Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2022 “Elisabeth” di Eugenio Salomone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Inverno

  Il lungo inverno tiranneggia da mesi i paesi del nord. Tutto tace, il silenzio pervade i campi spogli, le sponde dei laghi, gli alberi scuri e avvizziti, l’erba secca. I villaggi vengono risucchiati dal grigio bianco del cielo che si fonde con quello del terreno. Si sente nell’aria odore d’inverno, di fumo di legna nei camini. Il grande silenzio delle brughiere d’Irlanda è rotto solo dai passi di Virgin che arranca sul sentiero bordato dai muretti, paraventi di pietra. Il passo scivola, a tratti rompe lo strato di brina e ghiaccio che scricchiola sotto il suo peso; il respiro forma volute di fumo come una pipa. Sta andando al consueto appuntamento con Elisabeth, detta Eli, sul bordo della scogliera. Quaranta minuti di cammino attraverso i prati e finalmente arriva. Si siede poggiando la schiena a un grosso albero contorto ed incastrato tra le rocce. È il suo rifugio sul promontorio, è riparata dal vento e dal freddo. Davanti a lei c’è il mare e allora si lascia andare, respira e si rilassa e la mente vaga libera, viaggia e gioca con le onde e le nuvole.  Così inizia il dialogo con Eli, sua sorella maggiore; la vede come l’ultima volta, pallida, biondo rossastra con le lentiggini sul viso, bella e fine nei tratti   e nel portamento. Virgin chiude gli occhi per concentrarsi meglio; non vuole perdersi neanche una parola. Ogni settimana da un anno, il mercoledì pomeriggio viene qui per il loro consueto appuntamento.

Elisabeth

  Un mercoledì mattina di marzo Elisabeth Wood era scomparsa. Siamo nel 1928 in un paese vicino a Galway, presso le scogliere di Moher, nella Contea di Clare. Non è raro che qualcuno scompaia da queste parti, specie una bella ragazza di vent’anni. La polizia del posto, dopo poche domande svogliate e un’inchiesta appena abbozzata, aveva chiuso presto il caso. I genitori, Thomas e Annie Wood, affranti e sconsolati, non si erano mai ripresi da tanto improvviso dolore. Dopo un anno, solo Virgin, la sorella di diciassette anni, aveva ancora l’energia della giovinezza per cercare le ragioni di quella perdita e tentava di trovare in tutti i modi una risposta alla misteriosa scomparsa. Nella sua mente, a tratti, arrivavano pensieri e idee nuove, come suggerite da una voce esterna.

 La prima volta era successo mentre camminava: stava andando a prendere la corriera per recarsi in città, dove frequentava la scuola superiore: “Qui sto bene, c’è calma e silenzio, sento tutto con grande consapevolezza, con grande intensità. Per la prima volta vivo con pienezza. È bello vivere così, non ho bisogno di nulla. La mente, il corpo godono di ogni momento nel qui e ora! “

  Virgin si era bloccata di colpo con il cuore in gola, sorpresa e spaventata dal quella riflessione che, pur innestata perfettamente nei suoi pensieri, non riconosceva come sua. “Sto impazzendo per il troppo dolore?”, aveva pensato. Poi con fatica aveva cercato di calmarsi. Da allora il fenomeno si era ripresentato molte altre volte. Ora si era abituata e le sembrava quasi normale, familiare, vivere nel mondo interiore di un’altra persona.  Sua sorella era lì presente e spesso nei momenti di stanchezza e di difficoltà si presentava con soluzioni sorprendenti, a volte surreali, ironiche, assurde o geniali. Il legame tra loro non era mai stato così forte! Sempre in attesa di nuovi pensieri, di nuovi incontri, quasi fosse diventata dipendente da quelli come da una sostanza. Virgin per lo stress emotivo cominciò, come il tempo irlandese, a registrare forti e improvvisi sbalzi d’umore.

  Il sonno divenne leggero e disturbato per i tanti risvegli, l’appetito scarso e i vestiti cominciarono a ballarle addosso. Dimagriva, ma si sentiva sempre piena di energia. Stava ancora meglio negli attimi di fusione con Eli. Il rendimento a scuola era appena sufficiente, non riusciva a memorizzare e a concentrarsi. Il tempo alle volte si fermava, stagnava come acqua che il ghiaccio prende e trasforma in oggetti e forme strane. La visione delle cose si sfuocava tutto cambiava: come quella volta in cui il paesaggio e le cose diventarono via via grigie e indefinite, le case, gli uomini, le pecore e gli alberi stavano sui prati declinanti o concavi davanti a Virgin e lei all’improvviso aveva la sensazione di dover correre per sfuggire a qualcuno che la inseguiva, sentiva il suo respiro dietro, la foga del male era presente. Eli compariva e scompariva”. Poi di colpo sentì una voce: “Ho la speranza con me, va tutto bene, cerca la verità, segui l’ombra, cerca il coltello, la corda, qualcosa di me.”

