si sa come sono fatti gli uomini, tutti, nessuno escluso, pensa Amelia, squadrandola dalla testa ai piedi.  Poi posa il bicchiere vuoto sul tavolinetto.

“In effetti è proprio sporca, non ci fa una bella figura con questa,” dice con tono sprezzante.

“Ha ragione, devo decidermi a buttarla via, ma è un regalo e mi dispiace,” si scusa Irma arrossendo.

“Senta, la dia a me, proverò a smacchiarla. Una volta lavoravo in una lavanderia.”

“Ma perché? Non vorrei darle anche questo fastidio,” risponde Irma.

“Si figuri, questo non è un fastidio,” ribatte lei secca.

Irma non se lo fa ripetere, e poi non la vuole contraddire. Infila la tovaglietta in una busta e accompagna Amelia alla porta.

Appena si ritrova da sola sul pianerottolo, Amelia tira fuori la tovaglietta. Con le unghie affilate fa un buco nell’orlo sottile di pizzo, lì dove sta l’alone dell’olio, e si compiace del risultato: adesso è proprio quella della nonna.

Scende al primo piano e suona alla porta. Le apre Vincenzo.

“Non dire neanche una parola e scusati, piuttosto!” dice Amelia, sventolando la tovaglietta.

“Ma davvero?” farfuglia Vincenzo.

Emma irrompe in cucina: “Mamma, avevi ragione! È una ladra!”  e cerca lo sguardo complice del padre che se ne sta afflosciato sulla poltrona senza dire una parola.

“Diciamo che non si è preoccupata di chiedere di chi fosse la tovaglietta che ha trovato in un angolo del terrazzo.”

“Allora si è trattato di un errore, meglio così.” dice Emma.

“Sì, meglio così. Del resto, tutti possono sbagliare, vero Vincenzo?”

Vincenzo si agita sulla poltrona e la guarda dritto negli occhi.

In quel momento suonano alla porta. Amelia va ad aprire: è la professoressa di violino del quinto pianto, una zitella che nessuno può soffrire, anche per le storpiature fastidiose dei suoi allievi.

“Ah, Renata.”

“Mi chiedevo se questa fosse sua. L’ho trovata un paio di giorni fa sul balcone, dev’essere volata via dal terrazzo.”

Amelia squadra la tovaglietta rosa della nonna.

“Non è mia!” risponde all’istante. Saluta Renata e si richiude la porta alle spalle.

“Mamma, chi è?” grida Emma dalla cucina.

“Nessuno. Testimoni di Geova.”

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26 commenti »

  1. Una scrittura tagliente come la lama di un rasoio. La mia espressione sarà un luogo comune, ma è il primo pensiero che mi è venuto in mente dopo aver terminato il racconto di Caterina Fiume. In più non posso non citare l’accuratezza dei particolari con cui vengono descritti i due personaggi protagonisti, Amelia e Irma, con gli altri (Vincenzo, Emma e Renata) quasi sfumati.

  2. Grazie Nicola Gaggelli!

  3. Bello! Mi è piaciuto. Complimenti!

  4. Bello. Anche a me è piaciuto. Amelia è grande.

  5. Il racconto è ben scritto, divertente. Ti innamori di tutti i personaggi,descritti benissimo. Un racconto che va via tutto di un fiato. Brava

  6. Davvero un bel racconto, una bella costruzione dei dialoghi, che si sviluppano in modo molto colorito intorno al “malinteso”. La narrazione veloce e dettagliata tiene il lettore incollato fino alla fine. Mi sono piaciute molto alcune scelte lessicali. Davvero brava!

  7. Molto piacevole! La scrittura è vivace e il ritmo serrato. Brava

  8. Mille grazie Manuela, Laura e Salvatore! 😉

  9. Complimenti Caterina mi sono divertita molto leggendo il tuo racconto e mi figuravo la scena intanto che continuavo a leggere. E’ molto bello quando uno scritto ti lascia il sorriso sulle labbra. Grazie. Gloria

  10. Grazie a te Gloria, mi fa piacere che ti abbia fatto sorridere ; )

  11. Bel racconto

  12. Caterina,che ridere!I personaggi sono uno spasso, la scrittura piacevole e ritmata e la storia sembra una barzelletta, ma di quelle fantozziane, che ridicolizzano l’umanità.Il racconto lo vedrei bene come copione.

