Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2022 “Andrea” di Federica Codebo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Andrea preme delicatamente il tabacco dentro la pipa, poi l’accende, riassesta il tabacco che si è sollevato, riaccende di nuovo e poi fuma la prima boccata, corta, lenta. L’assapora, lasciando che il fumo per un po’ le rimanga dentro la bocca per poi soffiarlo via, piano. Ha iniziato a fumare la pipa per gioco, quando da adolescente ha cominciato a fare cose “da maschio”, visto che il nome da maschio ce l’aveva. È quello della sua bisnonna ungherese, che però in quella terra viene dato alle bambine.

Fissa il PC che troneggia sulla piccola scrivania in camera sua; l’ha scelta apposta così piccola per fare spazio nella stanza al suo tavolo da disegno enorme, tutto di legno di quercia. Gliel’hanno regalato i suoi quando, qualche anno prima, ha vinto un premio con un suo disegno.

«Andreà, chérie”, sente la voce del padre, Mathieu, che la chiama entrando in casa, “c’est pour toi. C’est la lettre de l’école».

Andrea posa la pipa sul posacenere, esce dalla camera e va da lui mentre li raggiunge anche Laura, sua madre. La ragazza strappa dalle mani del padre la lettera e la tiene fra le sue, rigirandola.

«Che fai? Non l’apri?», le dice Laura, che le si è fermata accanto.

«Allez, ouvrez!», la incalza dolcemente Mathieu.

«C’est pour moi. Per me!», risponde sbuffando Andrea, e va in camera sua.

Chiude la porta dietro di sé e si siede su un lato del letto fissando la busta, mentre inanella col dito il boccolo che le cade sempre davanti agli occhi.

Poi apre la lettera, dispiega il foglio, legge velocemente e si ferma su una parola: «ammessa».

Ammessa alla scuola di Animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia, a Torino.

«Torino», pensa Andrea, «se resto qui, a fare avanti e indietro dalla scuola tutti i giorni ci metto almeno quattro ore! Non posso rimanere a Milano».

Andrea si getta sconsolata sul letto mentre i suoi occhi si posano su ogni angolo della camera. Tutto è perfetto lì dentro: tutti gli oggetti hanno una collocazione precisa che è sempre quella; nella libreria i libri sono in ordine alfabetico; nell’armadio i vestiti e le maglie sono raggruppati per colore. «Ce ne ho messo di tempo, ma ora tutto ha il suo posto qui», pensa, «soprattutto io. Dovrei ricominciare da capo, cercarmi una casa, qualcuno con cui condividerla, trovare il giusto posto alle mie cose.

E comunque perderei tutti, di nuovo».

Andrea si gira su un fianco, allunga la mano verso il comodino, apre il cassetto, tira fuori un mozzicone di candela, lo annusa e il suo profumo leggero di vaniglia le ricorda subito l’odore della pelle di Michele. Lei e Michele si erano conosciuti a scuola, quando Andrea viveva a Roma. Erano compagni di classe, non avevano stretto amicizia ma ad Andrea Michele piaceva molto. Gli piaceva la sua aria sicura e tranquilla, i suoi occhi scuri e il modo in cui gli si allargava la bocca quando sorrideva. Ma soprattutto gli piaceva che profumasse di vaniglia. Un pomeriggio avevano preparato una ricerca e da lì avevano continuato a studiare insieme per tutto l’anno. Dopo c’era stato il liceo da scegliere, l’artistico per tutti e due; poi c’erano state le feste, i balli lenti e la prima volta che si erano ritrovati stretti, con Andrea che inclinava la testa per avvicinare il naso al collo di Michele per respirare l’odore dolce che aveva. Erano stati gli anni più belli per lei, quei primi due del liceo, quando erano diventati inseparabili.

Poi tutto era bruscamente finito: il padre di Andrea aveva ottenuto una cattedra per insegnare a un liceo francese a Milano e tutti loro avevano dovuto lasciare Roma. L’ultima sera insieme i due ragazzi l’avevano passata ascoltando musica per ore mentre una candela profumata bruciava. Andrea aveva lasciato la casa di Michele a notte fonda, portandosi via un bacio e quel mozzicone che ancora conservava nel cassetto.

