Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2023 “All’angolo di una via: un sampietrino” di Sonia Bizzarro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Saverio G. Solo G perché non amerebbe si parlasse di lui, anche se tutti qui lo fanno: Saverio il fruttivendolo, Saverio il parrucchiere, il calzolaio, lo spogliarellista, addirittura Saverio il pirata.

In ogni caso sempre di Saverio G si tratta.

Ma questo nuovo Saverio – il rappresentante – suona falso e strano persino a lui… così impacciato di fronte allo specchio, ridicolo in quel vestito usato e preso in affitto, con i piedi in quelle scarpe con le punte scintillanti.

Stamani si sofferma più del solito di fronte alla sua immagine. E pensa.

Pensa che scarpe così non ne ha mai avute.

Le scarpe del nonno sono un regalo di nonna Agnese, usate solo per fare bella figura al funerale. Del nonno.

È davvero un peccato chiuderle lì dentro con lui, così.

Parole di nonna Agnese.

Saverio non vorrebbe pensare alla provenienza delle scarpe, ma ci pensa fin troppo, mentre la cravatta bordeaux lo sta quasi strozzando. Del resto, è sempre la stessa sensazione, vecchia compagna, che smorza ogni suo respiro sul nascere.

Davanti allo specchio prova mosse, sorrisi e atteggiamenti che gli serviranno per impacchettare per bene la sua nuova vita, o almeno quella che da lì a poco po­trebbe diventarlo.

– Piacere, mi chiamo Saverio, potrei rubarle solo due minuti?

– No, no, no… rubare no. Ho già rubato tanto, pure i minuti no!

Domanda sbagliata.

Ricomincia daccapo Saverio, ma senza guardarsi più allo specchio.

Rubare è una cosa, mentire un’altra. Rispetto alla prima, nella seconda Saverio manca ancora di allenamento.

E poi lui non ruberebbe mai un articolo del genere, figuriamoci comprarlo!

Mentre il nodo della cravatta non ne vuole sapere di stare dritto, Saverio ride al pensiero dell’effetto che potrebbe fare all’impettito capo del personale se si to­gliesse quel laccio; ma soprattutto all’idea di come resterebbero stupite le persone che lo conoscono, vedendolo agghindato in quel modo.

Si immagina nonna Agnese che si fa il segno della croce simulando uno svenimento e invocando la sua Madonna personale, affinché non le porti via il suo unico nipote – perché a casa di nonna Agnese di persone vestite così, vive, non ne sono mai entrate – e finirebbe la sua intermina­bile preghiera con:

– Ti prego, ti prego, non portarmi via anche lui… in fondo è un bravo ragazzo, solo un po’ scapestrato!

Forse per intercessione della Madonna personale di nonna Agnese, anche il nodo della cravatta ha trovato il suo posto nel mondo.

L’orologio dell’angolo cottura segna le sette e quaranta, quello della sua camera da letto le sette e cinquantacinque.

Da una veloce e approssimativa media aritmetica, Saverio decide che è ora d’incamminarsi, non prima di passarsi ancora una volta un dito sulla cicatrice mal cucita che gli decora la guancia sinistra, prendere la sua valigetta di finta pelle, chiudersi alle spalle una porta cigolante e consta­tare in un attimo la verità di un detto popolare al quale, fino a quel momento, non aveva mai creduto:

«L’imprevisto è sempre dietro l’angolo…».

Forse perché lui, fino a stamattina, aveva sempre trovato di tutto dietro a un an­golo: cose utili, cose inutili, piacevoli e anche spiacevoli, davvero di tutto.

Perfino Evelina – riconosciuta come sua simile dal primo istante per via del suo sguardo indebolito e reso opaco dalla vita – l’aveva trovata dietro a un angolo.

Però un imprevisto mai.

Saverio quel pomeriggio di tre anni prima se lo ricorda ancora chiaramente: il sole splendeva posando i suoi raggi sui sampietrini storti delle viuzze del centro e li appoggiava con delicatezza anche sui capelli neri bluastri di Evelina.

Appena la vide le poggiò una mano sul capo, giusto per farle al­zare gli occhi e poterle chiedere come stava, cos’era successo, se insomma c’era qualcosa che non andava. Perché non era solito trovare una ragazza in lacrime, nascosta dietro l’angolo di una via.

Subito e per sempre: da quel giorno solo poche parole tra loro. Anche quando il tocco di Saverio non bastò più a farle rialzare la testa.

Evelina, che ha amato quando ha potuto e vissuto quando e quanto le è stato concesso.

Evelina: come ciò che nella vita di un uomo non potrà più capitare; oppure potrà ricapitare ancora, una brutta copia dell’originale però, questo sì, ma non lei… che quando ha avuto un’altra possibilità di vivere davvero, ha avuto poi paura di amare di nuovo.

Accantona i ricordi Saverio, e cercando di mantenere la calma prova a risolvere al meglio e il prima possibile questo imprevisto.

Si guarda un po’ intorno, quasi circospetto. Gira su se stesso due, tre volte, fino a fermarsi di fronte alla porta chiusa del suo rifugio, che non è proprio un appartamento e nemmeno un monolocale.

Appoggia la valigetta in terra e tenta d’infilarsi in tasca sia l’imprevisto in questione sia la paura che ha di rovinarsi il vestito, ma quando la tasca del pantalone accenna a un sonoro crollo strutturale lo sconforto lo assale.

L’imprevisto lì non ci sta.

Uno sguardo fulmineo si posa sulla valigetta vuota. Già non avrebbe senso vedere Saverio G in giro con una valigetta piena… ma vuota ha davvero dell’assurdo.

Ma l’imprevisto è sistemato!

