Premio Racconti nella Rete 2025 “La crociata dei biscotti al pomodoro” di Linda Capancioni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025150g di farina 00, 65g di passata di pomodoro, 60g di burro, 25g di parmigiano, un po’ di sale, origano. Accidenti, l’origano l’ho finito ma pazienza, se ne può fare a meno per questa volta. Mescolo il tutto in una poltiglia poco omogenea e dall’aspetto un po’ nauseante mentre l’odore di pomodoro invade tutta la cucina. Domani ti rivedo.
Durante le mie commissioni pomeridiane, mi sono dimenticata di passare alla bottega e adesso è chiusa. Mi sono dimenticata di comprarti i biscotti al pomodoro che ti piacciono tanto e ho deciso che questa volta provo a farli io. Quanto sarà difficile, dopotutto? Giusto quattro ingredienti mescolati insieme, appallottolati alla meglio, un po’ schiacciati sennò non diventano croccanti, poi via in forno per quindici minuti.
Domani ti rivedo. Non lo voglio ammettere a me stessa ma nella mia mente queste tre parole brillano ad intermittenza come una luce al neon tra i miei pensieri confusi.
Confusi, esatto, perché non so mai che posto ho nella tua vita. Sono mesi che ci sediamo vicini in università, parliamo tanto e di tutto, mi racconti persino le cose che non dici a nessuno e a volte penso che forse, anche se non me lo dici, ti fidi di me più di quanto tu voglia lasciar intendere. A volte ci scherzo su chiamandolo tra me e me un rapporto ad intermittenza: un giorno condividi l’intero groviglio dei tuoi pensieri intricati facendomi spazio tra loro per poi parlarmi a malapena per settimane. Questa nostra intimità si limita alle poche ore di lezione senza alcun gesto non calcolato, ma solo momenti a metà fatti di sottintesi e silenzi comodi che alimentano giorno dopo giorno l’attesa che arrivi di nuovo l’attimo in cui mi ridarai le chiavi al tuo mondo segreto. E se ciò non dovesse accadere? E se quella fosse stata l’ultima volta senza che io lo sappia? Ripercorrendo mentalmente i numerosi silenzi che ho navigato, all’improvviso mi rendo conto di sapere tutto di te perché ho imparato a scoprire le cose di lato, per caso, ascoltando bene e facendo attenzione ad ogni tua mossa, parola, un dettaglio alla volta. Così come quando ho scoperto che non pranzi il venerdì.
La poltiglia è pronta e già trasformata in piccoli dischi posti ordinatamente su un foglio di carta forno oleato. Li guardo soddisfatta di quanto siano simmetrici e regolari mentre inforno la teglia per poi pulirmi le mani degli ultimi pezzetti d’impasto rosso rimasto attaccato alle unghie sotto l’acqua corrente. Diciamoci la verità: in generale i biscotti al pomodoro non sono poi così buoni e non li comprerei così spesso, né tantomeno avrei pensato di farli io stessa, se non fosse stato per te.
Quindici minuti, tra poco sono pronti. Saranno come quelli che ti compro di solito?
È un negozio biologico, ma si sa che mettono sempre degli ingredienti in più per moderare il sapore e chissà qual è l’ingrediente segreto stavolta, chissà come li fanno: forse ci sarà un pizzico di qualche spezia esotica dal nome impronunciabile, forse la cottura in un forno antico di secoli ad un determinato e precisissimo livello di umidità.
Ma sì, sono semplici e i miei saranno pure più buoni.
Mi dico asciugandomi le mani di fretta e, cercando di rassicurarmi, mi immagino già di fare bella figura quando te li offro.
Il negozio era chiuso, però ho voluto provare a farli perché li adoro, ne vuoi provare uno? Ah, ti piace? Non male vero? Non faccio mai dolci e biscotti, sono proprio negata ma questa ricetta mi era sembrata facile e così… Se ti piacciono prendili tutti, tranquillo, per me li posso rifare quando voglio.
Sbircio dentro il forno e mi riscaldo con il suo calore guardando impazientemente come i miei biscotti stiano crescendo impercettibilmente.
