Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2023 “L’inquilino” di Elisa Tomassi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Arriva un inquilino. Finalmente sono riuscita ad affittare la casetta, a farla sembrare un appartamento perfino decente; ci sono voluti due mesi dopo che il nonno, bontà sua, me l’ha lasciata. Con tutti i soldi che aveva accumulato nella vita, si è deciso a riservarmi solo questo malmesso quartino di cinquanta metri quadri nel vecchio stabile di famiglia, nella zona meno elegante della città, proprio accanto al Palazzo di giustizia.

Soprattutto ora, mi serve affittarlo.

Avrei potuto ereditare io il patrimonio liquido e la villa in Sicilia e invece no: ha lasciato tutto a mio cugino Angelo, che lo ha accudito per gli ultimi due anni.

Sua madre era sorella della mia. Odiavo quello stronzetto anche quando eravamo piccoli e ci provava a fare il cretino con me, ammiccando con le sue labbra stinte verso le mie.

Un pomeriggio – avevo sei anni e lui nove – mentre giocavamo alla famiglia nella mia stanza, si sedette accanto a me mentre eravamo appoggiati alla parete, e mi accarezzò l’interno di una coscia.

Portavo a quel tempo i miei primi collants, rossi e trasparenti: ne ero fiera, le gambe fasciate mi sembravano bellissime. Sentii la mano di Angelo insinuarsi sulla gamba, non mi parve una cosa brutta; solo dopo averlo guardato, notai il suo viso rosso come le mie calze e le labbra vermiglie. Intanto, la pressione della mano era forte sulla mia coscia. Non seppi dirgli nulla per farlo smettere. 

Eravamo entrambi figli unici e i nostri genitori, dopo quel giorno, ci lasciarono soli a giocare tante e tante volte, fino a che – intorno ai tredici anni – non volli più vederlo.

Il nonno non ha mai saputo; lo ha fatto stare in quella baracca per dieci anni senza chiedergli un soldo.

Ricordo la sua faccia quando mi ha visto arrivare in casa, il giorno dopo la lettura del testamento. Atterrito. Avrebbe voluto che io e Miriam sparissimo all’istante ma invece è stato lui a sparire.

Nonostante tutto, anch’io, che non mi sono fatta vedere dal nonno per un bel po’, ho ricevuto il mio piccolo cadeau.

Ho impiegato venti giorni prima di trovare l’inquilino giusto. In un primo momento nessuno ha chiamato; stavo cominciando a pensare che il quartiere fosse troppo isolato, che la storia del morto ammazzato lì dentro con dieci coltellate si fosse diffusa e che non avrei mai avuto richieste.

Dopo qualche giorno sono stata contattata da un tizio ubriaco, che ho rinviato al lunedì successivo, memorizzandone il numero di telefono sotto la voce avvinazzato e al quale non ho risposto più. Ci tengo al mio inquilino, dev’essere una persona affidabile.

Finalmente, ieri ho ricevuto la telefonata.

“Buonasera, parlo con l’avvocata Del Re? Sono interessato al suo immobile. Vorrei  visionarlo appena possibile.”

“Per lei domani andrebbe bene?”

“Sì certo, prima si fa meglio è.”

Ed eccolo che arriva. La voce al telefono mi è parsa calda, tranquilla, di una brava persona. Mi ha detto che fa l’insegnante e che ha necessità di una sistemazione nelle vicinanze della scuola. Lavora proprio da queste parti. Posso fidarmi, non può essere pericoloso.

Sono le dodici. Lo vedo dalla finestra, indossa una  maglietta nera e sta venendo qui. Il mio primo inquilino. Lo accompagno su, gli passo la chiave e la microcasa è sua, contento lui!

Eccolo che entra; ora sta guardando il bagno con il lavandino rettangolare anni ‘70 e la doccia senza miscelatore e non sta facendo una piega. Anzi, che cosa singolare, mi sta chiedendo di fare una rapida doccia. Sarà mai così rozzo? Devo essergli sembrata molto stupita dalla domanda ma come negargliela? Qualunque cosa, basta che si prenda ‘sta schifezza di casa.

……………………………………………………

Sono le due del pomeriggio e non accenna a smettere di parlare. Ha fatto la doccia, lo shampoo ai suoi tre capelli, ha infilato la vestaglia del nonno e, placido, mi ha invitato ad ascoltare insieme a lui un CD di Brahms.

Si è proprio ben ambientato, non c’è che dire. Che strana voce che ha, pare elettronica, non riesco ad ascoltarlo parlare senza pensare a Miriam, mi sembra che abbia addirittura la sua stessa erre moscia. O forse fa finta di essere uno con la erre moscia, che fa tanto figo. Si chiama Marco, un nome che mi ha sempre dato il voltastomaco.

