Premio Racconti nella Rete 2025 “La cena di Natale” di Stefania Serretiello
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Per la famiglia Bandelli la cena di Natale è un appuntamento immancabile e solenne.
E’ riservata a tutti quei parenti e affini che non hanno trovato posto al pranzo di Natale, cugini di secondo grado e cognate.
L’evento strategico richiede poco impegno: siccome tutti si saranno già abbuffati altrove, panettone e spumante saranno sufficienti a fare festa.
La serata si conclude con l’immancabile proposito di non far passare un altro anno, di trovarsi subito, a gennaio, per festeggiare i compleanni del mese. Proposito puntualmente disatteso, rinviato, ogni Natale, all’anno successivo.
Anche questa sera, Aldo e Mariuccia si preparano a ricevere gli ospiti. Sono una coppia affiatata, lui asciutto, capelli bianchi, né bello né brutto, a prima vista alto, ma solo se lo affianca sua moglie: una donnetta alta non più di un metro e mezzo, incluse le scarpe, anche lei né bella né brutta. Come ogni Natale, addobbi a tema sono sparsi ovunque e l’albero con le luci colorate un po’ in disparte. Tra tutti gli addobbi, puntuale anche quest’anno, il disegno di un ometto un po’ gnomo un po’ Babbo Natale, fatto dal loro unico figlio, Fabio, all’eta di sei anni, cioè circa mezzo secolo fa.
Driin. Trilla il campanello. Ecco i primi invitati.
La padrona di casa spalanca la porta sorridente.
Entra Alberto, suo fratello, di qualche anno più giovane, con la moglie Silvana, di un biondo platino improbabile, visto che ha ben dodici anni più di lui.
Non hanno avuto figli, quindi niente nipoti per Mariuccia; tanto è bastato per far sprofondare fratello e consorte in fondo alla classifica degli ospiti. A ben pensarci, c’è stato anche un altro fatto: anni fa si erano trasferiti in Brasile per via del lavoro di lui, molto ben pagato. Lei aveva dovuto lasciare il suo impiego da segretaria e al suo rientro non aveva più lavorato. Non aveva indagato Mariuccia se per necessità o libera scelta, tanto aveva già deciso lei: a sua cognata piaceva fare la signora.
-Buon Nataaleee!
-Auguriii.
Scambio di baci. Entrano e Silvana porge un incartamento, mentre Alberto deposita dei sacchetti luccicosi sotto l’albero.
– Ho preparato il vitello tonnato per Fabio, chè so che gli piace; c’è anche lui stasera? Gli ho preso un pensiero – dice Silvana benevola.
– No, non c’è. Si ferma a casa dei suoceri. D’altronde la Cristina eìè una meridionale. Da loro il pranzo di Natale è un pranzo di matrimonio! Dammi, glielo darò io – Risponde Mariuccia mentre già pensa a dove riporre il pacchetto. Lo dimenticherà in qualche angolo dell’armadio per ritrovarlo anni dopo e farne dono al figlio in qualche lieta occasione. E’ già successo.
Oppure lo regalerà a qualcun altro. Anche questo è già successo.
– Io invece non ho preparato niente – riprende Mariuccia – Ma voi avete ancora fame!? Con tutto quello che si mangia a pranzo? – cerca di incutere il dubbio che quella sbagliata sia la cognata – C’è il panettone e lo spumante per il brindisi, bastano, no?
Ecco, Mariuccia incarna alla perfezione il suo ruolo di suocera. Cristina, la nuora, si stupisce ogni volta come la prima, di come il suo incubo di bambina possa essersi incarnato in Mariuccia: la terribile suocera dello spot della carne Simmenthal.
– Cosa prepari stasera? – chiedeva la suocera.
– Carne Simmenthal – rispondeva paziente e sorridente la nuora.
– Carne Simmenthal? A mio figlio? – sbottava l’arcigna signora sgranando gli occhi.
E qui il figlio arrivava, puntuale dopo il lavoro, e gioiva:
– Mmmm….Carne Simmenthal – diceva raggiante.
E la vecchia terribile, con voce falsamente soddisfatta, apostrofava la nuora:
– Cosa ti avevo detto?
“Bugiarda, falsa, strega! ” – pensava la piccola Cristina. “Non saranno tutte così, le suocere” provava a consolarsi.
In effetti non tutte. Ma la sua sì. E non è tutto. A braccetto con la suocera c’è il suocero.
Una volta sì una volta no, Aldo approfitta del primo pretesto per ricordare alla nuora le sue origini meridionali, come fossero segno di inferiorità di razza o civiltà. Su queste il brav’uomo si sforza di sorvolare da tempo; dopotutto lui è un progressista dall’inizio della sua militanza in sindacato. Quello che inconsciamente proprio non può perdonare a sua nuora, è di non essere riuscita a dargli un erede, per perpetrare nei secoli il suo venerando cognome. E così è scattata anche per lei la retrocessione: invitata di serie B.
Driin.
