Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2014 “Compagno di scuola” di Carlo Fiorentino

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Non lo riconobbi subito. Poi scoprii qualcosa negli occhi, nel naso un po’ adunco, forse nel solito pizzetto anche se imbiancato e nei capelli lunghi che lo facevano assomigliare ad un D’Artagnan invecchiato.
Il particolare però, che non mi lasciò dubbi nonostante il suo aspetto, fu quella lunga sciarpa rossa che ancora, dopo tutto questo tempo, indossava. Stentai a ritrovarlo in quel tipo curvo, con una nevicata di forfora sulle spalle, accartocciato in un vecchio cappotto di loden blu, che trascinava a stento una Graziella da donna arrugginita carica di borse del supermercato. Eppure adesso che lo avevo osservato con più attenzione potevo affermare, senza esitazioni, che quell’ometto semi-zombie era il Dati.
Un tempo, che adesso sembrava appartenere ad un altro universo, eravamo compagni di scuola, all’Istituto Tecnico Commerciale “Papini”. Stavamo all’ultimo banco, quello vicino alla finestra. Durante le lezioni parlavamo delle “ideologie”, di calcio e delle ragazze che ci piacevano. Spesso guardavamo fuori osservando la vita che scorreva lenta, annoiati dai professori e da tutto ciò che proveniva dal mondo degli adulti. Ostentavamo una superiorità sdegnosa, quella di chi conosce la verità assoluta, che gli altri, meschini, non riuscivano a comprendere.
Il Dati poi era molto carismatico in quel periodo. Era una specie di capo dei Giovani Virgiliani. Parlava sempre alle assemblee e tutti lo ascoltavano con grande attenzione, ed era bravo con le parole. Creava intorno a sé un alone di credibilità che faceva sentire vere e realizzabili le cose che diceva.
All’uscita di scuola, quasi ogni giorno, tornando a casa in bicicletta, cantavamo. Uno dei nostri pezzi forti era “Compagno di scuola” di Antonello Venditti. Il finale, quando la canzone dice:

Compagno di scuola, compagno di niente,
ti sei salvato dal fumo delle barricate?
Compagno di scuola, compagno per niente,
ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?

lo gridavamo a squarciagola, eravamo sicuri di essere diversi, convinti che non ci saremmo mai fatti risucchiare dal “sistema”. Ci sentivamo una avanguardia di un mondo nuovo, migliore, più giusto.
Poi dopo l’esame di stato ci perdemmo di vista. La città divenne troppo grande per i nostri sogni e la vita reale ci prese nel suo vortice senza fine.
Ma adesso il Dati era lì, davanti a me. Si era materializzato in quell’ometto fiacco e curvo che si avvicinava.
Pensai di fermarlo e dirgli: “ Ciao, ti ricordi dei bei tempi della scuola, quando eri il capo dei Giovani Virgiliani e infiammavi le assemblee generali alla camera del lavoro con i tuoi discorsi sulla forza nuova dei giovani, che dovevano spazzare via la vecchia classe dirigente democristiana controllata dalle multinazionali e dare a noi un futuro in cui credere?”.
Ma non eravamo più gli stessi. Il tempo, la vita, trent’anni della nostra vita, la sua e la mia, ci avevano cambiato, cresciuto, ucciso e risorto, trasformandoci in persone diverse da quelle che eravamo un tempo.
Mi ricordai che una volta avevo sentito Piero Angela affermare che tutti gli elementi fisici che compongo il nostro corpo, l’acqua, i metalli, i minerali, gli ioni eccetera, vengono completamente rinnovati ogni dieci anni; quindi noi avevamo per già ben tre volte sostituito e rigenerato del tutto i nostri componenti. Eravamo persone diverse. Altri rispetto al passato.
Cosa rimaneva allora adesso di quel Dati, di quegli ideali, delle bandiere rosse, della “lotta di classe”, della Festa dell’Unità ad agosto, delle risate delle ragazzine del Magistrale che incontravamo ai cortei, della “Rivoluzione”, degli extraparlamentari, dei gol di testa in tuffo di Bettega, dei “compagni”, delle battaglie di Cassyus Clay, della “guerra fredda”, gli assolo di chitarra di Mark Knopfler, dei film di Fantozzi al cinema, della DC, del Cavalluccio-dance la domenica pomeriggio, del Soviet Supremo, la pizza di Athos alle cinque, le parate di Zoff e di quella ragazzina carina che mi illustrava con fervore il modello di vita sovietico come il migliore al mondo, che poi è diventata mia moglie e mi ha lasciato dopo la caduta del muro di Berlino?
Forse la sensazione di aver creduto in un sogno, divenuto una favola, e poi tramutato in un incubo, che in seguito si è perduto lentamente, ma con alcuni momenti di forte consapevolezza, rendendo progressivamente più malinconiche le nostre anime di sognatori.
Pensai alla tristezza di una serata che avevo trascorso qualche tempo prima ad una Festa di Liberazione. Qualcuno mi aveva detto che si mangiava bene e così andai con alcuni amici.
Avevo provato una stretta al cuore sentendo in sottofondo il mitico “ghitaron” degli Inti-Illimani e leggendo alcuni slogan scritti su lenzuola sdrucite con la vernice spray che suonavano lontani, tipo “Hasta la victoria, siempre!”, oppure “Potere operaio”.
Arrivammo alle cucine da cui proveniva una buon odore di pesce. Dai tubi di ferro che sostenevano il tetto pendeva uno striscione, con su scritto: “gastronomia operaia, cannibalizzazione, coltello, forchetta, mangiamoci il padrone!”.
Poco dopo, mentre gustavo una ottima zuppa di pesce, li vidi. Fu allora che sentii arrivare con sgomento la malinconia, come un’ondata interiore. Non lontano da me alcuni vecchi “rivoluzionari” ormai ultra cinquantenni, con i capelli bianchi ed ingialliti, barcollavano stancamente tra i tavoli di legno. Sembravano relitti che ondeggiavano tra i flutti di un mare tempestoso. Erano gli ultimi superstiti di un’epoca? Oppure si erano ridotti così solo perché erano rimasti fedeli ai loro sogni?
Io i sogni li avevo abbandonati già da molto tempo, e mi sentii in colpa. Chi aveva avuto ragione, io o loro?
Pensai di chiedere questo al Dati.
Ma c’era un articolo che mi aveva colpito sul giornale di quel giorno che tenevo nella tasca del cappotto. Lo tirai fuori e lo lessi di nuovo:

