Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Le avventure di Sbianca e Slio” di Rosanna Fiori (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

In un mondo di favole le favole più belle sono quelle che vengono raccontate la sera quando i piccoli, ma anche i grandi, sono pronti per andare a letto, perché la notte quando il sonno ci rilassa e ci fa riposare, i sogni possano farci vivere emozioni e farci viaggiare in mondi fantastici.

In un lontano tempo futuro la terra sarà totalmente trasformata e l’uomo vivrà in sculture di vetro per acchiappare la luce solare, si sposterà con mezzi a energia solare, farà la spesa al computer e il suo avatar lo sostituirà per giocare, allenarsi, studiare, leggere e raccontare storie.

L’uomo mangerà gli insetti che, essendo l’unico cibo proteico utile alla sua sopravvivenza, saranno in continua riproduzione e abiteranno la terra in tutti i luoghi possibili, tranne che nelle case di vetro perché qui non riusciranno a entrare. Mangerà anche le verdure che saranno moltiplicate in ambienti umidi o si arrampicheranno in verticale sui muri delle città.

L’acqua sarà un lusso per gli abitanti di questa terra futura, i fiumi e i mari avranno pochi pesci e poca vegetazione, solo alcune specie sopravviveranno e saranno protette.

Le città saranno tutte interconnesse, e l’uomo sarà capace di leggere il pensiero. Parlerà poco e scriverà attraverso segni convenzionali che si chiameranno “fantascrittura.”

Questa terra futura si chiamerà Sterra, i suoi abitanti, sterrestri, i nomi di tutte le città del mondo inizieranno per “S”, così come tutti i nomi degli animali, dei vegetali, dei fiumi, dei mari e delle cose animate conosciute.

Provate a chiudere gli occhi e immaginate questo futuro… Non è poi così lontano.

L’unica cosa che l’uomo non potrà mai distruggere saranno i sogni e l’immaginazione.

Siamo nell’anno 2095.

Sbianca e Slio e il Natale.

Sbianca era una ragazzina di dieci anni, aveva la pelle bianca e gli occhi chiari, assomigliava tantissimo al padre, addirittura aveva anche i suoi modi di fare, e aveva preso dalla madre i capelli ricci e neri.

Suo fratello Slio di sei anni, era il suo esatto contrario, aveva la pelle nera e gli occhi scuri e i capelli erano biondi e lisci come quelli del padre.

Abitavano a Slucca in una casa di vetro tutta loro, in Via del tempo perduto al numero 22446677.

In quell’anno Sbianca e Slio avrebbero cambiato casa e si sarebbero trasferiti su una piattaforma in pieno oceano perché sia il padre, sia la madre dovevano lavorare a un progetto che avrebbe recuperato il relitto di un transatlantico che era affondato già da cinquant’anni.

La piattaforma era grande come un’isola e vi era stata costruita una vera città con case di vetro anche a tre piani, giardini pensili, gabbie fosforescenti che attiravano insetti di tutte le forme e dimensioni, strade e stradine di ciottoli rosa e bianchi, e scuole con le aule circolari con grandi computer girevoli che si chiamavano Mastrocomputer e trasmettevano lezioni di lingua e di matematica a secondo dei gradi che avevano gli alunni.

C’era un grande supermercato a forma elicoidale col tetto piatto dove atterravano i droni spesa che erano carichi di prodotti che provenivano dai continenti e una piazza giochi circolare consentita solo agli avatar degli abitanti della piattaforma.

Sbianca e Slio quando sbarcarono sull’isola erano super emozionati e non vedevano l’ora di cominciare a vivere lì.

La loro casa era a due piani, semicircolare, l’aria filtrava da un sistema di aerazione direttamente collegato al vespaio del pavimento, le stanze erano divise da pannelli di fibra naturale coloratissima con porte invisibili che si aprivano al tatto. Ogni stanza aveva un bagno di pulizia della persona che avveniva senza l’uso dell’acqua ma con un getto potente semi-caldo di una nuvola bio-vegetale disinfettante. Sbianca e Slio avevano due letti gemelli uno verde acqua e uno rosa pallido.

La cucina era un rettangolo superelettronico che forniva insetti cotti a richiesta e verdure crude che un forno cucinava dopo una veloce programmazione da remoto.

