Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Le Linee della Memoria” di Jacques Martinet

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

È un mondo pieno di linee il nostro. Tubi, fili, cavi se li mettessimo uno dietro l’altro potrebbero fare il giro del pianeta più e più volte. Linee su linee, sulle quali si spostano i segnali, le nostre parole, le emozioni e la memoria. Quanti sono i numeri di telefono degli uomini non si sa, ma quasi tutti possono comunicare tra di loro. Se dovessimo tracciare tutte le possibili connessioni il mondo sarebbe pieno di fili e noi resteremmo intrappolati. 

Anche i morti hanno un numero di telefono ma chi chiama i morti? Io chiamo i morti. Chi è che diceva “se mi chiedono perché, io dico perché no?”. Chi se lo ricorda chi lo diceva, bella trovata. Proviamo. Allora com’era? Prima ci va il prefisso francese, che è +33. Il + già è un problema. Ah giusto devo schiacciare questo tasto e quest’altro. +33 ecco fatto. Poi com’era già? Vediamo se me lo ricordo, anche se da qualche parte me lo sono appuntato, esco dalle chiamate. Era nei messaggi di bozza, giusto. 620 335, facile. Lo terrò a mente non è difficile da ricordare, quindi +33 6 2 0 e… dannata mente! Devo uscire di nuovo, il 5 è l’ultimo ma gli altri due numeri… Fammelo ritrovare, eccolo. Non ci credo, gli anni di Cristo! Come ho potuto dimenticarmi degli anni di Gesù Cristo? Ma adesso non mi freghi più vecchia mente malandata. +33, 6,2,0 gli anni di Cristo e un bel 5. E adesso si balla.

Squilla. Ci starebbe bene una di quelle segreterie telefoniche di inizio 900, una dolce voce francese, che arriccia la r, magari di una donna, giovane e sicuramente bella. Sarebbe perfetto. 

– Allò.

Un uomo, dovevo aspettarmelo.

– Allò, il y a quelqu’un?

E adesso che faccio, non mi sembra corretto riattaccare, questo è morto da più di 100 anni e io l’ho disturbato mentre chissà cosa stava facendo.

– Pronto, Signor Proust?

-Oui, qui parle?

-Sul serio sto parlando con il signor Proust?

-Bon Voilà je suis Marcel Proust, donc?

-Mi scusi sa il mio francese è orribile e… io non riesco a credere che sto parlando con lei.

-Mi permetta di dirle caro signore, che questa conversazione è iniziata già da un pezzetto. E lei sa con chi sta parlando, e ora sa anche che l’italiano mio non è al livello del francese. Ma io ancor non ho avuto l’onore di conoscere con chi sto parlando.

-Io, io signor Proust… o mi deve scusare sa sono un maleducato. Mi presento io sono Enzo Sivoli ed è un grande piacere, anzi un onore poter parlare con lei.

-Enzo… avevo un amico italiano che si chiamava Enzo, viveva a Roma ed era un professore di storia, è grazie a lui se conosco un poco la vostra lingua. Enzo c’est toi?

-Oh mi ha chiesto se sono io quel suo amico Enzo? No signor Proust mi spiace io non sono Enzo, cioè volevo dire sì sono Enzo ma non il suo amico Enzo, un altro. Non sono professore io faccio il fabbro, sa il tornio … modestamente mi chiamano il “mago del tornio” ma ad ogni modo non sono suo amico. Si intende mi piacerebbe molto o meglio mi sarebbe piaciuto ma sa, noi non ci siamo conosciuti, insomma non avremmo mai potuto conoscerci. Mi imbarazza un po’ dirglielo signor Proust ma sa io, io sono vivo.

-Comprendo.

Ma che dico mi sono bevuto il cervello! Questo è morto e io gli dico che sono vivo.

-Signor Enzo lei ha composto un numero preciso sul suo telefono, e quel numero l’ha portata a faire la mia conoscenza ma è lei che ha chiamato me. Vuole chiedermi qualcosa?

-Oh si certo scusi sa non volevo disturbarla. Eccome se volevo chiederle non una ma tante cose, e immagino che questo le capiti di continuo ma non voglio portarle via troppo tempo.