  13. Grazie Romina per il tuo bellissimo commento 😉

  14. Il racconto scorre piacevolmente, rapido come un torrente in piena e travolge il lettore a tal punto da sbloccarne il respiro solo fine lettura.
    Carattere dei protagonisti descritto con quel tocco essenziale che ne dà immagine precisa.
    Ho molto apprezzato, brava Caterina!

  15. Meraviglioso, intrigante e piacevolmente ironico. Mi piacerebbe sapere se è frutto di esperienza vissuta?

  16. Grazie Antoniella! Sei stata generosissima 😉

  17. Grazie Daniele, nulla di autobiografico, solo frutto della mia fantasia 😉

  18. È il secondo racconto che leggo di Caterina Fiume. Anche in questo caso viene reso in maniera magistrale un gioco di finzioni tra i protagonisti. Tutti sanno la verità e tutti barano in maniera a volte tagliente, a volte crudele, a volte ironica e divertente come in questo scritto. La cosa più bella è che, mentre leggi , ti viene la voglia di sapere se ci saranno seguiti e se l’autrice continuerà a raccontare questi spaccati di vita vivacissimi nella loro autenticità…e far desiderare questo a chi legge non è affatto scontato. Bravissima.

  19. Il titolo del tuo racconto mi ha ricordato un bel film con due magistrali protagonisti, Alberto Sordi e Monica Vitti . Quasi per meccanismo inconscio li ho immaginati muoversi nella tua storia senza imbarazzo. Questo per dirti che ho trovato il tuo racconto efficace e ben scritto. Ci ricorda che nella vita sono più ” pesanti” quelle verità non urlate ma trasmesse con uno sguardo. Quel “io so” rieccheggerà fra le orecchie di Vincenzo come una condanna senza fine.

  20. Grazie Rosanna, se sono riuscita a farti desiderare un seguito sono felicissima! Spero di continuare così.

  21. Anna Rosa, il titolo è proprio quello del film, che tra l’altro adoro. E adesso che me l’hai fatto notare ho riletto il racconto immaginando i due attori come protagonisti, funzionano benissimo. Questo racconto fa parte di una raccolta che ha come tema la bugia, detta o non detta. Se avessi voglia di leggere anche l’altro, Vellutata di zucca, mi farebbe piacere un tuo parere. Grazie intanto del bellissimo commento ; )

  22. Al pari della Vellutata di zucca, anche questo racconto dimostra che il tuo cavallo di battaglia sono proprio i dialoghi, con poche battute possiamo già figurarci i personaggi. L’ironia che pervade tutta la narrazione, poi, rende il testo ancora più apprezzabile. Brava!

  23. Racconto molto divertente che fa anche riflettere su tanti pregiudizi. Dialoghi davvero ben scritti e personaggi caratterizzati benissimo, anche con pochi cenni.

  24. Grazie Francesca e Chiara, i vostri commenti mi fanno molto piacere, perché davvero adoro scrivere i dialoghi.

  25. ottima prosa, impreziosita da dialoghi vivaci e dinamici, qualità non di poco conto. la trama si attiene ai caposaldi della classica commedia degli equivoci, strappando più di un sorriso. qualche passaggio del rimpallo “a fraintendersi” tra Irma ed Amelia è un po’ forzato, ma nell’insieme la struttura tiene. molto ben delineata la psicologia dei personaggi, godibilmente tridimensionali. unico aspetto che mi ha lasciato meno convinto è la conclusione, dove il comportamento di Amelia resta poco credibile per come è stato tratteggiato il personaggio fino a quel momento. (occhio refuso: “finta pella”)

  26. Grazie Malos Mannaja per il commento puntuale e attento. Non credo di essere ancora in tempo per correggere il refuso, speriamo che non diano troppo peso.

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