Premio Racconti nella Rete 2016 “Aiuto. . . sto affondando” di Alessandro Boschi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Entro in casa; Ad accogliermi non c’è nessun saluto, nessun cane scodinzolante, nessun abbraccio, nessun :- Ehi come è andata la giornata?-
Mamma e papà sono andati a fare una vacanza alle Maldive nella speranza di recuperare un amore che non c’è mai stato e di ritrovare un’armonia anch’essa mai esistita.
Vogliono combattere contro un destino che era già stato deciso tempo addietro.
Ma come spesso accade nella vita, le persone non seguono un filo logico, esse preferiscono andare a casaccio seminando distruzione e infelicità.
Metaforicamente parlando la relazione dei miei genitori è come una nave, che già dal varo dimostrava grandi falle e grossi danni, ma che invece di essere subito riparati sono stati solo rattoppati così che ,almeno da fuori, sembrasse una nave pronta a salpare.
Non avevano pianificato nulla: rotta, obbiettivi ed equipaggio furono lasciati al caso dato che l’unica cosa importante era salpare.
Avevano fretta, di cosa non lo sapevano nemmeno loro.
Ma le cose fatte così non funzionano…tutti lo sanno, ma nessuno lo mette mai in pratica. Una nave con i buchi nello scafo non può intraprendere un viaggio lungo una vita, questo è logico, ma la logica si sa non appartiene al genere umano.
Già dopo pochi mesi il loro sbaglio gli era evidente.
Solo che invece di ammetterlo e riportare la nave in secco decidono di rimanere a bordo e quando imbarcano troppa acqua rischiando l’affondamento si fermano nei porti per rimuoverla.
Nel caso di mio padre i porti sono rappresentati dalle segretarie del suo ufficio appena ventenni e dalle sbornie con gli amici.
Per mia madre invece sono i vestiti, i locali chic, le amiche idiote, l’estetista…insomma spendere denaro.
E così sono andati avanti 30 anni.
Ma dopo 30 anni la nave è marcia e le sempre più frequenti tappe ai porti non possono più salvare la situazione.
Ora non gli resta altro che trovare le parole per comunicarci, a me e a mia sorella la scelta del divorzio, credendo di farci un dispiacere.
Come qui sopra accennato, essi hanno imbarcato sulla loro barca anche 2 figli, me medesimo e mia sorella Ginevra.
Dei saggi capitani non avrebbero mai imbarcato dell’equipaggio in una barca marcia sulla rotta del naufragio. I capitani saggi affondano da soli con la nave.
Ma loro sono troppo deboli ed egoisti per affondare da soli e quindi trascinano nel baratro anche l’equipaggio per giunta non volontario.
Mia sorella Ginevra ha 24 anni ed è bellissima. E’ la copia giovane di nostra madre.
E’ alta, gambe infinite, occhi nocciola, capelli lunghi e lucenti, pelle perfetta.
Studia o farei meglio a dire frequenta la Bocconi. Abita in un appartamento in viale Zara a Milano. L’appartamento, un regalo dei miei genitori è al penultimo piano di un bellissimo palazzo antico.
La casa, composta da tre camere più salotto, cucina e 2 bagni è stata interamente arredata da un arredatore che l’ha trasformata in una casa fredda e spoglia, come l’anima dell’inquilina.
Non ho nulla da recriminare all’arredatore, dato che lui è pagato per non usare il suo talento e buon gusto, ma per comprare le cose più costose e brutte.
L’unico mobile scelto e comprato da Ginevra è il letto con un comodissimo materasso in lattice.
E’ anche forse il mobile più usato. Ha visto più uomini nudi quel letto di un bagno in stazione centrale.
Come già detto, ogni membro della suddetta nave cerca i propri porti ove ristorarsi….per mia sorella esso è rappresentato dalla soddisfazione indotta della carne.
Non è altro che una ragazzina annoiata e ricca con una famiglia che sta affondando.
Come condannarla…vedeste come è bella.
Vi starete chiedendo quale sia il mio porto…io non ho porto.
Non ne ho mai voluto uno.
Non riesco a mentirmi e a fingere di essere felice.
Dei miei 26 anni non ho nulla da raccontare, perché non ho fatto nulla. Ho sempre sperato in un futuro migliore, rimanendo ad attenderlo.
Ho aspettato un miracolo.