-Bien allora mi dica Enzo.

-Senta signor Proust sarò sincero la prima curiosità, ecco… non so bene come chiederglielo, non c’è un modo elegante per chiedere certe cose. O meglio sono sicuro che lei riuscirebbe a trovare un modo gentile ed elegante anche per domande di questo genere ma io no. Ebbene signor Proust, lei è morto giusto?

Ma che fa ride? Io gli chiedo se è sotto terra e questo se la ride, che tizio strano questo Proust.

-Lo sa Enzo lei è simpatique, e ha ragione. Non ci sono modi eleganti per chiedere certe cose. In alcuni casi è meglio essere diretti, quindi lei in che anno si trova?

-Mi sta chiedendo che anno è adesso, qui sulla Terra?

-Exactement Enzo.

-Siamo nel 2025.

-Sembra un bell’anno, allora posso dire che sono morto da 103 anni. Sono stato più morto rispetto a che vivo. Come disse il grande Seneca siamo stati morti per migliaia di anni e continueremo ad esserlo, la vita è una piccolissima opportunità, un prezioso dono. Lei è molto fortunato signor Enzo.

-Ecco a proposito volevo chiederle un’altra cosa.

E ora come glielo chiedo? Però l’ha detto anche lui, certe cose bisogna chiederle e basta.

-Lei signor Proust si annoia?

-Annoia? Qu’est-ce que c’est? l’ennui?

-La noia, signor Proust, come posso spiegarle, ha presente quando si è da soli a casa e non si aspetta nessuno, e non si ha niente da fare. Nessun mobile da riparare, porta da oliare e sai che non succederà nulla a meno che tu non faccia accadere qualcosa ma non sai cosa. E magari ti si è pure rotta la televisione.

-Penso di aver capito la sua domanda Enzo ma prima di risponderle ho una questione da porle. Che cos’è Telesione?

-Oh mi scusi sa, quasi dimenticavo, lei ovviamente non può saperlo. 

-Ha presente i film?

-Les films? Oh mais oui j’adore le cinema!

-Ecco la televisione è un cinema ma in casa, in tutte le case ormai.

-Mi sta discendo che tutte le case nel suo tempo hanno un cinema?.

È uno curioso questo Proust, forse gli scrittori sono tutti così.

-Diciamo di sì, ma molto più piccolo di un cinema vero, e senza tutte le altre persone sedute in sala ovviamente.

-Ma sembra marveglioso!

-In realtà meno di quanto le può sembrare.

-Enzo se ho ben capito la sua domanda, lei vuole chiedermi se mi ennuio ora, maintenaint que je suis mort? Corretto?

-Non penso di aver capito tutta la parte francese ma sì, signor Proust, lei si annoia?

-No caro Enzo, non ho mai provato quel sentimento. Anche quando ero vive le ore di una jornata mi sono sempre sembrate poche. Non molti sanno questa cosa, io ho creato il mio jorno. Avevo un orologio con al posto di sessanta novanta minuti. Poi ne avevo anche uno normale certamente, per gli appuntamenti, ma quando mi chiedevo soltanto che ora era allora guardavo il mio orologio, con il mio tempo.

-La trovo una cosa molto strana ma geniale, penso che se io lo facessi mi perderei nel tempo.

-Ahaha Enzo le ho già detto che è molto simpatique? Io più volte mi sono perso nel tempo, tutte le volte che scrivevo, e quindi posso dire di aver vagato per la maggior parte della mia vita. Lei ha letto le mie opere Enzo?

Sapevo che il momento prima o poi sarebbe arrivato, e visto che ci parliamo con sincerità mi sembra giusto non girarci troppo intorno.

-No signor Proust, non le ho lette ma prima di fare questa chiamata ho parlato con un amico. Uno che ha studiato. E mi ha detto che lei ha scritto un’opera molto importante. La Ricerca se non sbaglio. Mi ha raccontato della Madeleine, spero di averlo detto bene, come le ha dato un morso si è ricordato della sua infanzia. L’ho trovata una cosa bellissima e anche sincera, penso anche io che nelle cose più semplici siano contenuti i più grandi ricordi. Prima o poi lo leggerò.

