Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2016 “Quotidiane follie” di Maddalena Frangioni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Milano, tram numero 52
Un rumore graffiante e stridente si allungò sulle rotaie provocando un fastidio insopportabile. Il tram numero 52 si arrestò alla fermata assiepata di gente che attendeva da un po’ il suo arrivo. Appena le porte si aprirono, le persone si gettarono a pesce per salire e prendere un posto. Tutti spingevano in modo diverso, le donne con la borsa, gli uomini anziani col bastone, gli studenti con gli zaini. In pochi minuti fu il caos, mamme con carrozzine cercavano di riparare i bambini da gambe scattanti di giovani che cercavano di saltare sul tram senza badare a nessuno. Svuotato il marciapiede, l’autista chiuse le porte e partì. Ci fu un brusio su tante bocche socchiuse, tutti avevano da dire qualcosa contro qualcuno nel sentirsi stipati come acciughe. Ci vollero diversi minuti prima che la calma tornasse. Fu allora che in un angolo cominciarono a volare, nell’aria ferma e soffocante dell’abitacolo, strane parole. Una signora anziana dai capelli argentati nel rivolgersi alla vicina cominciò la sua arringa. Dando le spalle a un ragazzone dal volto scuro, capelli ricci e occhi impenetrabili, la donna non faceva che commentare con astio la presenza di quelle strane persone, alieni, quasi diavoli per lei, per quella pelle diversa, con cui era costretta a dover dividere il piccolo spazio sul tram. Non era possibile diceva all’amica, una donna grassoccia, che se ne stava abbracciata a un sedile per non cadere, che la città fosse stata invasa da gente tanto strana, che non si sapeva da dove venisse. La donna anziana parlava a ruota libera e più parlava e più prendeva forza, alzando pian piano la voce, come se ciò che diceva fosse importante. Il ragazzo “nero” la sentiva agitarsi per qualche gomitata appuntita che gli arrivava nel fianco, ma stava tranquillo, non capendo tutte quelle parole, sciorinate da quella bocca agitata. Il comizio della donna non accennava a finire anche perché, a ogni fermata, salivano altri ragazzi, molti con quelle facce buie come la notte. La donna si sentì a un certo punto circondata, non sapeva più dove guardare, né con chi scambiare una parola oltre l’amica, che sembrava assorta, gli occhi semichiusi sotto un raggio di sole che penetrava dal finestrino.
Che fare? A chi rivolgersi in caso di bisogno? La donna si sentiva persa, il conducente era troppo lontano dal posto in cui si trovava. Evitava di incrociare lo sguardo di quei ragazzi che le mettevano paura e che sentiva in cuor suo di disprezzare.
Sentiva salire nel suo animo una forte rabbia e, a sostegno delle sue ragioni, pensava alla giustezza di certi discorsi di politici del momento, che sostenevano la cacciata di quegli invasori silenziosi, che minacciavano la vita di tutti di tutti quelli che, come lei, da sempre volevano vivere tranquilli nelle proprie case e non accettavano quegli esseri strani giunti fino alla porta.
La donna contava le fermate, la paura aumentava, e nel sentirsi sola e indifesa, immaginava le cose più strane. Rivedeva nella sua mente scene viste in tv di atroci delitti consumati da quei “figuri” indecifrabili contro donne fragili e anziane come lei, magari per pochi spiccioli. .
Non stava più in sé, voleva scendere. Il tram, nel percorso verso il centro città, continuava a riempirsi. Era difficile aprirsi un varco.
Il sudore freddo invase il suo volto, le mani tremavano, la donna con una voce strozzata chiese a quei ragazzoni scuri di farla passare. Voleva scendere. Il conducente, giunto alla fermata, in mezzo al frastuono di tanta gente, aprì la portiera, ma, non vedendo nessuno, schiacciò il bottone per chiudere le porte. La donna, messa avanti la borsetta e allungata la gamba, fece per scendere, ma rimase incagliata nella morsa della portiera. Un grido di dolore misto a paura bloccò l’autista, che, subito, ristette. Fu allora che un giovane, grande e robusto, con forza aprì la portiera e presa la donna la sollevò, deponendola con gentilezza sul marciapiede antistante. La donna, il viso pallido per la paura, era stordita e confusa. A stento alzò gli occhi per vedere chi fosse il suo salvatore. Incredibile! Due grandi occhi scuri in un viso tanto “nero” la stavano fissando. Si scosse per liberarsi da quelle mani invadenti, voleva fuggire, ma, quando un grande sorriso, improvvisamente, illuminò tutto quel nero facendo apparire dei denti bianchissimi, avvenne il miracolo. Quel lampo di luce spaccò in mille pezzi tutti i pensieri terribili che, fino a quel momento, avevano agitato il suo animo.
Nel notare che il sorriso di quell’alieno aveva qualcosa di umano, riprese fiato, la paura scemò e ritrovò la calma.
“Una follia, una vera e propria follia era stata la sua”, pensò, nell’aggiustarsi la veste e piantare bene a terra i piedi.
La donna strinse a sé la borsetta e, presa da senso di colpa, senza neanche ringraziare il ragazzone sorridente che la salutava, s’incamminò.
Nell’avanzare si rese conto che era stata preda della follia collettiva, che, da tempo, urlata dagli altoparlanti e in TV, non faceva che agitare gli animi delle persone.
Nell’entrare in casa, il ricordo di quel sorriso luminoso le fece ritrovare il buon umore.