Scoperta mega truffa da parte di un noto commercialista
Truffa milionaria scoperta nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza, attuata da un noto commercialista della zona. Alberico Dati, questo è il suo nome, invece di versare i soldi che gli venivano consegnati dai suoi clienti per le imposte e i contributi pensionistici allo stato, li depositava su un conto bancario svizzero, dove gli inquirenti hanno recuperato liquidi per un valore di oltre un milione di Euro.
La truffa è stata perpetrata a scapito di lavoratori, operai, artigiani e casalinghe di cui il Dati aveva ottenuto fiducia ed è stata scoperta dopo un lungo periodo di indagini. Il commercialista è stato tenuto sotto controllo dagli inquirenti fino al giorno in cui è stato preso con le mani nel sacco. I finanzieri lo hanno fermato mentre rincasava con oltre duecentomila euro in una valigetta. I soldi sarebbero stati successivamente girati su un conto svizzero intestato ad una società che poi si è rivelata soltanto una copertura.

Tentai di chiudere il giornale, ma uno zeffiro di vento me lo impedì. Riuscii soltanto ad accartocciarlo e gettarlo via, in un cestino dei rifiuti che era lì vicino.
Il Dati mi passò accanto, spingendo la bicicletta trafelato ed affaticato. Per un istante i nostri sguardi si incrociarono e per un attimo appena percepibile l’espressione del suo volto cambiò, le rughe si rilassarono ed i suoi occhi guardarono lontano.
Poi, come dominato da una forza invisibile, passò oltre e continuò a trascinare la bicicletta verso casa. Stanco e curvo, come i suoi sogni di ragazzo.

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1 commento »

  1. Carlo, il tuo racconto è lo sguardo su un periodo della nostra vita, quello di studente “delle superiori” nel periodo del Sessantotto. Io ho vissuto le due anime da studente lavoratore. Quante aspettative e quante disillusioni hai ridestato in me, molto dobbiamo salvare di quel periodo. Io boccerei coloro che da “antagonisti del sistema” sono diventati dirigenti delle imprese e delle multinazionali senza cambiare nulla. I furbi e i disonesti sono sempre numerosi in ogni epoca.
    Emanuele.

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