Le vitamine si prendevano all’ingresso della scuola: dopo aver digitato il proprio nome, una macchinetta girevole ti consegnava sulla mano tre pillole colorate che si dovevano sciogliere in bocca prima di entrare e subito dopo un getto bio-vegetale super sottile e impercettibile irrorava tutta la persona per disinfettare. Così avveniva anche all’ingresso di tutti i posti di lavoro.

Sbianca e Slio erano abituati già a quel sistema che ormai si attuava da anni in tutti gli stati della Sterra.

Appena entrati a scuola, dovevano seguire un percorso che aveva un colore diverso a secondo del grado scolastico e dovevano seguire le lezioni che duravano 40 minuti attraverso uno schermo sul banco. Fra una lezione e un’altra c’erano 15 minuti di sosta e chi lo desiderava poteva rilassarsi attraverso il suo avatar.

Slio aveva un avatar che assomigliava in tutto e per tutto a un super eroe che si chiamava Spider- Man e Sbianca ormai da anni aveva un avatar scelto da un cartone animato dei tempi passati, che amava tantissimo, era la regina del ghiaccio e si chiamava Frozen.

Tutto il mondo del sapere era stato infilato da illustri scienziati e da storici importanti in un computer megagalattico in continuo aggiornamento che si trovava a Scapo Snord in un centro di elaborazione dati che provenivano da tutti gli stati della Sterra.

Tutti potevano accedervi per fare ricerca, per studiare, per colmare le proprie curiosità ma nessuno poteva sottrarne un benchè minimo contenuto.

Sbianca e Slio avevano scoperto lì i loro eroi preferiti e lì attraverso i loro micro computers facevano domande e avevano risposte.

Si avvicinava il 25 dicembre e a scuola il Mastrocomputer aveva dato come compito a casa di fare una ricerca sul “Natale”, una parola a tutti sconosciuta.

I fratelli si dettero da fare e scoprirono cose inimmaginabili.

Scoprirono che moltissimi anni a dietro nelle case si riunivano per festeggiare il Natale, che quella parola sconosciuta era legata alla nascita di un bambino divino che si chiamava Gesù, che in suo onore si faceva il presepe con una grotta scaldata da due animali molto buffi che si chiamavano Bue e Asino, che su quella grotta si fermava una stella cometa così luminosa da attrarre moltissima gente che veniva alla grotta per conoscere quel neonato.

Scoprirono che nelle case si portavano piccoli abeti e si adornavano di fili di luci a intermittenza e di palline colorate lucide e sfavillanti e che esisteva Babbo Natale, un omone alto e grassoccio con una lunghissima barba bianca che aveva una slitta trainata da sei animali molto strani che avevano lunghe corna sulla testa e si chiamavano renne. E che Babbo Natale riceveva lettere da tutti i bambini del mondo che esprimevano i loro desideri e chiedevano a lui di esaudirli.

Infine scoprirono che durante quel giorno così importante le famiglie si riunivano per fare festa. Anche questa parola non conoscevano.

Durante la festa mangiavano cose che Sbianca e Slio non avrebbero mai potuto immaginare: la pasta al forno, il tacchino ripieno, i broccoli fritti, il panettone, il pandoro, un elenco così lungo da lasciarli senza fiato.

Dopo quella ricerca, la notte non riuscirono a dormire, intorno a loro girava tutto quello che avevano scoperto, e mille pensieri si affollarono nelle loro teste. Mille domande alle quali non trovavano risposta.

Era davvero esistito il Natale e Babbo Natale e la festa con i doni e quel cibo così strano?

Così si misero d’accordo che avrebbero scoperto l’indirizzo di Babbo Natale e la notte successiva quando tutti dormivano avrebbero scritto una lettera a quell’indirizzo e non sapendo come fare per inviarla, l’avrebbero lasciata andare nell’oceano senza farsi accorgere da nessuno.