Il bambino dal cappello di lana

Il tram 52 lasciata la piazza del centro si svuotò di gente. Tutti erano arrivati al punto desiderato. Ciascuno si scosse per tornare a sentire i suoi muscoli vivi e riprendere fiato. Per il momento s potevano lasciarsi alle spalle tram e fermate, sedili e posti in piedi spintoni e sguardi di fuoco.cc. l tram era semivuoto in fondo sedute soltanto due donne anziane che chiacchieravano animatamente. “Hai sentito?”, diceva una all’amica, “ quella povera donna così giovane uccisa dal marito geloso! Terribile! Terribile!”. “Poveretta, poveretta”, rispondeva l’altra, “non è ammissibile povera donna!”. La conversazione lenta e meravigliata tra espressioni mista a dolore e rabbia procedeva senza scosse come il tram che ora nel tornare verso la periferia avanzava tranquillo. A un certo punto alla fermata vicino alla chiesa del corso principale la portiera si aprì e un passeggino fece la sua comparsa e rapidamente andò a posizionarsi al centro del tram nello spazio apposito .I sedili erano vuoti le due donne dopo un veloce sguardo curioso rivolto a quel passeggino silenzioso continuarono a parlare tra loro. La strada era sgombra. Erano quasi le due del pomeriggio. Il passeggino era così silenzioso che si sarebbe detto fosse vuoto. Tanta compostezza del bambino seduto tranquillo gli occhi bassi incuteva quasi timore. Com’era possibile che un bambino di forse tre anni potesse stare tanto tranquillo. La madre vicino a lui sembrava come assente. In piedi la testa coperta, una grande borsa di plastica nella mano destra, guardava fuori dal finestrino come per stare attenta alla fermata. I passeggeri nel salire e scendere davano una rapida occhiata, sembravano infastiditi da tanta educazione, fin troppa per i tempi in cui tutti cercavanodi farsi sentire a cominciare dal gridare nel telefonino.
Le due donne ciarliere si ammutolirono di fronte alla dolcezza degli occhi scuri di quella testolina nascosta da un pesante cappello di lana azzurra. “Che strano”, disse la più giovane, ”vedere un bambino tanto coperto in questi primi giorni di ottobre con giornate ancora tiepide. Ma si sa questa gente è così strana”. “ Oh hai ragione”, fece la più anziana “ meglio lascarle stare queste donne

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2 commenti »

  1. La prima parte mi è piaciuta molto, mi ha ricordato “La paura” di Giorgio Gaber.
    La seconda un po’ meno, forse non l’ho capita…
    Cmq ti consiglio di rileggere la seconda parte perchè t’è sfuggita qualche lettera quà e là.

  2. Grazie Daniele, effettivamente la seconda parte è molto imperfetta per il fatto molto semplice che non ci doveva essere, come dire mi è sfuggita di mano quando ancora non l’avevo ben definita, il mio racconto quindi si ferma prima. E’ dall’osservazione di ciò che accade intorno che traggo il maggior stimolo a raccontare. Grazie ancora.

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