«Qui a Milano c’è stato il tempo della solitudine», pensa Andrea, «ma ora c’è Marco e tutti gli amici del gruppo. Ma se vado via?».

Andrea si alza dal letto, posa la candela sul comodino, va al tavolo di quercia e comincia a disegnare.

Sul foglio bianco tratteggia una donna di mezza età che sta in piedi su un piccolo palcoscenico, sola, illuminata da un fascio di luce. La donna sta recitando qualcosa rivolta verso il suo pubblico seduto ai tavolini di un locale piccolo; i lumini appoggiati ai tavoli schiariscono la penombra che avvolge la sala.

E Andrea comincia a immaginare, come spesso le accade quando disegna.

E questa volta immagina la donna che scende dal palco, viene verso di lei, la prende per mano, la fa entrare nel locale e la fa sedere con lei sul bordo del proscenio, con il viso rivolto verso la platea.

«Signore e Signori», dice la donna rivolgendosi al pubblico, «lei è Andrea. E oggi è in un giorno in cui sente la mancanza di tutto, anche se è così giovane che questo tutto in realtà ancora le appartiene.

Per esempio, oggi sente molto la mancanza di te, Michele», continua guardando un ragazzo seduto in un tavolino laterale, «della tua pelle che sa di vaniglia e del tempo che avete passato insieme, che ora non avete più. Ma ha anche tanta paura di perdere… Aspetta, dove sei?», fa la donna socchiudendo gli occhi per scrutare meglio fra gli spettatori. «Ah, eccoti lì», dice.

«Ecco, ha anche paura di perdere te, Marco, e tutti voi che siete qui. Ed è per questo che è seduta immobile, con le gambe a penzoloni a guardarvi mentre tiene stretta in mano quella lettera e non sa che fare.

Un modo ci sarebbe, Andrea, per porre rimedio ai tuoi timori», fa la donna guardandola, «potresti definire qui, ora, con tutti loro, il luogo dove rincontrarvi nel caso in cui vi perdeste di vista. Potrebbe essere, che ne so, Parco Sempione! Tu sei sulla cima della Torre Branca e guardi attentamente con un piccolo binocolo tutto intorno, cercando di scorgere chi di loro sarà il primo ad arrivare.

Ecco, potresti stabilire anche la data: il 21 marzo del 2054, dico un giorno a caso, chi hai perso per strada può ritrovarti lì.

Può riabbracciarti lì.

Oppure potresti semplicemente provare a vivere la tua vita cercando di non perdere nessuno, se è questo quello che vuoi veramente, senza perdere te, assecondando le tue paure».

Un raggio di sole entra dalla finestra di Andrea e si ferma sui suoi occhi, il bagliore improvviso la scuote, lei si accorge di tutti quei fogli da disegno sparsi sul pavimento della sua stanza e li raccoglie. Le capita sempre così: quando è presa da quello che immagina senza accorgersene riempie fogli e fogli di disegni.

Ripone tutto sul tavolo e prende il telefono.

«Ti aspetto alla Torre Branca», scrive a Marco, ed esce dalla sua stanza.

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4 commenti »

  1. Complimenti Federica Codebo, bel racconto. Hai messo Andrea di fronte ad una scelta difficile, l’hai fatta navigare nella nebbia ma le hai dato un faro, la Torre Branca. Andrea è cresciuta in poco più di 8000 battute.

  2. Grazie mille Marco Ruggiero, sono contenta che ti sia piaciuto.

  3. Un finale che è un inizio rassicurante e liberante per i tanti adolescenti spaventati ed angosciati dal futuro. Mi fa’ tirare un po’ il fiato, in questo momento in cui sto accompagnando i miei giovani figli verso le scelte delle loro vite…

  4. Grazie Rossella per il tuo bel commento, mi fa piacere che tu abbia ritrovato qualcosa di te nel racconto.

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