Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2018 “La crisi” di Chiara Rocco

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

E’ così, caro il mio fedele Gilberto, da quando c’è questa maledetta crisi, a dispetto di una modesta abitudine insegnatami da quella pia di mia madre, sono costretta a comunicarle che, per cercare di manifestare un po’ di solidarietà verso le mogli degli operai di mio marito in cassa integrazione, anche se qui parliamo di donne meschine e maleodoranti, dovremo ridurre gli appuntamenti dal parrucchiere da cinque a quattro settimanali. Sia ben chiaro che lo faccio solo per salvaguardare la reputazione del consorte e sia ben chiaro che io sono contraria a questa tipologia di carità.

Contessa, io la capisco e la ammiro per questo atto di coraggio e, per quanto riguarda la sua radiosità, sappia che un giorno in meno da Fefè le coiffeur, non intaccherà la sua magnificenza.

Gilberto, pur essendo un servo tuttofare, devo confessarle che solo lei mi capisce qui dentro.

Sappia che l’altro giorno un gruppo di sudici straccioni ha fatto irruzione nella mia tenuta in Provenza liberando le nostre duecento oche da patè, che se ne stavano lì, teneramente , tutte insieme come solo delle grandi amiche possono fare, nel capannone destinato esclusivamente a loro per farsi quattro chiacchere in compagnia e gozzovigliare alle mie spalle.

Capisce la nostra generosità Gilberto, la comprende? Certo, com’è normale, abbiamo dovuto inchiodare loro le zampe al terreno e infilargli nella gola un tubo per alimentarle tutto il giorno se no il fegato non si ingrossa a dovere. Cosa vuole, Gilberto fedele, per loro è solo un piccolo sacrificio rispetto a quello che faccio io per loro, giusto? E ora invece, me lo dica lei, che cosa servirò come aperitivo ai miei ospiti tutti i sabato sera?

Oh Contessa, mi legge nel pensiero, stavo proprio pensando la stessa cosa. Dopo trent’anni di onorato servizio alle sue dipendenze, le sue sofferenze sono le mie.

Se non avessi lei, devoto Gilberto, che non mi chiede mai nulla di più del tozzo di pane che le porgo quotidianamente, come potrei affrontare l’ignorante pretesa dei braccianti della nostra azienda agricola in Sud America di non lavorare, come dicono loro, almeno la domenica pomeriggio. Come possono essere così stolti da non capire che per loro deve essere un privilegio ed un onore lavorare per la nostra famiglia.  Che non ha prezzo morire per noi e che quindi non si permettano di giudicarci solo perchè seguiamo regole di gestione del personale, dei trattamenti economici, degli alloggi, che neanche i paesi del quarto mondo seguono. Ma lo facciamo perchè siamo degli anticonformisti e loro, asini come i loro antenati, non lo capiscono.

Che esseri ignobili e venali contessa, ma cerchi nella sua magnanimità riconosciuta da tutti, di perdonarli “perchè non sanno quello che fanno”. Io per lei contessa, io se solo lei facesse un cenno, anche distrattamente, rinuncierei a tutto e mi metterei ai suoi servigi rinunciando alla rimunerazione, ma solo per il vanto di poterla servire.

Gilberto mi commuove, se fossi una donnaccia, una nobile senza cuore, una misera e insensibile padrona rigetterei senza batter ciglio le sue richieste, ma essendo una persona caritatevole e altruista accetto la sua richiesta come se fosse l’ultima in punto di morte. Ora vada Gilberto però che deve pulire la macchina, lucidare  l’argenteria, battere gli arazzi e la prego, prima di uscire dalla stanza, di aprire le finestre per  cambiare aria, che sono nauseata dal fetore di sudore che sicuramente non è il mio.

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