Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2023 “La redenzione di Ignazio Pilati” di Alfredo Tamisari

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Ignazio Pilati, 90 anni ben portati, industriale di successo, stimato e ammirato da tutti, aveva passato tutta la vita a lavarsi le mani. Questo perché aveva sempre testato su di sé i nuovi prodotti prima di metterli in commercio e i prodotti della sua fabbrica erano soprattutto le saponette. Ma anche per il problema che gli si presentò verso i 50 anni: un disturbo ossessivo-compulsivo che lo portava al bisogno irresistibile di lavarsi le mani ogni dieci minuti.
Adesso, giunto al momento di passare la mano, decise di sottoporsi alle sedute psicanalitiche che a suo tempo gli erano state consigliate. Il figlio, che avrebbe dovuto prendere le redini dell’impresa, cercò di dissuaderlo: «Vedrai papà che la pensione cancellerà il tuo disturbo… in fondo è solo una malattia professionale».
Ignazio Pilati temporeggiò, ma senza trarne beneficio. Provò a usare le saponette della concorrenza, anche quelle più scadenti. Ma senza esito, anzi con l’aggravante di un fastidioso eczema tra le dita che rendeva necessario il ricorso a frequenti lavacri medicamanentosi.

Il primo incontro con lo psicanalista fu disastroso. Gli era stato consigliato di “destabilizzare il rituale” lavandosi, ogni dieci minuti, non più le due mani contemporaneamente, ma alternativamente prima una mano e la volta successiva l’altra: insomma, una mano lava l’altra.
Quando tornò a casa, Ignazio Pilati si trovò di fronte al dilemma della scelta: quale mano per prima? La destra o la sinistra? Telefonò allo psicanalista che lo convocò urgentemente nel suo studio.
«Caro Ignazio – gli disse lo psicanalista – è come prevedevo, e del resto il suo nome e il suo cognome me lo avevano già fatto intuire».
«Ma cosa c’entrano il mio nome e il mio cognome?»
«I nomi sono un destino. Ignazio: sa chi è l’ignavo? Pilati: sa chi è stato Pilato? Per il prossimo incontro legga il Canto III dell’Inferno di Dante. Lo commenteremo poi insieme».

Dopo la lettura dantesca, Ignazio Pilati ripercorse la sua vita in un lungo esame di coscienza e poi si recò dal suo confessore: «Padre, finora ho vissuto senza infamia e senza lode. Ora vorrei redimermi».
Il prete lo esortò: «Figliolo, quello che è stato è stato, l’importante è averne conquistato la consapevolezza. Ora impara a scegliere e a scegliere sempre il bene senza mai lavartene le mani».
Ignazio Pilati congedò lo psicanalista e cercò di mettere in atto i consigli del confessore. Ma il disturbo compulsivo continuava a perseguitarlo, anzi gli sembrava peggiorato. Gli intervalli tra un lavaggio e l’altro si erano ridotti a 5-7 minuti.
Decise allora di trascorrere in casa il minor tempo possibile.

Vagava tutto il giorno per le strade della città consumato dall’ansia e con le mani sempre in tasca per il timore di sporcarsele.
Una sera, mentre stava tornando a casa, vide in fondo al viale della Stazione centrale un assembramento di giovani incappucciati, armati di bastoni. Avvicinandosi udì le loro urla. Avevano circondato un clochard intimandogli di andarsene. Ignazio Pilati cercò di farsi largo tra i giovani, gridando: «Lasciatelo stare, che cosa vi ha fatto!». Uno dei giovani, minacciandolo con una torcia, gli diede uno spintone facendolo cadere nel mezzo di una pozzanghera, accanto al clochard. Ignazio Pilati avvertì subito un forte odore di benzina. Ebbe la forza di risollevarsi e di trascinare con sé il clochard: «Vieni, vieni, ti porto a casa mia, scappiamo!».
In quel momento, l’ululare delle sirene preannunciò l’arrivo della polizia. Gli incappucciati si dispersero, quello con la torcia gridò: «All’inferno dovete andare!». Il clochard era già avanti, mentre Ignazio Pilati, bloccato da un lancinante dolore al torace, si era dovuto arrestare.
Cadde avvolto dalle fiamme.
In ambulanza, già agonizzante, si guardò le mani ustionate. Mai le aveva viste così nere, così sporche. «Le mani, lavatemi le mani, lavatemi le mani!» supplicò esalando l’ultimo respiro.

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2 commenti »

  1. Che triste storia.

  2. La morale di questa favola è che le mani non vanno tenute in tasca, ma usate per il bene del prossimo.
    Dunque no all’ignavia, all’indifferenza. Il protagonista riesce a redimersi. Ignazio Pilati diventa un eroe donando la sua vita.

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