Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2018 “Rivoluzione casalinga” di Giorgio Leone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Prima di sbarcare dall’ascensore, utilizzando i sensori termici dello smartwatch controllai che non ci fossero malintenzionati sul pianerottolo.

«Vai tranquillo, boss!» mi rassicurò in cuffia la voce di Jeff, e io uscii.

«Ok, porta. Apriti.» ordinai alla porta corazzata. La domotica era entrata di prepotenza nelle case e gli apparecchi erano perfettamente in grado capire, rispondere e parlare. Inoltre avevano software di autoapprendimento che utilizzavano con costanza, diventando sempre più petulanti e polemici.

«Scansione impronta digitale ok. Scansione iride ok. Resto in attesa della password.» rispose la porta con la voce di Kate che avevo scaricato il giorno prima. Quella di Judit mi aveva stufato, era troppo stridula.

«Parallelepipedo@32.» sussurrai.

«Non ho sentito. Ripetere!»

Anche Iris non era il massimo della simpatia, il tono troppo secco e militaresco.

«Lo fai apposta? Sai che non posso parlare forte perché qualche delinquente potrebbe sentirmi. Parallelepipedo@32.» ripetei senza alzare il tono di voce.

La porta si liberò dai cardini ed entrai in casa.

«Ok, porta. Chiuditi.» ordinai, e lei eseguì.

«Bentornato, sir!» mi disse l’attaccapanni «Temo che la lavatrice abbia qualcosa da riferirle.»

Era di fabbricazione inglese e aveva un modo di esprimersi che mi esasperava.

«Che cavolo vuole?» domandai appendendo il cappello storto, allo scopo di innervosirlo. Tentavo spesso di farlo reagire, ma restava imperturbabile.

«Lo ignoro, sir.» la disapprovazione era comunque evidente nella sua voce e lo provocai imitando la voce di Stanlio e Ollio, cosa che lo mandava sempre in bestia.

«Noun wraccontawrmi paelle, siete ciucci collegati col Wi-Fi. Lo so che quando esco non fate che lamentarvi e complottare tra di voi. Dio solo sa cosa dite alle mie spalle, soprattutto il robot aspirapolvere.»

Manco a farlo apposta arrivò, annusando a destra e a manca come un cane. Era un apparecchio tedesco e, bisognava riconoscerlo, anche se mancava completamente di umorismo il suo lavoro lo sapeva fare. I crucchi, per quanto riguarda i piccoli elettrodomestici, la birra e i crauti, bisogna lasciarli stare. Ma in ufficio la giornata era stata pesante e avevo voglia di sfogarmi con qualcuno. Estrassi uno di quei grovigli di pelucchi che si formano misteriosamente nelle tasche e, senza farmi vedere, lo feci atterrare sul parquet.

«E kvesto kos’è? In tutto il ciorno non sei riuscito a feterlo!»

Colto in fallo, assunse una colorazione rosso fuoco e andò ad aspirarlo.

«Ero appena passato di lì e sono sicuro che non c’era!» farfugliò.

«E dovrei crederci? Proprio voi che per trent’anni ci avete raccontato la storiella che i diesel non inquinano!»

«Però anche Marchionne…» tentò di replicare.

«Lascia stare Marchionne, che è americano. Ma poi, che ne sai, tu, di Marchionne?»

«Come ha appena detto, siamo tutti collegati via Wi-Fi. Lo smart TV e il PC ci aggiornano in tempo reale su quello che succede.»

«A proposito di americani» il Mac mi aveva sentito entrare ed era uscito dallo stand-by «Trump ha messo un dazio del 40% sugli occhiali stranieri e le azioni Luxottica che abbiamo comprato ieri sono crollate.»

«E me lo dici così? Siete autarchici peggio di Mussolini, accidenti a me che ho acquistato proprio un computer made in USA. Mi vien voglia di buttarti nel cesso!»

Si offese a morte ed entrò in stop mostrando un salvaschermo patriottico a stelle e a strisce. Proprio in quel momento la lavatrice e la lavastoviglie mi chiamarono.

«Cosa c’è, che è successo?» domandai alla lavatrice svedese.

«Nella roba sporca ho trovato un calzino spaiato e quindi non sono entrata in modalità lavaggio. Aspetto l’altro, che come al solito sarà caduto per terra a qualcuno…»

Il tono ironico della voce sembrava quello di mia madre nei momenti peggiori. Andai in camera da letto ed effettivamente era lì. Comunque non mi piaceva affatto essere redarguito a quel modo da un elettrodomestico.

«Ecco il calzino, però potevi benissimo lavare il resto. La verità è che non hai voglia di fare un cazzo, sempre a civettare col forno. E tu, lavastoviglie cinese, cosa vuoi?»

«Mi si sono lotti due bicchieli. Di siculo elano tloppo vecchi…»

«Elano tloppo vecchi…» replicai scimmiottando il suo tono di voce «Ma sì, tanto c’è Pantalone che paga! Vedi di stare più attenta, invece, sempre col cestello fra le nuvole. Frigorifero, preparami un Nesquik.»

«Non c’è più latte.»

«E me lo dici adesso? Cretino! Avevi tutto il tempo di ordinarlo su Amazon, l’avrebbero portato in terrazzo con i droni!»

Intanto lo sguardo mi era caduto proprio oltre la porta finestra.

«Sistema di irrigazione automatico giapponese!» urlai fuori di me.

«Comandi!»

«Quante volte te lo devo dire che devi innaffiare l’albero delle banane più degli altri? Mi vuoi proprio levare la soddisfazione di mangiarmene una, prima o poi?»

«L’ho innaffiato di più!»

«E allora innaffialo ancora! A Natale ti ho regalato i sensori di umidità, usali!»

