Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2018 “La Dea Fortuna” di Antonella Manca

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Ho visto mia sorella andare via a testa alta, scortata da nostro padre che la teneva per un braccio stringendolo sul gomito. La mamma piangeva nella stanza accanto. L’hanno portata via una domenica. Di pomeriggio. Avevamo mangiato i pasticcini e bevuto il caffè. Non c’era il sole ma nuvole calde, aria muta di scirocco. Mia sorella è sempre stata ribelle come una giovane puledra, fiera e indomabile.

Me l’hanno fatta salutare in fretta, senza troppe smancerie. Fissavo la collanina d’oro che aveva al collo, con il ciondolo della Dea Fortuna. Vedo ancora quel ciondolo quando ripenso a lei, si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro affannato.

A quei tempi non ci si poteva permettere di lasciar crescere un ventre dentro le mura di casa senza una fede al dito. Non a Palermo, non nella nostra famiglia. Il disonore avrebbe annientato tutte noi, le sue sorelle. Lei ormai era perduta ma noi no. La portarono in un convento delle Orsoline al nord, vicino a un lago. Partirono col vaporetto della sera. Avevamo il divieto di sentirla, di nominarla, di chiedere di lei. Tanto meno della creatura che portava in grembo.

 

Passarono i mesi. Io cominciai a dimenticare il suo volto, se non fosse stato per quella fotografia sul pianoforte che la ritraeva austera e che, chissà perché, era sfuggita alla censura. Le mie sorelle più piccole non la nominavano più nemmeno quando eravamo tra di noi, senza orecchie indiscrete. A me sembrava di sentire la sua voce ogni tanto, correvo fuori all’inizio, nella speranza di vederla arrivare. Poi smisi, capii che era uno scherzo del cuore.

 

Una sera nostra madre tornò a casa pallida e si rinchiuse in camera. A cena non si presentò. Nostro padre non disse una parola. Seppi così che il bambino doveva essere nato.

Quella notte sognai un gattino, miagolava e si reggeva a stento sulle gambette magre. Fu solo il primo di una lunga serie di sogni sempre uguali, sempre lo stesso gattino, quasi ogni sera.

 

Nessuna di noi fece domande, nessuno vide mai il bambino. Lo immaginavamo soltanto. Io sognavo di trovarlo un giorno in qualche parte del mondo, come in certi romanzi, e di poterlo riprendere e andare a liberare mia sorella. Ripensavo la scena mille volte, immaginando di tenerlo in braccio e coccolarlo e porgerlo a lei.

 

Poi un giorno smisi di sognare. Era primavera, una giornata luminosa e tiepida, tornavo dal mercato e sentii dei miagolii provenire da un cortile. Senza riflettere mi affacciai per guardare all’interno. Vidi un uomo che teneva tra le mani dei gattini minuscoli, forse tre o quattro. Vidi le sue braccia abbassarsi e immergere piano i gattini dentro un secchio ricolmo di acqua. I miagolii smisero subito. Non ci fu resistenza, nessuna fatica. L’ho saputo così. Davanti agli occhi della mente mi apparvero il lago, il convento, il volto di mia sorella dietro i vetri di una finestra.

Corsi a casa senza fermarmi, mi buttai sul letto. Era pianto o vomito, non lo so più.

Nella mente tornò il pallore di mia madre quella sera. Il suo dolore. Il silenzio.

Il silenzio era tutto ciò che ci restava di quella breve esistenza. Nessuna parola a narrarne il destino. Neanche una.

Sono passati anni. Ora quelle parole mai dette sono parte della nostra famiglia. Si svegliano con noi, pranzano con noi, abitano i nostri sogni, si sono fatte spazio nei nostri corpi, sono le storie della buonanotte per i nostri nipotini.

Mia sorella è morta in un pomeriggio d’autunno. Questo ce lo hanno detto. Solo questo.

Qualcuno ci ha riportato a casa la sua collanina d’oro con il ciondolo della Dea Fortuna. Io l’ho presa di nascosto e l’ho seppellita sotto l’olmo del giardino. Non l’ho detto a nessuno. Mia madre la cerca ancora.

 

 

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8 commenti »

  1. hai scritto una cosa molto forte e toccante. brava!
    è bello come accenni al destino di tua sorella con l’immagine dei gatti. lavorerei un po’ sull’incipit, in particolare il paragone con la puledra che forse è troppo scontato!

  2. Un bel racconto, la rabbia e il senso d’ingiustizia arrivano molto bene e senza cliché. Sono d’accordo però con il commento precedente, toglierei l’intera frase della puledra – e forse anche il vomito, avrei preferito lasciarlo l’intuizione, così perde di forza. Per il resto le immagini sono molto belle, soprattutto il secchio e il lago

  3. Mi è piaciuto questo tuo racconto Antonella, il tuo modo di scrivere asciutto e quelle parole mai dette che svegliano pranzano abitano i sogni, quelle parole non scritte ma che nell’immaginario del lettore trovano spazio nel corpo. Brava

  4. Bello il tuo racconto, mi piacciono le immagini che hai usato e in particolare il valore simbolico che hai dato ai gatti e alla collana. Complimenti.

  5. Grazie Elisa e Gianluca per il vostro commento, sono contenta che vi sia piaciuto e vi ringrazio per i consigli.

  6. Ciao Anna Rosa, mi fa piacere che il racconto ti sia arrivato, grazie del tuo commento!

  7. Grazie Claudia, sono contenta che apprezzi la mia storia, bello esserci ritrovate qui!

  8. Mi è piacituo molto!grazie!

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