Ma dopo 26 anni ho trovato la soluzione per non affondare con la mia famiglia…abbandonerò la nave prima che affondi, passando a come si è soliti dire ” a miglior vita”.
Uniche testimoni di queste mie parole sono la serie di medicinali esposti in fila sulla mia scrivania di mogano.
E’ giusto che siano loro ad ascoltarmi. Infatti è grazie a loro che mi salverò dal naufragio.
Vi devo molto mio caro cocktail mortale.
Apro la scatola con scritto Moment. Gettò il libretto d’istruzioni per terra, sapere gli effetti indesiderati non mi serve e il dosaggio massimo consentito mi serve solo in virtù del fatto che lo voglio raddoppiare.
Mi piace il rumore delle scatole dei medicinali, un misto tra sfregamento e schioppettio metallico.
Prendo un bicchiere d’acqua. Mando giù quattro pillole.
Decido di fumarmi un’ultima sigaretta.
Esco nel giardino. Guardo la piscina.
Assurdo quanto poco venga usata. Ricordo che alle medie un compagno mi disse :-Hai la piscina in casa? Allora ti diverti moltissimo-.
Non so cosa risposi, ma di certo non compresi l’entusiasmo del mio compagno. Per la verità non lo comprendo ancora adesso.
Ma son molte le cose che non comprendo.
Decido di terminare il mio giro in giardino, dato che l’aria gelida e umida di Febbraio mi sta facendo rabbrividire.
Ritorno in camera. Prendo cinque aspirine.
Voglio scrivere un biglietto d’addio ,ma non riesco a pensare ne’ al contenuto ne’ al destinatario.
Apro l’armadio a muro e con l’aiuto della sedia prendo uno scatolone con scritto “ricordi”.
In uno scatolone è racchiusa la mia insulsa vita.
Mi ritrovo subito in mano un disegno delle elementari nel quale rappresento in maniera stilizzata e lineiforme la mia famiglia. L’insieme di stanghette variopinte rappresentano più precisamente me, mio padre, mia madre e mia sorella piccolissima, abbracciati. Ci fa da sfondo una casa, che è più bassa di mio padre. Sorrido all’idea di quell’infantilismo sulle proporzioni.
Dietro c’è scritto :- Alla mia famiglia la migliore che ci sia
Bambini…..ho sempre sentito dire che sono la bocca della verità, a volte i modi di dire sono così poco veritieri.
Prendo un numero imprecisato di gocce di Xanaz, tanto che senso avrebbe contarle.
Trovo una foto di classe della 3° elementare. Sono così piccolo. Me ne sto lì, sorridente abbracciato ad un compagno. Mi ricordo di quel giorno; eravamo tutti contenti di saltare la lezione per fare la foto.
Dopo la foto siamo rimasti in giardino a giocare a calcio. Vorrei tanto tornare indietro e dire a me stesso quanto sarebbe stata difficile la vita.
Prendo 2 pillole antidepressive di mia madre, 2 pillole anticoncezionali di mia sorella e un calmante di mio padre.
Sorrido all’idea che ingerendo le loro medicine è come se ingerissi una parte di loro. Ad uccidermi saranno le medicine che gli servono per superare le loro debolezze. Infelicità per mia madre, sesso per mia sorella e ansie per mio padre. Quindi sono stati loro ad uccidermi.
Incomincio a sentirmi strano. Non mi rimane molto tempo, devo fare in fretta.
Trovo una foto che ci rappresenta tutti insieme su di una spiaggia in Costa Smeralda.
I nostri corpi sono abbronzati. I capelli miei e di mia sorella sono bagnati, dato che avevamo appena fatto un bagno nel mare.
In effetti quella vacanza non era stata poi tanto male……
La testa incomincia ad essere pesante. Provo un fastidioso formicolio alle mani ed ai piedi.
Mi stendo sul tappeto. Lo stomaco si sente come la spiaggia Omaha in Normandia durante sbarco.
Mi avvicino lo scatolone dei ricordi e la scatola contenente veleno per topi.
Non mi rimane molto, i dolori si fanno sempre più acuti.
Ho paura, non della morte della quale non vedo l’ora, ma ho paura che essa si faccia attendere troppo causandomi ulteriori sofferenze.
Preparo il veleno per topi e faccio per mettermela in bocca, ma la mano non reagisce al mio comando.
