Premio Racconti per Corti 2025 “Io non sono Dio” di Caterina Fiume
Categoria: Premio Racconti per Corti 20251. Ufficio
Alfredo seleziona il personale per conto di una società di recruitment. Seduto alla scrivania, ingombra di cartelline numerate, aspetta che entri il candidato n. 8. Intanto tamburella con le dita. È visibilmente stanco e spazientito. “Non ci ho mai messo tanto a selezionare un candidato” dice fra sé e sé.
Il display del cellulare s’illumina: “Hai finito? A che ora ci vediamo? Ceniamo da Nando? Amò, mi stai trascurando…”. Sorride. Non fa in tempo a replicare che la voce della segretaria irrompe nella stanza: “Si accomodi, prego”.
Il candidato n. 8 ha un’aria tesa e imbarazzata: “Salve, Riccardo Sogliano,” si presenta – ha un tono di voce basso – e si siede alla punta della poltrona con le mani strette fra le cosce.
Con gli occhi sulla lista che ha davanti, Alfredo spunta il nome del candidato. Dalla cartellina n. 8 ne tira fuori il curriculum, finalmente alza lo sguardo sull’uomo e risponde: “Salve.” Ha due anni più di me, ma sembra molto più vecchio, forse perché non ha i capelli, pensa. Lo squadra per qualche secondo in silenzio. È la tecnica che ha imparato al tirocinio. Poi attacca: “Mi parli di lei”.
(La musica sovrasta il dialogo.)
L’uomo ha un fare calmo e dimesso. Poi però comincia a gesticolare in maniera insistente e l’espressione di Alfredo mostra segni di fastidio. Quando l’uomo si versa l’acqua nel bicchiere, Alfredo s’accorge che è mancino. Lo osserva con maggiore attenzione, poi arretra di scatto sulla poltrona.
2. Flashback.
Alfredo è quasi arrivato a scuola, gli auricolari nelle orecchie e la sua ossessione mattutina: Get it up dei New England. Un ragazzo lo prende alle spalle per lo zaino, lo costringe a girarsi e lo inchioda al muro con un ginocchio contro lo stomaco, mentre con la mano sinistra gli immobilizza la testa con violenza. È mancino come me, pensa Alfredo, e sente le dita nodose che gli schiacciano la guancia. Non reagisce. Il ragazzo gli strappa il walkman e lo lancia lontano. “Frocio!” gli soffia all’orecchio con una voce rauca, lo molla e si allontana a passo normale.
3. Ufficio.
“Le faremo sapere” dice Alfredo all’uomo. Rimasto solo, cancella il suo nome dalla lista.
4. Camera da letto.
Alfredo non fa che girarsi nel letto. Giulio gli si avvicina e gli accarezza la testa. Poi accende la luce e gli allunga una sigaretta.
“Le persone secondo te possono cambiare?” chiede Alfredo.
“Proprio tu fai questa domanda?”
“Io non sono cambiato, mi sono accettato”.
“Non puoi essere sicuro che sia lui. Il mondo è pieno di mancini”.
“Si, ma la voce… e quelle mani”. Si batte la fronte con il palmo.
“Sono passati troppi anni. Non ha nemmeno più i capelli, potrebbe essere biondo”.
“E se invece fosse davvero lui quel bastardo? Non posso averne la certezza, ma non posso nemmeno escluderlo”.
“Ma almeno è idoneo?”
Alfredo non risponde. Si volta di spalle con un gesto risoluto e s’infila le cuffie: le note di Get it up gli saturano di nuovo il cervello.
5. Ufficio, due giorni dopo.
Alfredo richiude la cartellina n. 8. Si passa le dita fra i capelli e sospira. Poi si decide a comporre l’interno della segretaria: “Lo faccia entrare.”
L’uomo si siede accennando un sorriso di saluto.
Alfredo lo fissa per qualche istante, poi gli chiede: “Lei crede che le persone possano cambiare?”
L’uomo lo guarda stranito. “Credo di sì,” risponde cauto, “ma ci vuole una grande motivazione”.
Alfredo si alza e gli stringe la mano con vigore. “Riceverà il contratto a mezzo mail”.
L’uomo lo ringrazia ed esce spedito.
Alfredo accende una sigaretta. Ha un’espressione soddisfatta, serena.
Chiama Giulio in viva voce dal cellulare:
“Ho confermato l’assunzione”.
“Bravo”.
“È lui”.
“Che significa?”
“Che è lui, non ho dubbi”.
“E allora perché?”
“È qualificato per il ruolo”.
“È quello che ti ha fatto…”
“Lo so, e certo non l’ho assolto. Però…”
“Cosa?”
“Io non sono Dio”.
Chiude la telefonata senza dargli il tempo di replicare, e apre la finestra.
6. Sotto l’ufficio.
Il candidato n. 8 esce dal portone, un amico lo aspetta sul marciapiede. Insieme sostano sotto la finestra di Alfredo.
“È andata!” Il tono del candidato n. 8 è alto e tronfio.
“Lo sapevo!” risponde l’amico, e batte le mani.
Attirato dalle voci concitate dei due, Alfredo si sporge dalla finestra.
“Il mondo è piccolo quanto il buco del culo, però.” Il candidato n. 8. scoppia a ridere e poggia il braccio sulla spalla dell’amico. “E m’ha pure chiesto se le persone possono cambiare”.
“E tu che hai risposto?”
“Che certo, le persone sì… Ma i froci, no”.
“Gli hai detto proprio così?”
“E che sono fesso?” I due si allontanano sghignazzando.
Alfredo li segue con lo sguardo fino a che si fanno piccoli e spariscono dalla sua visuale.
Spegne la cicca nel sottovaso e richiude la finestra.
Semplice ma non banale, attuale e con tutti gli elementi che servono al posto giusto. Complimenti.
Che amarezza, eppure la vita è così. E un buon racconto di dà sempre da riflettere e ti lascia qualcosa dentro. Complimenti.
Un pugno nello stomaco, salutare e disorientante. Molto bello che il protagonista non ceda al risentimento: gli conferisce una dignità che lo rende superiore ai due omofobi. Brava Caterina.
Grazie mille per il commento, Hesdeker R. Rodriguez. Ciò che giustamente chiami semplicità per me è spogliare la narrazione di orpelli che non sono funzionali alla storia.
Mi fa molto piacere che tu lo ritenga un buon racconto, Anna Rita Bevacqua. Grazie!
Il mio obiettivo era proprio questo: che il protagonista desse ascolto alla propria coscienza e non al risentimento, ergendosi al di sopra del suo antagonista. Grazie mille, Pietro!
Un bel racconto Caterina, bello e non banale.
Grazie Anna Rosa Perrone