Virgin restò tesa e turbata, camminò a lungo per ore sola con se stessa, con i suoi pensieri e il suo fedele cane.

Virgin

   “Ho la speranza con me…segui l’ombra segui l’ombra ma cosa vorrà dire… la mia ombra cupa del sentire… il vento… le corse gli aquiloni colorati, siamo piccole ginocchia sbucciate… le nuvole sono grigie il mio umore anche…forse il cane ma sì è così.”

  Il giorno seguente chiamai Shadow gli feci annusare una maglia di Eli e lui partì deciso verso est, verso campi lontani. Dopo molto si fermò davanti ad una casa in pietra semplice dal tetto di fango e paglia. Mi aspettò come conoscesse il posto, poi entrò da una finestra sul retro. Entrai dopo di lui, il freddo abitava la casa da tempo ed entrava nelle ossa, sentii nel naso la polvere, tutto era in abbandono e nella penombra sotto una sedia rovesciata trovai un fazzoletto con una E ricamata. Il cuore si fermò per un attimo, poi una vertigine…era macchiato di sangue. Non ricordo quasi il ritorno verso casa, la testa confusa come le nuvole d’Irlanda così belle e strane, sempre in movimento, come i miei pensieri che si rincorrono: “coltello casa fazzoletto una barba rossa la corda mani sanguinanti vento freddo… sono in ritardo, forse ho sbagliato strada bussola d’ottone, per fortuna seguo il cane…acqua gelata vento forte comincio a tremare… tutto è buio e grigio, quasi notte Eli e io giochiamo bimbe sulla spiaggia si fa sera… Eli dove sei cosa è successo dove sei finita, parla… dove sei dimmi.”

  In qualche modo ero arrivata a casa, distrutta e stanca, mi scaldai davanti al fuoco, sorseggiai solo del thè nel silenzio della cucina, salutai appena i miei e andai a dormire. Nel buio strinsi forte il fazzoletto di Eli e avvertii ancora il suo profumo di violette e di rose.

  Mi commossi e pensai che commuoversi non è piangere, ma è muoversi insieme alle cose, avere il medesimo ritmo e lo stesso passo, poi stremata scivolai nel sonno.

  “Sento il vento che sale ulula e sibila tra le vele, gusto e odore di salmastro in bocca mi sento spinta e sballottata come una pezza, lampi squarciano il cielo che da nero diventa bianco per un attimo, i capelli sugli occhi, le mani serrate a una corda legata stretta ad un legno, nel buio brilla la lama di un coltello.”

 Ero sempre più convinta che Eli fosse stata prima legata e poi uccisa con un coltello.

Moher

 “Questo mercoledì di fine marzo sono alla nostra spiaggia di Moher, ti ricordi Eli, quella piccola vicino alle grotte? Seduta su uno scoglio, la mente vaga, davanti c’è tanta sabbia fina e tanto oceano. Con un bastone traccio segni senza senso, sino a quando una parola si forma: James, poi hope (speranza), poi freedom (libertà) e compaiono una serie di parole come una sorta di scrittura automatica e inconscia: England (Inghilterra), love (amore), sail boat (barca a vela), trip (viaggio), knife (coltello).”

  Per tutta la strada del ritorno, le parole appaiono alla memoria e scompaiono mi perseguitano e ritornano. Mi blocco, anche se vorrei fuggire, ma non so dove, i nervi sempre più tesi, la mente vacilla, si perde in spirali e precipizi, delira poi ritorna per poco presente a se stessa, a sprazzi cerco l’equilibrio; poi vedo Eli che mi tende le braccia e svengo. Il cane mi lecca e mi dà calore mi rialzo stordita, il sole è sceso di molto. Sono sempre in ansia e come una foglia spinta dal vento corro, corro verso casa, mi sento una pazza, la ragione persa e presa dalle fate, scarmigliata, fragile e spaventata da mille paure. Entro, mi butto sul letto. Vorrei solo dormire, vorrei smettere di pensare, almeno per un po’, trovare calma e pace.

