Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2018 “Notte stellata” di Jessica Venga

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

A volte, sul campanile dalla strana punta mi ritrovo a pensar sul mondo.
Beh, il mondo, io non l’ho mai visitato tutto. Voglio dire, deve essere una cosa immensa: i miei compaesani dicono che è piatto, rettangolare per la precisione, mentre gli studiosi più insigni (che abitano sempre nel mio paese) continuano ad affermare che sia sferico, o perlomeno ellittico. Cosa significhi ellittico, questo lo ignoro, mi sto solo soffermando sul loro latinorum. Sempre che la parola ellittico provenga dal latino.
Purtroppo non ho mai messo il naso fuori dal mio paese, né lo ha fatto nessuno, neppure quegli studiosi. Il mio vicino di casa asserisce sempre che lui era arrivato vicino a quello strano cipresso insieme a un suo amico che dopo aver fatto un passo in più era caduto giù. Il mio vicino non ha mai saputo definirmi cosa fosse quel “giù”, ma immagino che oltre il mondo ci sia una sorta di cielo infinito. Chissà, magari un giorno quel suo amico potrebbe capitombolarci in testa dall’alto. Ah, che dico! Sarebbe alquanto improbabile visto che è caduto verso il basso!
Ad ogni modo, il mondo deve essere bello grosso: io stesso non sono mai arrivato al cipresso, il punto più lontano che ho raggiunto è stata la casa con le travi gialle, marroni, rosse e nere. Dietro questa chiesa non ci sono mai andato, ma riesco a vedere delle enormi colline celesti. Beh, non sono celesti, o almeno lo credo. Voglio dire, qui è notte tutto il giorno, il paesaggio ha sempre un’atmosfera illuminata dal chiarore lunare.
Comunque sia, nessuno si è mai mosso da qui. Personalmente, sono un ciabattino da molto tempo e non mi sono mai lamentato del mio lavoro (solo dei miei clienti, quelli della casa di cui poc’anzi ho scritto non pagano mai), ma ho la passione della pittura sin da quando ero un bambino.
Ho preso in mano il primo pennello a sette anni e non ho più smesso. La mia prima tela fu il grembiule da cucina di mia madre, vi dipinsi una sorta di paesaggio. Ricevetti due schiaffi in viso per questo. Quindi decisi che avrei dovuto dipingere su tela, ma purtroppo non ho mai sfondato in ambito pittorico. I miei modelli sono semplicemente gli edifici davanti a casa mia o i passanti. A volte ho ritratto mia moglie, ma il suo naso aquilino non la rende un buon soggetto. Non diteglielo, ma non è proprio una bella donna.
Ho provato a dipingere anche dal campanile, ma l’unica cosa che vedo diversa dal paese è la strada piena di curve e quel benedetto cipresso di cui tutti vediamo solo la chioma. Deve essere un cipresso molto alto. Mia cognata dice che oltre la strada di fronte alla chiesa ci deve essere per forza una ripida discesa nella quale è piantato il cipresso, altrimenti non si spiegherebbe perché ne si veda solo la chioma. Insomma, da qualche parte un tronco deve pur esserci!

La vita in paese è strana. Voglio dire, è tranquilla: ogni giorno il solito via vai, ma credo che ognuno di noi si ponga delle domande, in fondo.
Qual è il senso della vita? Me lo sono sempre chiesto. Se nessuno ha mai avuto il coraggio di andare al di là del paese, a parte il tizio che è morto, o almeno così pare, che senso ha essere rintanati qui? A volte mi sento come uno dei personaggi dei miei quadri, intrappolati in una tela dalla quale non possono uscire. E se tutti noi non fossimo che dentro un quadro? Se tutto ciò che ci circondasse fosse solo fantasia, fosse solo il frutto del pennello di un altro pittore che a sua volta si trova dentro un altro quadro dipinto da un altro pittore che si trova in un altro quadro? E se invece non fossimo, peggio ancora, che personaggi di un libro che non fanno altro che muoversi secondo la volontà del perfido scrittore? Allora niente avrebbe senso. Ma anche fossimo artefici del nostro destino, quale sarebbe il punto? Alla fine ci deve essere un pittore, o uno scrittore, non possiamo mica essere nati dal nulla! Oppure sì? E nel caso fosse così? Se fossimo nati per caso e morissimo per caso?  Ha senso porsi tali questioni? E se fossimo parte di un dipinto, potremmo cambiare il nostro destino?
Continuare a porsi domande inutili toglie tempo e spazio. Se devo scrivere novemila parole, farò bene a stringere la questione. Beh, sto scrivendo questi pensieri per una sorta di concorso letterario che si chiama “Pensieri sul campanile”. Beh, sì, a volte scrivo.