Ma quand’è che è iniziata questa storia dei biscotti?
Proprio quando ho scoperto dei tuoi venerdì a digiuno, mentre mangiavo un biscotto al pomodoro. Qualche mese fa hai iniziato a lavorare il fine settimana e questo semestre abbiamo lezione il venerdì mattina per qualche ora, quindi, non appena l’ultimo minuto di lezione si esaurisce, ecco che scappi per andare al tuo nuovo lavoro. Uno di quei venerdì avevo i famosi biscotti che ho comprato nella bottega vicino casa che ha sempre molti prodotti interessanti e a me piace così tanto provare queste robe, anche se ne rimango delusa la maggior parte delle volte. Troppo insipido, troppo acido, non è dolce abbastanza, insomma, nel mio tentativo di provare cose più salutari e strane, mi ritrovo a mangiare snack costosi e mediamente buoni. Però i biscotti mi piacevano e te ne ho offerto uno mentre sedevi vicino a me durante la lezione di diritto. Sapevo che anche a te piace provare cose insolite, come il famigerato gelato al salmone durante una gita della scuola, una storia che mi hai raccontato più di una volta, e quindi mi sembrava più che naturale che tu ne provassi uno. Ricordo che ti è piaciuto e che stavi morendo di fame perché non avevi portato il pranzo, quindi sono finita per darti praticamente quasi tutto il pacchetto.
Ma perché non ti prepari qualcosa di veloce come un panino il giorno prima? Non fai nemmeno mai colazione, come riesci a lavorare?
Ma non c’avevi sbatti e quindi ti stava bene andare a digiuno. E quel pasto è diventato per me una crociata perché nel mio immaginario era inconcepibile non avere lo sbatti di pensare per te stesso. Penso ti ho offerto più volte di incaricarmi del tuo pranzo, tanto l’avrei cucinato comunque per me e buttare due pennette in più nell’acqua bollente non mi avrebbe fatto alcuna differenza. Eppure no, capii che non avresti mai accettato di avere un pasto decente. Perché tu sei così, hai queste idee in testa che non si sa da dove vengano e dove vogliano andare ma nessuno riesce a scollartele dal cervello, nemmeno quando viene spiegato punto per punto perché queste idee non abbiano senso. E da lì la mia crociata è andata avanti in maniera subdola: con i biscotti al pomodoro. Ti nutrivo senza che te ne accorgessi, o forse sì, con dei biscotti perché non sono un vero pasto, no? Quindi ecco come ho raggirato la tua cocciutaggine. Ed ogni giovedì andavo alla bottega.
Cinque euro di questi biscotti al pomodoro, per favore.
Per poi portarti il prezioso sacchettino di carta marrone, a volte leggermente unto, ogni venerdì mattina.
Ah guarda che ho oggi, ti va di mangiarne un po’ con me?
Ti dicevo durante la pausa. Ma qualche settimana fa il negozio aveva finito i biscotti.
Capisco, e scusi, ma quando tornano?
Non sappiamo, dipende dal fornitore quando ce li rispedisce.
Va bene, grazie lo stesso.
E ogni 3 giorni mi affacciavo alla vetrina.
Sono tornati? accidenti, il contenitore è ancora vuoto. E adesso?
Lo scorso venerdì non ti ho portato niente, ancora non sono tornati! Ma adesso ho deciso di ingegnarmi e di farteli io, così vedi ancora di più come sono coinvolta in questa crociata. Farina, pomodoro, parmigiano, burro, sale, forno e via.
Riassetto la cucina imbrattata di pomodoro e farina e nel mio vortice di pensieri vago tra i miei primi giorni di università, ai biscotti, alle faccende rimaste da fare, ai compiti – li ho fatti, a proposito? – ai biscotti, al pavimento da pulire, ah…i biscotti!
Mi affaccio al forno guidata dalla lucina calda e sebbene il vetro sia opaco, vedo lo stesso l’imbrunire delle estremità dei miei dischi perfetti.
Corri, corri bisogna tirarli fuori immediatamente.