Il lungo percorso a piedi si alterna tra quelli che sembrano i saltelli di uno sco­laretto contento e l’incedere leggero e concentrato da uomo da affari navigato e attento a evitare grate e tombini – di cui Saverio, chissà perché, ha il terrore.

In quest’alternanza di andature, arriva in anticipo al luogo dell’appuntamento: bar “da Camillo”. Già il nome è tutto un programma.

All’ingresso il suo buongiorno si perde nella vastità di suoni e parole che s’intrecciano e confondono; qualche sguardo ancora assonnato si posa per un attimo su di lui per ritornare, subito dopo, a poggiarsi distrattamente sul contenuto di una tazzina o sul noioso interlocutore di una mattina ancora troppo assopita.

Una rapida sistemata alla cravatta, e Saverio si dirige con passo sicuro verso il re­sponsabile del personale, che nel suo giro di ricognizione visivo ha subito individuato. Non è stato per niente difficile dopo le indicazioni ricevute: uomo sulla cinquantina, capelli brizzolati, giacca e cravatta, sì, lo trova al bancone… dietro al bancone. Sì, ha capito bene, proprio dietro al bancone, perché è lui il proprietario del lo­cale che però ha dato in gestione ai figli.

– Buongiorno, il Signor (no Saverio, capo del personale no dai)… Camillo Veron…

– Oh buongiorno! Via… mi chiami semplicemente Camillo, lei dev’essere Save­rio, giusto?

– Giusto.

– Prendiamo un caffè? Così intanto le presento il progetto e facciamo due chiac­chiere.

Occupano un tavolino della sala interna del locale.

Saverio composto e ordinato sulla sedia, con la sua tazzina di caffè ben in vista e quell’ingombrante valigetta finalmente ai piedi, con il respiro inesi­stente e l’eco continuo e lontano dei battiti accelerati di un cuore che non gli sembra neanche più il suo.

– Allora, Saverio Gxxxxxx, qualcuno le ha già illustrato il nostro progetto?

In lontananza una voce:

– Signor Gxxxxxx? Si sente bene?

– Scusi, come mi ha chiamato?

– Signor Gxxxxxx, Saverio Gxxxxxx, come sulla sua scheda. Aspetti che la prendo un attimo eh, ci metto solo un secondo. Sì, esatto, Saverio Gxxxxxx …

Ma dove va? Si sente bene? Ehi…

L’aria fresca del mattino gli fa riprendere fiato, togliersi la cravatta e sbotto­narsi i primi bottoni della camicia lo fanno sentire quasi bene.

Una segretaria distratta sbaglia un numero di telefono. Nonna Agnese, rice­vente della telefonata, ha un nipote di nome Saverio che ha proprio bisogno di un lavoro serio. Ma nonna Agnese, oltre ad avere lui come nipote, ha pure i suoi anni, e qualche problema di udito.

Basta e avanza per far nascere l’equivoco, lo scambio di persona.

Camminata alla Saverio G nelle vie del centro.

Un sassolino, centrato e colpito di proposito, fa saltare la vernice sulla punta della scarpa di un uomo che procede a testa bassa, con le mani e una cravatta bordeaux nelle tasche dei pantaloni e una giacca mal piegata sotto il braccio.

Ha l’aria di un uomo stanco, di qualcuno appena uscito all’aria aperta dopo una giornata di duro lavoro, eppure questo non è il suo caso.

Quindi potrebbe avere la tipica espressione di un uomo che il lavoro l’ha appena perso. Ma com’è poi l’espressione tipica di chi perde il posto di lavoro?

Può darsi abbia allora solo lo sguardo di Saverio G, intento a seguire una linea retta immaginaria e con la sola preoccupazione di evitare grate e tombini, pas­seggiatori solitari o branchi di turisti eccitati, che lo costringono a scendere e poi risalire, ripetutamente, sul marciapiede sempre più affollato.

Tuttora restano oscure le ragioni che portano Saverio ogni giorno all’angolo di quella via, proprio dove si trova in questo momento.

La stessa via dove tre anni prima posò il suo sguardo su quella ragazza tremante in lacrime, come se per la prima volta lo avesse posato sulla vita, su quella vita che smise in quel momento di cibarsi ingorda di lui.

All’angolo di una via.

Un uomo a testa bassa, con le mani e una cravatta bordeaux nelle tasche dei pantaloni e una giacca mal piegata sotto il braccio, dondolante su gambe che se­guono il ritmo di una melodia silenziosa.

Ha lo sguardo fisso su qualcosa, forse su quella stessa vita che avida ha ripreso a ci­barsi di lui, così come ha fatto con Evelina.

Qui tutti conoscono Saverio G come l’uomo che gira con un sampie­trino in tasca, secondo molti per portare sempre con sé un pezzo di quella via e tutto il suo significato, secondo altri per essere facilitato nella rottura di una finestra nel caso si scordi ancora da qualche parte – come ha fatto l’ultima volta dimen­ticando al bar la valigetta – il catenaccio del suo rifugio, il suo ingombrante imprevisto.

Qui tutti conoscono Saverio G, ma se non si è sicuri si tratti proprio di lui allora basterà chiedergli come sta. Sì, esattamente così, un semplice: come stai, Save­rio?

E il vero Saverio G risponderà sempre allo stesso modo:

«Qui non succede nulla, e dell’amore si sono perse ormai le tracce…».

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5 commenti »

  1. Molto bella la caratterizzazione del personaggio, complimenti.

  2. Grazie!

  3. Complimenti sembra un personaggio pirandelliano. In bocca al lupo

  4. Bel racconto, scritto bene, e piacevole alla lettura.

  5. Vi ringrazio per lettura e commento.

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