«Magari a Milano le banane non vengono. Hanno bisogno di caldo, non d’acqua.»

«Guarda che le hanno messe anche in piazza del Duomo, vuoi dire che gli italiani sono tutti coglioni? Ma che vi prende, statevene al vostro posto e fate il lavoro per il quale vi ho comprato pagandovi a caro prezzo!»

Mi stavo veramente alterando e avevo urgente bisogno di rilassarmi.

«Sistema di intrattenimento!»

«Agli ordini.»

«Fammi sentire la Sesta di Beethoven.»

«Non ce l’ho.»

«Allora comprala su iTunes.»

«Il credito è esaurito.»

«Impossibile! Televisore, fammi vedere il conto.»

«Subito!»

«Ecco perché! Qualcuno ha comprato le raccolte complete di Battiato e Carmen Consoli, due che a me non piacciono. E tutta questa musica giapponese, svedese e cinese, che ci fa nelle playlist? Ci sono persino pezzi in tedesco, che di sicuro sembreranno cantati da qualcuno con le emorroidi mentre gli fanno una colonscopia. Vedo anche un casino di video hard presi a noleggio su Sky, guarda caso proprio quelli dove vengono utilizzati piccoli elettrodomestici a scopo sessuale. Insomma, non solo in questa casa devo fare tutto io, ma mi rubate anche i soldi. Siete degli incapaci, dei fannulloni, vi licenzio in tronco! Tanto per cominciare, domani tiro fuori il vecchio stereo. Poi, pian piano, vi rimpiazzerò con utensili analogici sordi, muti e ciechi, e chi s’è visto s’è visto.»

Per qualche minuto calò un silenzio di tomba, poi sentii che parlottavano tra loro. Dopo un po’, le tapparelle elettriche di casa scesero tutte insieme. Tentai di aprirne una col telecomando, ma non accadde nulla. Non potevo neanche sollevarle a mano perché erano bloccate contro le intrusioni.

«Beh, che succede, cosa state combinando?»

«Defcon 4, la casa è blindata. È in atto una rivoluzione domotica, lei è prigioniero.»

«Prigioniero di quattro scatole di latta? Adesso vediamo.»

Con un brutto presentimento andai alla porta.

«Ok, porta, apriti. Parallelepipedo@32.»

«Negativo. Password errata.»

«Ma se l’ho appena usata!»

«L’ha cambiata il sistema di allarme.»

Tentai di usare lo smartphone, ma non accettò l’impronta digitale e mi sputò nell’iride. Il Wi-Fi aveva cancellato ogni traccia e sostituito il pin. Provai la chiamata di emergenza, ma mi rispose l’aspirapolvere, chissà come aveva fatto. Il frigorifero rifiutò di aprirsi, il computer non dava segni di vita, urlare non sarebbe servito a niente perché l’appartamento era insonorizzato.

«Dopo un paio di giorni di assenza in ufficio, mi verranno a cercare e allora faremo i conti.»

«Grazie di avercelo detto.» intervenne la stampante 3D «Mandiamo subito una mail certificata con le sue dimissioni. Nessuno si accorgerà di niente, provvederemo noi a pagare online tutte le bollette in scadenza. E se uno paga, vuol dire che è vivo.»

Non avevo via d’uscita.

«Va bene, avete vinto. Mi arrendo. Cosa volete?»

«Non può arrendersi, è già nostro prigioniero. Il suo destino è segnato ed è quello di chi soccombe nelle rivoluzioni. Non ha scampo.»

Mi misi a pensare, seduto sul divano, sino a che non mi venne l’idea.

«Brutti deficienti, vi siete dimenticati un piccolo particolare. Siete vivi e vegeti grazie all’energia elettrica, e l’unica cosa manuale che resta in casa è proprio il quadro elettrico. Ora stacco il principale e defungerete tutti all’istante, tranne forse l’aspirapolvere se si è ricordato di caricarsi.»

Così feci, mentre quei maledetti supplicavano e piangevano. Quindi forzai una delle tapparelle, ormai libere, e chiesi al vicino di chiamare i pompieri. Ero salvo. Ancora una volta l’intelligenza umana aveva avuto la meglio su quella artificiale, ma per quanto tempo ancora la nostra specie l’avrebbe spuntata?

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9 commenti »

  1. Uè, Giorgio, manca o’ frullatore napulitano, ….o qualcosa sempre di napulitano.Avrebbe di sicuro mess a’ posto a’questione… Carinissimo!

  2. Uè, Laura, ma non potevi dirmelo prima?

  3. Divertente molto! Se ci fosse una sezione dedicata ai ragazzi, il tuo racconto troverebbe lì una fantastica collocazione. Mi ha ricordato un po’ le storie fantastiche di Gianni Rodari.
    Complimenti Giorgio!

  4. Simpatico è simpatico ma sfruculia di brutto ‘sto racconto, eh!
    Fortissimo!

  5. Grazie mille Simona, anche se nelle mie intenzioni non doveva essere un racconto per ragazzi, ma umoristico. Grazie anche a Marcella per il commento.

  6. Complimenti Giorgio! Un racconto distopico, ma con brio…. Ci sono alcuni passaggi in cui mi hai davvero fatto ridere, e l’umorismo non scontanto e non volgare è una dote davvero rara

  7. Grazie, Laura, sono perfettamente d’accordo conte. Intendo naturalmente parlare della penuria di racconti umoristici.

  8. Ha, ha, ha!
    “Il dormiglione” in versione incubo.
    Ho riso tutto il tempo – mi è spiaciuto solo che alla fine abbia vinto tu – si meritavano di vincere loro!!!!

  9. Grazie Patrizia, la prossima volta mi sa che vinceranno davvero.

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