Un vapore estremamente caldo dall’odore di pomodoro mi investe appannando gli occhiali e non vedo niente per cinque secondi che durano dieci ere geologiche. Hanno un colorito rosato più acceso adesso e un buon odore di pizza, la maggior parte sono un po’ bruciati ma alcuni sembrano salvarsi. Maledetta io e i miei pensieri!
Li metto con cura su un piattino, distanziati bene nella speranza che si raffreddino prima, e aspetto un po’ per provarli senza ustionarmi la lingua. Si tratta di un momento di tale trepidazione e attesa che non mi siedo nemmeno, fissando i miei dischetti rovinati. Saranno buoni lo stesso, capita. Spengo il forno, che nel frattempo avevo dimenticato acceso, e finisco di pulire le molliche in cucina finché non mi decido che è giunta l’ora: assaggiamo. Prendo uno dei biscotti più brutti e lo analizzo velocemente mentre lo porto alla bocca: il colore è giusto, il profumo quello inebriante della pizza, consistenza friabile ma un pochino secca, il sapore…aiuto, ma quanto è schifoso?
Non so descrivere le mie emozioni non appena sento il sapore estremamente acido del biscotto pungermi la lingua. Forse rabbia, sgomento per come sia stata capace a sbagliare una ricetta così semplice e inizio quindi a rileggere il procedimento e gli ingredienti più volte. Niente, ho seguito tutto alla lettera. Gli ingredienti? Tutti buoni, appena aperti e non scaduti – talmente sbadata che a volte capita pure di dimenticare di controllare questo dettaglio, ma non stavolta. Niente da fare, non so cosa sia successo.
Fuori è ormai diventato buio e nell’appartamento aleggia il silenzio assoluto tipico della tarda sera, un momento di calma in cui ci si prepara per la giornata che viene. Sento solo il rumore del forno che si sta raffreddando e il rombo di qualche macchina giù per la strada che filtra attraverso la finestra leggermente aperta per far uscire l’odore di pomodoro, ormai diventato pesante. Mi butto scompostamente su una sedia, i gomiti sul tavolo, il mento poggiato sui palmi guardando il piatto con la mia opera fallita e non riesco a smettere di ripercorrere l’ora appena passata nel tentativo di delineare cosa sia andato storto. La frustrazione si è fatta ormai largo facendomi pensare ai motivi più improbabili per quell’insuccesso.
Colpa delle cose che aggiungono i produttori industriali che rendono tutto più buono chissà come e creano aspettative che poi non si possono raggiungere una volta che vuoi provare da te.
Ritorno un po’ in me bevendo un sorso d’acqua e penso che forse devo solo farli raffreddare di più per poterli assaporare meglio. Ne provo un altro prima di andare a dormire ma niente: il sapore è un misto tra farina cruda e acido di pomodoro, in poche parole, terribile. Con rassegnazione prendo il piattino e guardo un’altra volta quei dischi dalla forma ancora così perfetta e simmetrica che non da alcun sospetto del lato acre e cattivo che nasconde.
Eppure la ricetta sembrava così semplice e naturale.
Non è il biscotto il problema, lo so, è la consapevolezza appena acquisita che forse non basta volerlo e fare tutto giusto per far funzionare qualcosa. Un biscotto come tentativo timido di guadagnarmi la tua fiducia per avvicinarmi ancora di più a te, e in questa crociata non mi sono nemmeno mai chiesta se tu fossi invece disposto a farti avvicinare.
Li butto con un gesto deciso e mi riprometto che non ci riprovo più.
Nel tuo racconto si percepiscono benissimo le emozioni, i dubbi e le speranze della protagonista. Mi è piaciuto particolarmente la metafora del “biscotto non riuscito” a simboleggiare i rapporti umani: non importa quanto tempo, dedizione e fiducia ci mettiamo, questi non basteranno mai se l’altra persona non ha interesse. Come hai detto te: “forse non basta volerlo e fare tutto giusto per far funzionare qualcosa”. Un messaggio forte.
Grazie mille Alice per le tue parole! Sono molto contenta che ti sia piaciuta la metafora del biscotto, una cosa così banale che invece rappresenta un messaggio profondo.