Caro Babbo Natale, io mi chiamo Sbianca e sono una bambina di dieci anni e mio fratello si chiama Slio e ha sei anni. Abbiamo scoperto che tantissimo tempo fa esisteva una festa che si chiamava Natale. Oggi non esiste più. Abbiamo anche scoperto che, in questa festa, tu, sopra il carro trainato dalle renne, porti regali ed esaudisci i desideri dei bambini. Noi speriamo tanto che tu esista ancora e così abbiamo pensato di scriverti e di farti sapere quali sono i nostri desideri. Noi vorremmo che nella nostra casa il giorno 25 ci sia un grande abete illuminato da mille lampadine e colorato da mille palline, un presepe con l’asino e il bue, la stella cometa e il bambino Gesù, che la nostra tavola sia imbandita con una tovaglia rossa e sopra ci sia la pasta al forno, il tacchino ripieno, i broccoli fritti e il pandoro. Ti ringraziamo tanto caro Babbo Natale se esaudirai i nostri desideri.

Quando finirono di scrivere Sbianca e Slio si guardarono negli occhi.

“Pensi che abbiamo chiesto l’impossibile?”  disse Slio.

“Penso che se davvero esiste Babbo Natale, tutto è possibile” rispose Sbianca.

Quella mattina uscirono di casa in anticipo per lasciare la lettera sull’onda dell’oceano e chiesero al vento e al mare di portarla a Babbo Natale.

Furono giorni d’attesa, il 25 si avvicinava e loro non stavano nella pelle.

Cosa accadrà a Sbianca e a Slio? Babbo Natale riceverà la loro lettera?

Sbianca aveva pensato e ripensato a come proteggere quella lettera per Babbo Natale. L’acqua del mare l’avrebbe distrutta in men che non si dica e allora digitò sul suo micro computer: “come si invia un messaggio nell’acqua?” e scoprì che un metodo efficace poteva essere quello di inserire il messaggio dentro una bottiglia, sigillarla con un tappo ermetico e lasciarla andare dentro l’acqua e sperare che potesse raggiungere qualche spiaggia sul continente e fosse trovata da qualcuno.

Così fece, inserì dentro alla lettera l’indirizzo di Babbo Natale, la piegò stretta stretta e la inserì in una bottiglia piccolissima di vetro che aveva conservato dopo averla svuotata dalle perline colorate divenute ormai introvabili e che facevano parte della sua collezione di cose “perse per sempre”, la chiuse con attenzione e assieme a Slio incrociò le dita mentre la vedevano galleggiare sull’oceano sempre più lontana fino a che scomparve.

Mentre Sbianca e Slio riprendevano le proprie attività e la notte immaginavano che i loro desideri si realizzassero, sognando a occhi aperti, la bottiglietta dentro il mare fu spinta dalle onde e dal vento verso la parte più settentrionale dell’oceano Satlantico.

Dopo un viaggio lungo, pieno di pericoli, con le onde altissime che la catapultavano anche a centinaia di metri, si adagiò sulle sponde gelide semighiacciate della Snorvegia e qui avrebbe finito il suo viaggio sennonché scivolò in un buco nero profondo centinaia di metri e rotolò, rotolò, rotolò. Là sotto c’era un mondo nascosto, un mondo dimenticato che tutti avevano pensato fosse andato distrutto, c’era il villaggio di Babbo Natale, chiuso per sempre sotto terra.

Tutto si era conservato come ai tempi in cui il Natale si festeggiava in tutto il mondo.

La bottiglietta si schiantò frangendosi in mille pezzettini di vetro su un manico di scopa che un Elfo, aiutante di Babbo Natale, stava adoperando per spazzare il pavimento.

“Oh, oh”, fece l’Elfo, “e tu da dove arrivi? Mi toccherà lavorare di più per raccogliere tutti questi vetrini. Ohi, ohi e pensare che avevo già finito.”

Girandosi intorno mentre spazzava, vide quello che sembrava un pezzetto di carta piegato e lo stava per mettere nel secchio della spazzatura quando, aggiustandosi gli occhiali sul naso, riuscì a leggere: “Per Babbo Natale”. Restò per un attimo interdetto, erano anni e anni che nessuno scriveva più a Babbo Natale.

Cominciò a correre mentre gridava: “Una lettera per Babbo Natale, una lettera per Babbo Natale, una lettera per Babbo Natale”.

Tutti gli Elfi accorsero a quell’annuncio. “Non gridare” disse quello più anziano, “Babbo Natale sta dormendo. Fammi vedere questa lettera”.