  Per alcuni giorni il tempo rimane brutto; dalla mia camera sento le burrasche di primavera, il ruggito delle onde.  Mi sento quasi malata, debole, tutto mi agita e i pensieri non mi lasciano, tutto è difficile. Il pane e il latte della colazione non hanno più gusto e iniziare la giornata è così pesante, neanche la marmellata di more mi dà piacere, mangio perché devo. Poi il sole mi richiama fuori di casa ma esco a fatica, con sospetto e ansia, come un automa prendo il sentiero verso il promontorio; il dolore è costante, lacerante, vorrei dormire sempre per non sentirlo, oppure…

  Così mi reco verso il promontorio in uno stato quasi di trance, mi avvicino al bordo, i piedi sempre più avanti passo dopo passo verso il bordo, verso il baratro; l’abisso mi tenta, mi chiama a sé, sento la vertigine e la voglia del salto di duecento metri, quanta tentazione, smettere di soffrire, che sollievo sarebbe. Poi sento franare il terriccio sotto i piedi e le mani di Eli mi trattengono, non ho tutto questo coraggio…

   Allora arretro e scendo in basso, al sicuro, verso la spiaggia alla ricerca di pace e conforto.

  La mareggiata ha portato un relitto di barca, sul legno già marcio poche lettere Fr…, sul fondo una cassa legata, dentro un coltello con le iniziali J. H., una bussola dorata e la tua camicetta bianca ricamata con i pizzi. Appena l’ho presa ho sentito il tuo odore, la tua presenza e poi forte la tua voce:” Smetti di tormentarti Virgin, ora ti racconterò di me; ho conosciuto James Hope e mi sono innamorata. Ho cercato di parlarti, ma temevo di essere trattenuta e temevo di non riuscire a partire, di non avere la forza per staccarmi da tutti voi. Lui è un soldato inglese e tu sai bene quanto siano odiati dalla gente di qui. Ha provato a fare il contadino in una vecchia casa, ma non era la sua vita, non era felice.

  Abbiamo deciso di raggiungere l’Inghilterra per avere una nuova possibilità. Siamo partiti all’alba con la sua barca a vela Freedom, ma il vento e il mare sono stati impietosi.

Le onde diventavano sempre più alte, lui mi ha legata all’albero maestro perché non fossi portata via, avevo freddo ma non paura perché ero con lui, un uomo bello e gentile dalla barba rossa. Ero felice anche in quel momento drammatico e anzi sapevo che volevo proprio lui, forse grazie a quel momento così definitivo.

   Per un po’ il mare si è calmato e abbiamo sperato. Poi tutto è ripreso, l’oceano non perdona. Ora sai tutto, smetti di tormentarti per me, ti abbraccio forte. Rassicura i nostri genitori sulla mia sorte; sono morta ma per amore e con il mio amore e non mi pento di nulla. Direi che sono felice, cerca di esserlo anche tu.”

Epilogo

 L’incontro con Elisabeth e il suo racconto hanno curato l’animo di Virgin; il suo distruggersi e consumarsi per trovare e conoscere la verità è giunto al termine. Ora tutto è finito, è salva. Tutte le domande hanno trovato con fatica la loro risposta.

Finalmente il silenzio; la mente non più prigioniera di pensieri, parole, visioni e deliri.     Ora c’è spazio per lei. E’ come quando il cielo d’Irlanda, da coperto e grigio, si apre di colpo e arriva il vento e la luce e il cielo cambia mille volte in un minuto e le ultime goccioline di pioggia danzano abbracciate a fili d’oro; tutto brilla e luccica di riflessi colorati e rende ogni cosa bella e nuova.   Dopo aver corso e camminato senza sosta per un anno sui tredici chilometri di scogliera, ora può rallentare e camminare con calma sul promontorio. Avvolta nella mantella scura, come una figura drammatica shakespeariana incappucciata, ora respira tranquilla, guarda verso l’immenso oceano mare. Lascia andare la mente e lo sguardo liberi sul blu argento di quel paesaggio liquido; verso il mondo che finalmente ritrova, rivede. Sente di nuovo il piacere di quella dolente bellezza davanti a sé: il bianco e il rosso del faro sulla punta.

  “Le colline in lontananza sono sempre verdi” dice un antico detto gaelico e sembra proprio sia così anche per lei che oggi riscopre i colori. Sente il calore del sole sul viso, il salato sulle labbra, il cielo è ancora più bello, le nuvole si aprono.

“Cara Eli sia la tua anima alla destra di Dio e possa tenerti nel palmo della sua mano.”

 Il grigio della bruma si alza lenta dal mare e scompare, il tremore è passato e ora Virgin può tornare a sorridere.

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2 commenti »

  1. Avvincente e fiabesco.
    Ti fa sognare l’ Irlanda e ti fa desiderare di andarci.

  2. Grazie Rossella molto contento di aver suscitato interesse per il viaggio.
    Anche nella fantasia.

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