Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2026 “Amore, secondo Platone” di Camilla Oschiri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2026

Ci sono amori destinati a finire bene, amori nati tra magie e avventure, e amori che ti scavano dentro fino a cambiarti per sempre. Il mio non ha categorie: esiste solo se viene raccontato, come una favola che nessuno ha mai scritto.

Cominciò in un modo insolito. Non con un “ciao”, non con un invito a pranzare insieme, ma con un libro di filosofia dimenticato su un sedile dell’autobus. Il pensiero di Socrate. Sapevo già di chi fosse: Samantha.

Ci conoscevamo da quando eravamo bambini, compagni d’asilo in un paese così piccolo che nessuno rimaneva davvero uno sconosciuto. Lei mi chiamava “Jack Jack”, io la chiamavo “Sammy Sammy”. Ma a diciassette anni era cambiata: silenziosa, schiva, con lo sguardo sempre altrove. In paese la giudicavano strana. Amava la filosofia e parlava di Platone come se l’avesse conosciuto di persona. Io stesso non sapevo davvero chi fosse diventata.

Quella mattina fredda di novembre, quando le restituii il libro, mi sorrise. Un sorriso breve, capace però di scombussolarmi come se avesse spostato un intero mondo. Da quel momento tutto si mosse con una rapidità vertiginosa: un pomeriggio al parco, una serata al pub, e in poco tempo mi ritrovai a pensare a lei ogni minuto.

Con lei provavo una calma che non avevo mai conosciuto. Era come se la mia mente, stando accanto alla sua, trovasse finalmente un ordine naturale. Platone avrebbe parlato di Iperuranio: un luogo perfetto, oltre la confusione del mondo. E forse era proprio lì che mi sentivo quando stavo con lei.

Anche lei cambiava con me. Rideva. La sua risata era così luminosa che sembrava risvegliare tutto ciò che la circondava. Nessuno l’aveva mai vista così, ma con me diventava leggera, quasi felice. E in quel modo di guardarmi capivo più di quanto avrebbe potuto dirmi a parole.

Ricordo la sera in cui, seduti sul tetto di casa sua a mangiare sushi per il nostro primo mesiversario, mi raccontò il mito platonico dell’Androgino. La ascoltavo parlare di esseri primordiali divisi in due da Zeus, condannati a cercare la propria metà perduta. Quando finì, mi baciò con dolcezza, e io seppi — senza bisogno di spiegazioni — che per lei io ero quella metà.

L’estate la trascorremmo insieme, tra mare, scogli e risate. Mi sembrava l’estate più bella di sempre: il sole le schiarì i capelli, il vento portò via le mie paure. Non ero certo di sapere cosa fosse l’amore, ma ero sicuro di essere innamorato di lei. Non le dissi mai “ti amo”, forse perché le parole mi sembravano troppo piccole. Anche lei non me lo disse, ma nei gesti c’era tutto.

A volte le parlavo dei miei genitori, dei miei sogni, del dolore che mi portavo dietro. Lei ascoltava senza mai raccontare nulla di sé. Quando provavo a chiedere, sorrideva e cambiava discorso. Pensavo fosse solo riservata. Credevo di rispettare il suo silenzio. Oggi so che era un errore.

La notte di San Lorenzo fu l’ultima che passai con lei. Guardammo le stelle cadenti dal mio terrazzo. Avrei dovuto chiedere più tempo. Non l’ho fatto.

Di quella notte ricordo poco. Una telefonata alle due, la corsa in motorino verso l’ospedale, la speranza che ripetevo in silenzio mentre camminavo lungo il corridoio. Ricordo il suo corpo immobile, gli occhi chiusi.

Dopo tre giorni di coma, Samantha morì alle 22:45 del 14 agosto.

Per molto tempo non capii. Chiesi ai medici spiegazioni che non riuscivo ad accettare: si era gettata dal quinto piano del suo palazzo. Non mangiavo, non dormivo. Avevo solo domande senza risposta.

Al funerale incontrai sua madre per la prima volta. Aveva il volto stremato dal dolore. Mi disse ciò che nessuno mi aveva mai detto: Samantha soffriva di depressione da anni. Il mio amore non l’aveva salvata; aveva solo allentato, per un breve tratto, la morsa del suo buio.

Quelle parole continuano a perseguitarmi. Lei aveva sorriso con me, aveva riso, mi aveva amato a modo suo, ma dentro stava precipitando. E io non avevo visto nulla.

Mi manca ogni giorno. Mi manca ciò che eravamo: il nostro piccolo mondo fatto di stelle, miti e filosofia.

Forse Platone aveva ragione: ognuno di noi cerca la propria metà. Io la mia l’ho trovata in Sammy.

E anche se non cammina più accanto a me, vive dove deve vivere: nel mio cuore, nel luogo in cui le anime non si perdono e non si separano mai.

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