-Oh Enzo è marveglioso! Sarei molto contento se tu leggessi La Recherche, l’ho scritta per tanti anni e quella ricerca del tempo perduto mi ha fatto trovare tutta la mia vita. Capisci che non avevo modo di ennuiarmi. Dimmi Enzo tu mi hai chiamato davvero per chiedermi se qui, nel tempo dei morti ci si annoia?

-Sì Signor Proust, è così.

-E perché è così preoccupato di annoiarsi quando sarà morto?.

-No Signor Proust, questo non mi spaventa, io non potrò annoiarmi quando passerò a miglior vita. Sa non è per me se le chiedo questo… è per mia figlia.

-Sua figlia?

-Sì, Signor Proust. Vede lei detesta la noia. L’ultimo anno la malattia l’ha inchiodata a letto, ormai non riusciva praticamente più ad alzarsi. E ci diceva in continuazione che si annoiava. Allora le abbiamo comprato una televisione più grande, sa l’oggetto che le ho spiegato prima, il cinema personale. Ma niente. Continuava a ripetere a me e a mia moglie che si annoiava. Allora ho deciso di non andare più a lavoro, restavamo a casa e non le dico neanche le cose che abbiamo fatto per intrattenerla. Mi travestivo da donna e questo la faceva ridere, ma poi dovevo di nuovo inventarmi. Le ho costruito ogni tipo di giocattolo, e anche se non ci diceva più nulla vedevo lo stesso la noia nei suoi occhi. Forse perché i bambini, signor Proust, devono semplicemente intrattenersi e giocare da soli, andare a correre in giro, inventarsi le loro storie e se non possono farlo, e allora tocca a noi adulti intrattenerli, finisce che li annoiamo. Quando ho finito la fantasia le ho comprato dei libri, lei adorava le fiabe così le ho preso questo libro pieno di fate in copertina, non penso che lei lo conosca, e non ricordo il titolo. Leggeva tanto ma non è riuscita a finirlo. Adesso è dalle sue parti chissà dove, sa non posso chiamare lei perché era così piccola che non aveva un numero di telefono. Ho visto questo video sui social che lei non sa cosa sono ma dubito di saperglielo spiegare, sto imparando anche io. Ad ogni modo nel video questo anziano signore parlava dei vecchi numeri di telefono. Si chiedeva se era giusto conservare questa memoria. Io lo trovo giusto e l’ho chiamata, le dico la verità non l’ho fatto perché sono un suo ammiratore ma nella speranza di poter trovare mia figlia, anche solo per un secondo. Ma so che questo è impossibile. Chissà quanti sarete lì dalle sue parti, molti di più rispetto a noi qui sulla Terra, e già qua è molto difficile incontrarsi. Però Sara, mia figlia, è una bambina con i capelli lunghi e mossi, tanto biondi che a volte sembrano bianchi. Ha le dita delle mani più piccole che si possono mai vedere, e gli occhi, come descrivere i suoi occhi: sono bellissimi. Non è molto alta, forse sarà appena un metro adesso, ma di certo da nell’occhio. Magari un giorno la può incrociare, la prego non me la saluti. Non le dica niente da parte mia. Come ho detto al mio arrivo, spero il prima possibile, non avrò modo di annoiarmi perché sarò con lei. E avremo tantissime cose da raccontarci, lo faremo tra di noi. Quello che le chiedo, signor Proust, ed è l’ultima richiesta che ho da farle, è che se mai dovesse incontrarla la intrattenga. Lei che è un grande scrittore le racconti una storia, le legga una fiaba, le parli delle fate, lei le adora. Insomma quello che le chiedo, è di assicurarsi che non si annoi, almeno per qualche istante.

Eccone un altro che piange. 

-Pronto, signor Proust?

-Mi scusi signor Enzo, io spero che lei abbia capito. Io non sono il signor Marcel Proust, e non sono morto. Ho 27 anni e oggi è il mio primo giorno, questo è il mio lavoro, mi chiamo sì Marcel ma Dujarry. Lavoro per la fondazione Le Linee della Memoria. Abbiamo recuperato la linea telefonica del vecchio scrittore e quelle di tanti altri celebri defunti. È un luogo per il dialogo, per lo sfogo, per chiunque non può permettersi il supporto psicologico. Io amo questo lavoro ma non ero pronto a sentire certe storie, mi scusi. È ancora lì signor Enzo?