Improvvisamente il corpo è di piombo.
Raccolgo tutte le energie e butto giù la polverina mortale.
Ora ho ufficialmente superato il punto di non ritorno.
Vomito.
Mi cade l’occhio su una lettera nella scatola dei ricordi.
Era la lettera di auguri per il mio 21° compleanno. Avevo rimosso il ricordo di essa.
C’è scritto:
Ciao figliolo! 21 anni che gran età.
Sappi che ti adoriamo, sei la cosa più bella e importante che abbiamo mai fatto.
Sei tutto per noi. E’ vero le cose non vanno sempre come si vorrebbe , ma la vita è così.
Noi ti vogliamo bene e sappi che insieme si può risolvere tutto. Noi siamo una famiglia, e per te ci siamo sempre, basta chiedere.
Mamma e papà.
Ciao fratellino!!!!!
Lo so che sono io quella più piccolina, ma sono più alta di te!!!!
Dai ti voglio bene adesso che ti hanno regalato la macchina ce ne andiamo a fare un viaggetto?
Posso portare anche Kevin? E’ un ragazzo che ho conosciuto in discoteca è simpaticissimo.
Ti adoro La tua sorellina Gi.
La vista si fa sfuocata. Le lacrime hanno ormai invaso i miei occhi e stanno solcando le guance riversandosi sul parquet.
Sono rannicchiato nella cosiddetta posizione fetale, del bambino.
Così ero quando sono nato e così sarò alla mia morte.
Faccio in tempo a prendere la foto di noi in Costa Smeralda….è proprio vero non era stata una vacanza brutta anzi si potrebbe benissimo dire che eravamo felici….forse lo eravamo davvero, ma io non me ne sono accorto.
Ho giudicato la relazione dei miei secondo i miei metri di giudizio, ma il problema è che non ho nessun metro di paragone dato che non ho mai avuto una relazione.
Il mio corpo è in preda agli spasmi, ma la mia mente è altrove. Essa sta ripercorrendo i momenti su quelle spiagge, mia madre che mi spalma la crema, mia sorella che mi stressa per giocare a tennis, mio padre rilassato che legge il giornale all’ombra dell’ombrellone….
Mente e corpo non sono più uniti. Questo fa del mio corpo un cadavere e della mia mente…bhè lo scoprirete voi stessi al momento della vostra dipartita cosa sarà della vostra mente .
Ho ufficialmente abbandonato la nave e anche questo mondo. Ciò che ora ho realizzato è che non ero mai sceso nella stiva a controllare la reale gravità di quelle falle e che soprattutto non essendo un esperto di navi non ero la persona più indicata per giudicarne la relativa gravità.
Epilogo agghiacciante! Una presa di coscienza, arrivata nel momento in cui non è possibile tornare indietro. Triste, ma le ultime righe sono un monito inequivocabile.
Mi piace molto!
Anche a me è piaciuto molto complimenti!
Bravo Alessandro! Il tuo racconto mi è proprio piaciuto! Scorrevole, originale, e ho trovato molto interessanti gli spunti riflessivi che offri. Hai scattato una foto su questo strano mondo che stiamo vivendo molto realistica e malinconica, perché oggi più che mai il vero ostacolo da superare per essere felici e far felici gli altri siamo noi stessi… Complimenti.
Cronaca da ‘l’altro’ mondo, si direbbe. E che cronaca!, analisi spietata di una famiglia come ce ne sono tante, profilo chiaro del mal di vivere e lucida determinazione del protagonista a porvi fine. E in chiusura quella nota amara, la solitudine, la felicità non riconosciuta… un sottile filo di malinconia ritarda il congedo dal protagonista, così infelice, del tuo bel racconto.
“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice” scriveva Dostoevskij.
Hai concesso al tuo protagonista di avvedersene soltanto dopo aver valicato il punto di non ritorno.
Il racconto, suggestivo e avvincente, mi è molto piaciuto.
Una metafora tra la vita e la nave. Bell’idea. Lo stile è un po’ troppo frammentario per i miei gusti. Comunque un testo toccante e profondo.
Un attimo prima di valicare il confine scoprire che forse valeva la pena restare….un bello spunto di riflessione su quanto la nostra percezione della realta’ puo’ essere a volte diversa da cio’ che in effetti e’.