Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2014 “Il mondo che conosco” di Agnese Poci

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

“Non ce la posso fare, non ce la posso fare.” Penso solo a questo quando riesco a salire sulla Metro B per la prima volta. Un fiume di gente sale e scende alle fermate, oblitera il ticket, sa esattamente dove andare, come muoversi in quel labirinto di corridoi tutti uguali, grigi e umidi. Il sollievo in quel marasma arriva solo sulla scala mobile. Attimi di riflessione per capire dove andare, seguendo la cartina da turista che ho acquistato. Il primo giorno della mia nuova vita a Roma sta per iniziare.
Svolto nel corridoio che mi porta al binario in direzione Laurentina. Dalla stazione Termini attenderò solo una fermata prima di scendere al Colosseo.
La banchina è affollatissima, ansia. All’improvviso mi sento fuori posto.
Checifaccioquichecifaccioqui.
“Treno in arrivo, allontanarsi dalla linea gialla” tuona una voce dagli altoparlanti. Controllo per terra la striscia gialla. Sono lontana abbastanza? Sì? O No? Indietreggio. Arriva il treno. Le porte si aprono. Si salvi chi può! Mi sono allontanata troppo. Le formiche impazzite della metro mi spingono verso l’uscita. Con uno scatto insperato, riesco a farmi spazio tra la gente. Urto corpi, schiaccio piedi, pesto calli col trolley. Scusate, ma devo salire!