Ecco gli altri invitati: il cugino di Aldo, Peppino, con la moglie Giuliana e la figlia Martina.
-Buon Nataaleee!
-Auguriii.
Altro scambio di baci e di pacchetti.
Peppino dev’essere stato un bell’uomo, da giovane: occhi scuri ed espressivi, sorriso brillante tra due fossette impertinenti.
Anche Giuliana dev’essere stata una bella ragazza, a giudicare dalla foto postata sul suo profilo wathapp il giorno del loro cinquantesimo anniversario di matrimonio. Eppure gli anni le hanno giocato un brutto scherzo e della sua beltà giovanile non è rimasta traccia. Speriamo che vada meglio a sua figlia: capelli di un colore indefinito tra il rosso, il biondo e il castano chiaro, lentiggini, occhi sgranati. Magrissima ma con un seno prorompente.
Non lo dicono, ma devono essere molto crucciati, Giuliana e Peppino, perché la loro unica, adorata figliola, donna in carriera plurilaureata, non solo non ha figli, ma nemmeno ha preso marito, bella, intelligente e ricca com’è. Chi ha il pane non ha i denti.
Tutti prendono posto attorno al tavolo.
Inizia la chiacchierata, una di quelle solite della famiglia Bandelli.
– Sapete cos’ è successo allo Stefano?
– Indovina cos’è capitato alla Liliana…
E giù pettegolezzi e risate, una montagna di fatti degli altri.
Fino a quando si arriva a qualche argomento più spinoso, come l’integrazione degli immigrati, l’educazione dei giovani di oggi, l’espansione economica della Cina.
Qui gli animi si accendono. Come sempre Aldo non tollera che qualcuno possa pensarla diversamente da lui; si stizzisce perché immancabilmente il cognato non riesce a seguire il filo dei suoi ragionamenti. Eppure sono così logici.
“La solita testa di legno” pensa Aldo; lui l’Alberto l’ha conosciuto da giovane, quando gli dava ripetizioni di matematica.
“La solita testa dura” pensa Alberto, che finge di tollerare Aldo solo per non far innervosire sua moglie Silvana, con la fatica che ha fatto per convincerla anche quest’anno a recitare la parte di cognata devota.
– Dobbiamo ringraziare gli extracomunitari perché rafforzano la nostra specie- aggiunge Mariuccia, che l’ha sentito o letto da qualche parte e vuole il suo momento di gloria.
– Va bene, cambiamo argomento – Interviene Giuliana – lo sapete che Martina deve andare ad un congresso a Bruxelles? – A Peppino gli occhi brillano di orgoglio – Deve fare un intervento di trenta minuti, in inglese!
Si leva un coro di convenevoli.
– Brava!
– Complimenti!
Questo basta ad ammansire Aldo; si gira ossequioso verso l’ospite che, dall’alto del suo irraggiungibile podio, si è degnata di far visita alla loro umile dimora la sera di Natale.
E così le chiacchiere riprendono fino all’atteso scambio dei doni: pacchetti brillanti e inghirlandati celano pantofole di peluche rivestite internamente di riccioli di pecora, una coppia di candelabri virtuosamente inclinati da un lato che sfidano le leggi della fisica per rimanere in equilibrio, un guantone da forno con una presina, una, a tema Pinocchio, insomma, per intendersi, tutto il meglio dell’arte del riciclo.
Tanti ringraziamenti e già il pensiero corre al prossimo Natale: – A chi posso rifilarli ?- Sembra la domanda che aleggia sui presenti.
Ma come tutte le cose belle, anche questa serata volge al termine. E’ giunto il momento dei saluti.
– Grazie della visita.
– Grazie a voi di essere venuti.
– Buon Anno Nuovo.
– Auguri e … non facciamo passare così tanto tempo!
– Giusto! Possiamo organizzare per festeggiare i compleanni di gennaio.
– Giusto! Sì! Bell’idea! – Tutti d’accordo.
Fino al prossimo Natale.
Racconto ironico e brillante, i personaggi escono dal racconto per portarti dentro la cena di Natale! Da leggere e gustare fino alla fine, bellissimo.
Ciao Stefania, ho recentemente letto “Gente di Dublino” di Joyce e il tuo racconto mi ha ricordato questo romanzo. Soprattutto nel modo ironico in cui presenti i tuoi personaggi, partecipi di un qualcosa di reale, di cui molti di noi hanno fatto parte (o forse ne sono colpevoli… ). E’ una denuncia di ogni Natale!
Complimenti, mi è davvero piaciuto!
Anche a me ha ricordato Gente di Dublino, in questi scorci nella vita dei personaggi dove emergono gli usi e costumi della società; se in Joyce ho faticato in alcuni frangenti (mancandomi alcuni riferimenti storici) qui invece ho colto e apprezzato il quadro che saputo ritrarre. Molto vero!
PS* Ho avuto anche l’impressione che volessi toglierti qualche sassolino dalla scarpa. Se fosse così, chapeau.
Grazie Anna e Alice!