L’Elfo gliela consegnò mentre tutti gli altri si misero in cerchio in un brusio di voci, curiosi di sapere. C’era chi chiedeva: “ma come ha fatto ad arrivare?”. Chi si domandava: “ma siete sicuri che sia una lettera?”. Chi suggeriva: “Dobbiamo fare attenzione”. Chi diceva: “Sarà sicuramente una trappola”. Chi sosteneva di buttarla, chi di aprirla, e alla fine fecero una confusione così grande che non si capiva più niente.

“Silenzio!”, sentenziò l’Elfo più anziano, e tutti si chetarono mentre lui con quel pezzetto di carta in mano stava prendendo la sua decisione.

“Elfi, amici miei, dobbiamo essere contenti, dopo anni che siamo rinchiusi sotto terra, questa lettera è una speranza, ma prima di trarre qualsiasi conclusione, penso sia venuto il momento di svegliare Babbo Natale”.

Allora gli Elfi, in perfetto ordine, si misero in fila per raggiungere la stanza del trono dove, in un letto di velluto rosso, Babbo Natale dormiva. Si disposero intorno a lui e l’Elfo più anziano lo svegliò.

“Ohibò, che succede? Sarà sicuramente una cosa importante se mi hai svegliato. Si è rotto il generatore delle lampadine? O forse si sono fermati gli orologi? O per caso le renne hanno perso di nuovo le corna?”

“Oh no, Babbo Natale niente di tutto ciò, è successa davvero una cosa straordinaria”.

“Dimmi, orsù, non tenermi sulle spine”.

“E’ arrivata questa” e mentre glielo diceva, gli porgeva la lettera tutta piegata.

Babbo Natale che si era appena svegliato, si ritrovò fra le mani quel foglio rigirato e lì per lì non avendo gli occhiali sul naso non riusciva a vedere di cosa si trattasse.

“Ohibò, ohibò” borbottò, “impossibile che sia una lettera … ”

Ma dovette ricredersi, mentre tutti stavano col fiato sospeso, lui inforcò gli occhiali, aprì quel foglio e dopo aver letto, rimase senza fiato.

Quando si riprese, disse: “Si chiamano Sbianca e Slio. Sì, sì, è proprio una lettera e fanno una richiesta. Finalmente! Ma io lo sapevo che prima o poi qualche bambino sarebbe tornato a sognare. Coraggio Elfi! E’ arrivato il momento di rimetterci all’opera, quando un bambino chiede, Babbo Natale risponde”.

Lesse a tutti la lettera e tutti esultarono. Ma c’era un problema: come sarebbero usciti da quel luogo sotto terra per esaudire i desideri di Sbianca e Slio?

Ritrovarono il punto da dove la bottiglietta era venuta fuori, era un buco largo come una pallina da tennis. Decisero che avrebbero scavato per fare una galleria e permettere al carro trainato dalle renne di uscire, così si misero a lavoro e tutti sappiamo quanto siano forti e capaci gli Elfi di Babbo Natale e ora c’era un motivo in più: due bambini avevano ricominciato a sognare e i sogni dei bambini hanno un potere magico. Durante la notte scavavano e il giorno costruivano balocchi e facevano pacchetti.

Bastò la sola lettera di Sbianca e Slio a ridare a Babbo Natale la forza di tornare sulla Sterra per esaudire desideri che non esistevano più.

La notte del 24 dicembre tutta la Sterra si illuminò di lampadine colorate a intermittenza e in ogni casa c’era un abete pieno di palline fosforescenti, una stella cometa, un presepe.

In ogni casa dove c’era un bambino, un regalo infiocchettato era stato depositato sotto l’albero.

La mattina del 25 dicembre, Sbianca e Slio si svegliarono e non credettero ai loro occhi.

Il Natale era tornato, aveva l’odore del passato, di una tavola imbandita di rosso con ogni pietanza dimenticata profumata di buono, di un abete illuminato e colorato e sotto, c’era qualcosa in più a quello che avevano chiesto: un vestito di Frozen per Sbianca e un vestito di Spider-Man per Slio. Sbianca e Slio pensarono che se esistono i sogni, tutto è possibile.

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