-Provi a digitare il mio nome su un qualsiasi motore di ricerca. 

-Oh, signore mi dispiace io non avevo idea…

-Ragazzo lei crede che la gente che chiama le nostre linee lo fa nella speranza di parlare con qualche noto personaggio deceduto? No signore. Chiunque chiami le nostre linee lo fa per parlare con se stesso. Oggi avevo proprio voglia di fare una bella chiacchierata con Marcel Proust, e lei è stato un ottimo Proust per certi aspetti ma poi ha violato una parte fondamentale del suo contratto. È uscito dal personaggio. Mai uscire dal  personaggio. Viene specificato in più punti del contratto, proprio per evitare che ciò accada. Ho fondato io l’associazione Le linee della memoria, un anno dopo che la mia Sara aveva raggiunto il grande scrittore nel regno dei cieli. Possediamo attualmente 128 linee. Io chiamo personalmente ogni nuovo dipendente al suo primo giorno. Continui le sue chiamate e si ricordi: mai uscire dal personaggio.

-Io le chiedo scusa signor Sivoli non avevo idea… 

-Ah e un’ultima cosa. Lasci stare la cosa dei due orologi, non mi piace. 

-Certo, la cosa degli orologi non la dirò più. Mi dispiace molto per sua figlia…

Per essere il suo primo giorno di lavoro poteva andargli anche peggio. 

E adesso chi manca? Ah, chiamiamo la linea del nuovo Jung, niente male, almeno posso sfogami un po’. Con Proust non è mai facile parlare di memoria.

O Linea,

Che vaghi nel mondo

Sia santificato il tuo segno.

Venga il tuo destinatario

Come in cielo così in terra.

Dammi oggi la mia memoria quotidiana

E rimetti in me ogni ricordo

Ma liberami dal suo dolore.

Amen

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6 commenti »

  1. È stato bello leggerlo e trovarsi in bilico tra realtà e fantasia.
    Nostalgico e ironico senza esagerazioni.
    Molto bella anche l’invocazione finale.

  2. Bello questo racconto! Bello perché con un’idea dentro che offre più di un colpo di scena, bello perché intriso di un leggero umorismo, bello perché ben scritto, con quel francese esplicitato o solo suggerito, bello per la nota di malinconia della bambina che non c’è più, bello per la verità della ragione per cui si telefona… insomma, un bel racconto che si legge con vero piacere e crescente curiosità. Complimenti 🙂

  3. Un racconto bellissimo!
    Mi è piaciuto l’incipit, che evoca connessioni…
    il tono sottilmente umoristico con quei dialoghi in un mezzo francese che li rendono vivaci, l’idea surreale di un dialogo impossibile con la morte, la scelta di Proust per parlare di mancanza e ricordi…
    poi la lieve virata verso il ricordo di un evento drammatico che appare allo stesso tempo una ferita sempre aperta ( che darei per vederla ecc…) ec elaborato ( ecco un altro che piange ….) e infine il colpo di scena ( si svela l’identità del chiamante)…
    una sincera riflessione su tempo, morte, connessioni… trattata con voce solo apparentemente leggera..
    molto evocativo, profondo, originale
    complimenti

  4. Tre volte grazie per questi tre bellissimi commenti! La scrittura è un’operazione solitaria, e la divulgazione dei propri scritti è forse una delle più intime esposizioni. Ricevere certi commenti fa davvero bene, ci invoglia a scrivere e a credere nella forza delle parole.

  5. Un racconto davvero originale, complimenti! Mi è piaciuta molto l’idea di questa linea telefonica: credo che un po’ tutti noi ci siamo chiesti, qualche volta, come sarebbe parlare con qualche noto personaggio ormai deceduto… Accodandomi a Manuela, ho anche davvero apprezzato la scelta di Proust come interlocutore per i temi trattati, azzeccata.

  6. Gentile Alice, grazie mille per il commento.

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