Riesco ad aggrapparmi ad un palo. Mi ritaglio uno spazio vicino ad una donna. Dall’accento e dai colori, sembra russa. Scelta più infelice non potevo compiere! La donna parla, parla, parla ad alta voce con un’altra signora accanto a lei. Siete vicine, perché gridi? D’altro canto, l’uomo accanto a me è taciturno. Deve essere uno di quelli che crede nel linguaggio del corpo. Peccato che sia il suo odore ad esprimersi al posto suo. Cerco di capire come fare a non morire soffocata da quei profumi d’Oriente, in cui è la curcuma la spezia più persistente che emerge dal bouquet della sua pelle, che mi inebria e stordisce. Sarà l’atmosfera dei primi caldi romani, saranno gli odori contrastanti, ma comincio a viaggiare con la fantasia. Guardo il mondo con occhi diversi
Volgo lo sguardo sulla sinistra. Non avevo notato che, proprio lì dove son aggrappata io, c’è un ragazzo mozzafiato. Alto, bruno, occhi blu, cuffiettine per isolarsi dal mondo. Un sorriso che stende! Me lo immagino seduto alla scrivania di un immenso ufficio nei piani alti di un grattacielo, a trattare di fusioni e acquisizioni di piccole e medie imprese. Cerco di restare bloccata sul suo viso, per osservarne le microespressioni. Purtroppo, non ci riesco e la mia fantasia deve piegarsi alla dura realtà. L’occhio mi cade sul suo torace: ha la pelle sudaticcia e la camicia sbottonata sulla pancia appiccicata alla pelle crea strane macchie sul tessuto. Tanti nei azzurri che continua a toccarsi con la mano destra. Ad un certo punto, gli viene una fantastica idea. Deve aver pensato che asciugarsi la pelle coperta dal tessuto fosse il rimedio per eliminare quelle chiazzette disomogenee. Peccato che per farlo si ficchi una mano sotto la camicia. La trascina lungo tutto il petto per poi riacciuffare il palo. Angela non muovere la mano! Non permetterti a staccare la mano dal palo!
Cavour.
Le porte si aprono, gente scende, gente sale. Lui rimane lì, accanto a me. Benvenuta a Roma!
Per fortuna, scendo alla prossima. Pochi istanti e sarò libera! Spero che la metro si fermi subito, ma le mie aspettative vengono deluse da un brusco stop. Non così presto, però! Il treno inchioda all’improvviso. Stridono i freni sulle rotaie e qualche sbadato che non si è afferrato ai sostegni atterra sui vicini di viaggio. Chi doveva planarmi addosso? Ma ovviamente, Altolà al sudore! Sento la pelle appiccicaticcia, lui cerca di chiedermi scusa, abbozzo solo per cortesia un sorriso stringato che non lo convince.
Non si sa perché ci siamo fermati. Si susseguono nella mia mente una serie infinita di supposizioni: qualche depresso ha deciso di farla finita … Ci stiamo scontrando con un altro treno … Sono troppo pessimista. Angela, abbi fede! Purtroppo, tutte le vocine che si accavallano nella mia mente portano ad una sola certezza: resterò ancora qui dentro accanto “all’uomo che non deve chiedere mai”… il deodorante!
Quell’imprevisto ha suscitato non poco trambusto nella metro: si alza un vociare disordinato e in pochi istanti, tutti hanno per le mani un tablet o uno smartphone per mettersi in comunicazione con la superficie. Roma Report, Leggo.it, si cerca ovunque la notizia dell’ultim’ora che possa spiegare la frenata improvvisa, ma con scarso successo.
Approfitto di quel frangente per studiare la fauna che si muove nella giungla romana. Nei posti di fronte a me, c’è un anziano con gli occhialini da lettura che spulcia un quotidiano. In silenzio, sceglie con cura l’articolo da leggere e gli dedica tutta la sua attenzione. Esattamente come fa il suo vicino di posto, che, sbirciando sul giornale dell’anziano, commenta ad alta voce titolo e occhielli delle news.
Accanto a loro, c’è un uomo che, chissà da quanto, si è fatto riacciuffare da Morfeo e approfitta dei pochi minuti di viaggio per riposare gli occhi. Mi diverto ad immaginare la sua vita: per me, lavora in un ristorante e, stanco da 10 ore di estenuante lavoro in un locale della Sallustiana, deve spaccare tutta Roma per poter tornare nella sua casetta, dove divide due stanze con moglie e tre figli.
Il volto di una donna bellissima, pochi posti più a sud, cattura la mia attenzione. Immersa nei suoi pensieri, aspetta come tutti noi che il treno riparta. Le lunghe ciglia brune le incorniciano lo sguardo: forse domani tornerà ad insegnare, nella sua scuola per l’infanzia, ad una ventina di bimbi come mettere su carta i loro sogni e la loro serenità.
Il trillo di una suoneria oltremodo alta e ritmata mi scaraventa nella realtà: non so come, ma non mi ero accorta di avere alle spalle un gruppo di ragazzi con capelli alla Mio mini Pony, piercing e tatuaggi in bella mostra. Mi giro ad osservarli meglio mentre la ragazza risponde.
“Mà? Sì, sto a tornà … Semo nell’auto, sì. Aspè, te passo Corado. Corà, dijelo te a mamma che stamo a tornà.” Passa il telefono a Corrado, presumo, che parla con un tono di voce molto più basso. La ragazza con il piercing al naso, appena passato il cellulare all’amico, sbotta con la moretta accanto. “Scialla, Robé, nun ce pensà. Se parla co Corado, nun c’hai da avè paura” la rincuora l’amica, ma non sortendo l’effetto desiderato, prosegue ”Poi Corado c’ha na sberlocca! Mò vedi come se la ‘nfinocchia.”
Roberta, quasi con le lacrime al volto, appoggia la testa sulla spalla dell’amica, che le dice “Ma nun vedi che ce stai male! Stai a strippà! E c’hai raggiorgio, Robbé! Ma si te dice che sei come n’arbero de banane, nun la stà a sentì!”
La giovane si asciuga, col dorso della mano, una lacrima che le solca lo spesso strato di eyeliner e le sporca il viso. Accenna un sorriso.“ Nun te fa vedè così” la sprona l’amica, che cerca di rispondere a tutti i perché di Roberta. Stizzita dal suo atteggiamento, sbotta ”A Robbè, ma te c’hai li bbruchi nella psiche! Avvorte raggioni pòpo come er traduttore de gugle.”
“Ci scusiamo con i passeggeri della Metro B per l’inconveniente.” Un comunicato stringato e asciutto, a noi non è dato sapere perché ci si sia fermati nel bel mezzo di un cunicolo sotterraneo, ma tant’è che il treno riparte, tra lo sbuffare dei passeggeri e i commenti dei più stanchi.
Pochi istanti e la metro si ferma di nuovo. Stavolta, sono arrivata a destinazione. Scendo al Colosseo. Cerco l’uscita e, dopo un paio di scale mobili, riesco a riveder le stelle. Un manto blu dalle impunture bianche che sovrasta l’Anfiteatro Flavio. Cerco il posto migliore dove fermarmi. Trovo l’angolazione giusta. Ecco, qui mi piace. Apro il trolley, esco fuori il cavalletto e mi sistemo alla buona. Voglio dipingere questo cielo stellato. Così voglio cominciare il mio viaggio intorno al mondo.

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3 commenti »

  1. Agnese, ci dai una bella la descrizione delle ore passate in metropolitana, una sosta forzata che ha permesso alla protagonista di osservare le persone in carrozza. Gustosi sono i dialoghi in dialetto romanesco. Infine si scopre lo scopo del viaggio: dipingere il cielo stellato. Attenzione, forse forzata, per i comuni mortali e poi fissare il firmamento.
    Interessante. Emanuele.

  2. Bello spaccato di una “normale” giornata in una grande città. Tutte le vite del mondo scorrono negli occhi dell’osservatore a cui basta afferrare uno sguardo, un gesto, poche parole per ricostruire la storia di una vita banale. Tante piccole formiche trasportate dalla fretta del vivere che si ferma nel cielo stellato di una serata nel cuore di Roma.
    Complimenti!
    Angela Lonardo

  3. Beh che dire. La descrizione dei personaggi è minuziosa e reale. Mi è parso per un momento, chiudendo gli occhi, di ritrovarmi anch’io nella metro di Roma, ad immaginare di essere vicino ai personaggi descritti. Complimenti, la penna c’è, la fantasia pure. Uno stile asciutto e scorrevole. Mi piace

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