Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2023 “Dritto per dritto” di Marco Verzini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Salivamo ormai da tre ore, non era troppo difficile, ma nemmeno una passeggiata, mi ero raccomandato “non voglio fare ferrate, sono un escursionista, sono anche poco allenato” “tranquillo, mi aveva risposto, un bel giro panoramico, ti porto in un posto magnifico, un balcone, un belvedere su tutta la zona, c’è una salita un po’ ripida sul finale, ma niente di pericoloso, solo un po’ faticosa, ti giuro che ne vale la pena”.

Così mi ero lasciato convincere, lui era un esperto, tutti in valle lo conoscevano, accompagnava spesso i turisti, organizzava gite ed escursioni. Uno di cui fidarsi insomma. Dopo un inizio su prati, ci eravamo arrampicati per una pietraia complicata, sassi che si muovevano, appoggi per i piedi distanti, sempre in equilibrio instabile, una sudata da niente, e anche un bel po’ di ansia, storcersi una caviglia in quel posto lì non sarebbe stato piacevole, neanche per i soccorritori. Poi la traccia proseguiva per prati, giusto per farci riprendere e dopo si ricominciava a salire su un ghiaione che era peggio della pietraia, coi piedi che scivolavano continuamente. Io cominciavo a preoccuparmi, guardavo sotto e pensavo a come avrei fatto a scendere di lì. Ma non volevo fare la figura del cittadino imbranato e poi, come si dice, a scendere tutti i santi aiutano, e allora stavo zitto e continuavo. Dopo tre ore, appunto, abbiamo fatto una sosta, ho bevuto un po’ di te, qualche biscotto, e via di nuovo.

Ogni tanto incrociavamo una strada forestale, che saliva a zig zag, ma lui tagliava sempre, dritto per dritto, “e se no che salita è?”, diceva. A quel punto eravamo proprio sotto il fianco della montagna e lui mi dice “adesso devi stare attento, comincia quel pezzo un po’ più difficile, useremo le piccozze”. Non dovevamo andare né su ghiaccio né su roccia ma aveva voluto che noleggiassi un paio di piccozze, “anche se non le hai mai usate fa lo stesso, mi fa, non è difficile e comunque è meglio, vedrai che ti saranno utili”. È stato terribile, ancora adesso se ci penso mi tremano le gambe e le mani, una fatica inumana e poi la paura che ad ogni passo cresceva e mi faceva sentire i muscoli di legno, non mi attentavo nemmeno a guardare indietro, e neanche di sopra, mi girava la testa, allora tenevo gli occhi fissi davanti, dove mettevo le mani. Era ripidissimo, e non era nemmeno troppo sicuro, era terra, erba un po’ di sassi ma più terra morbida che altro, i piedi me li sentivo mai stabili, credevo di scivolare. “Usa le piccozze, mi diceva, piantale bene, se ti scivola un piede ti aggrappi e non ruzzoli”.

Le mani non servivano, era solo erba, niente arbusti radici o altro solo erba che ti si strappava tra le dita, non potevi neanche stare in ginocchio, era troppo ripido. Dopo più di un’ora di quel calvario gli chiedo se non c’era un altro percorso e lui mi dice che ce ne sono sempre tanti altri, ogni alpinista apre la sua via e quella era la sua, e comunque ormai tornare indietro non era possibile. Strinsi i denti e andai avanti. Dopo esser scivolato un paio di volte, salvandomi proprio per essermi aggrappato con la forza della disperazione alle piccozze, gli chiesi se non era meglio legarsi e lui scoppiò in una risata e mi disse che una cordata su erba non si era mai vista. Mi sentii una cacca e non mi azzardai ad aprire più bocca.

Verso la fine tremavo come una foglia, non avevo più forza, quasi non controllavo più le gambe, il sudore mi bruciava gli occhi e non riuscivo ad asciugarli, i manici delle piccozze mi scivolavano tra le mani. Come Dio vuole raggiunsi la fine della salita e misi gli occhi oltre il bordo. Ma per dove scendiamo? “per la strada, mi fa lui, è talmente bello qui che ci hanno fatto sull’altro versante una carrozzabile”. Girai gli occhi, all’altezza del mio naso vidi i suoi scarponi e diverse ruote d’auto. È stato lì, commissario…

L’uomo abbassò la testa, la voce era solo un mormorio. Il ticchettio che aveva accompagnato il lungo racconto si era interrotto. Due facce si volsero e due paia d’occhi si guardarono per qualche secondo, poi una voce chiese:

“Lesioni gravi dolose, commissà?”

“Eheheh Gargiù, che ddolose.. che ggravi.. ci stava pure lo scarpone, mica l’ha bbucato la piccozza. Eppoi ci stanno pure le attenuanti. Colpose Gargiù, scrivi colpose”.


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