Mi intrattiene ancora con le sue chiacchiere, vuole sapere di me, della mia vita, mi sa che gli piaccio, mi ha invitato a dargli del tu. Mi guarda un po’ così. A me fa schifo: è flaccido e mellifluo e ha un alito che si sente a distanza di due metri.

Quando arriva Miriam? Le ho mandato un messaggino: vienimi a salvare, tesoro, questo non si capisce che intenzioni ha.

Non posso non essere gentile, è necessario, altrimenti potrebbe ripensarci. Ecco, lo sapevo, ora mi sta chiedendo del misterioso omicidio, se conoscessi il morto. Non mi fido, la cosa si fa pericolosa.

“Non ne so nulla”, rispondo, “questa non è la mia zona; l’appartamento, come ti dicevo, era del nonno e ci sono passata di rado. So solo che il morto ammazzato aveva in casa ottantamila euro e che l’appartamento è stato sotto sequestro fino al mese scorso.” 

Mi pare si sia reso conto del mio cambio di tono, mi sta guardando con aria strana, ha alzato un sopracciglio e nello stesso tempo ho notato il suo piede sinistro agitarsi.

Intanto, Miriam si è annunciata al citofono.

“Faccio salire la mia amica, te la presento e poi scappiamo”, gli dico.

“Ma no! State ancora un po’, mi va di approfondire la conoscenza…”

Ora che Miriam è qui sta guardando anche lei con libidine, ha fatto gli occhi da porco che fissano, quelli che dicono chiaro e tondo ti scoperei.

Lei è bella, del resto, fa questo effetto sugli uomini; oggi poi indossa un tailleur che esalta il corpo slanciato, i capelli neri scendono sulla giacca a contornare il viso delicato e il rossetto rosso accompagna la forma delle labbra, sembrano un fiore aperto sulla neve. Ma non è aria, mi sa che è il caso di farglielo capire: la bacio sulla bocca, la faccio sedere sul divano dopo averli presentati mentre lui dalla poltrona ci guarda, beato, in pantofole e sorrisetto scafato.

A Miriam pare non dispiacere del tutto; intanto, Marco tira fuori battute da Casanova di provincia e lei ride rumorosamente, rovesciando la testa all’indietro come fa quando qualcuno le interessa; poi, di nuovo, lui chiede del morto anche a Miriam, che dice di saperne meno di me; le domanda se ne conoscessimo il nome, non capisco a quale scopo; noi rispondiamo – insieme – di no e lui ci dice di avere letto da qualche parte che si chiamava Angelo e che gli assassini hanno infierito sul corpo con un coltello da cucina e hanno portato via tutto il denaro.

Mi alzo e preparo un caffè, sono le tre e a quest’ora ho sonno; comincio davvero a non poterne più; l’inquilino chiacchierone per oggi mi ha steso.

Disordinato! Ha lasciato i pantaloni in cucina e il portadocumenti è scivolato sul pavimento. C’è una tessera. La guardo, soppesandola tra le mani: non è un insegnante, fa il poliziotto.

Non mi piace che abbia mentito, che abbia fatto tutte quelle domande. Non è tanto difficile da capire, sta indagando sul fatto, sta indagando su di noi.

Sono le quattro. Marco ha ricevuto la terza chiamata sul cellulare, rispondendo, come sempre, a monosillabi.

“… Non conclusa.”

Intanto sorride e ci guarda.

Ora bisogna fare qualcosa. Mi sento accerchiata a casa mia.

Abbiamo preso il caffè, poi ho chiamato Miriam in cucina con una scusa. Non ci è voluto nulla, ci siamo intese con uno sguardo, è stata subito d’accordo con me, l’operazione di pulizia era necessaria anche questa volta, altrimenti tutto sarebbe andato a puttane.

Abbiamo afferrato il coltello grande, quello per affettare il pane; siamo entrate pian piano, venendo dietro di lui, mentre era seduto sul divano.

Io l’ho tenuto fermo per le spalle mentre era seduto ancora in poltrona e Miriam ha affondato, dieci volte.

Ora toccherà usarli al più presto, quei soldi, anche per andarsene; e in fretta.

Guardo il Palazzo di giustizia che, grigio, mi ricorda che potrei non passarla liscia.

Stavolta ci siamo sporcate un po’ i vestiti, questo sì, ma acqua e sapone lavano via tutto.

Loading

2 commenti »

  1. Molto interessante nello svolgimento e bel colpo di scena finale!

  2. Grazie!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.