Una cosa buffa del nostro paese, ammesso che ce ne siano altri, è il cielo. Ometto il fatto che il fantomatico cipresso si scagli sul firmamento come una lingua di fuoco nero e paia volerlo trafiggere, dirò soltanto che la luna e le stelle sono enormi. E non sono solo grandi, sono anche sfumate! Mi spiego meglio: il blu del cielo si unisce al colore dorato delle stelle creando degli affascinanti vortici di colore. Alcune volte, d’estate, mi sdraio sul giardino di casa mia con mia figlia (che ha ereditato lo stesso naso della madre) e guardiamo queste immense stelle. Mi sembra di essere illuminato da qualcosa di divino, come se fossimo così vicini a loro da bruciare ma che quegli astri ci salvino la vita. È una sensazione davvero complicata da spiegare. Fatto sta che il cielo occupa gran parte del paese. Se ti affacci da una finestra, oltre i tetti delle case, l’unica cosa che vedrai, oltre al cipresso e alle colline, sarà soltanto quell’enorme cielo notturno. Chissà se oltre quel cielo ci saranno altri mondi, altri quadri o altri libri, chissà se quelle stelle sono così buone come penso. Mi sono sempre chiesto se siano abitate. Sono così grandi! Voi non lo sapete ma sono a vista d’occhio più grandi della mia città: se è vero che vediamo più piccole le cose lontane come asseriscono quegli studiosi, allora devono essere davvero enormi, anzi, enormissime, sempre che esista tale parole. Dovrei chiedere a uno studioso, magari a quello che mi ha insegnato a scrivere. Insomma, le stelle sono enormissime, quindi possono benissimo essere abitate. Chissà se ci vivono omini verdi come si va dicendo in giro… secondo me gli abitanti delle stelle non sono come noi uomini, cioè antropomorfi (parola che mi ha insegnato il mio maestro), devono essere diversi. Forse sono simili ai rettili, qualcosa come le salamandre o i coccodrilli: sono molto simili tra loro, non trovate? I coccodrilli sono solo più grossi: per il resto, sono tali e quali alle salamandre. Una ragazza che conosco dice che le stelle sono abitate da lampionai che accendono sempre la luce impedendo al buio di prendere il sopravvento facendo brillare così quegli astri. Secondo me non è vero: d’altronde, come puoi dar fiducia a una ragazza che si raduna i capelli in tre trecce? Nessuno crede a una che si acconcia con tre trecce!

Un’altra cosa meravigliosa che vedo affacciandomi, ma da un’altra angolazione, è il bosco. Nessuno è mai stato nel bosco. Sono nate perciò molte favole su di esso per spaventare i bambini più temerari: la più terribile di queste narra di un fanciullo che dopo essersi perso nel bosco è divenuto un fantasma e vaga tra gli alberi in cerca di casa, e se incontra qualche bambino lo uccide perché non vuole sentirsi solo. La leggenda narra anche che quando di notte si sente fischiare, non è a causa delle fronde degli alberi scosse dal vento, ma dallo spirito che grida aiuto. Beh, poi ci sono le storie sui lupi mannari, gli orchi, le fate cattive (sì, le fate cattive)…
Io non ho mai creduto a nessuna di tali leggende, ma non sono mai andato nel bosco. Non perché abbia paura del bosco in sé per sé, ma perché in fondo ho il terrore di cadere nel vuoto come l’amico del mio amico. Alla fine, anche io ho paura dell’ignoto, come tutti. C’è chi dice che le sfide mettono adrenalina, ma io sono sicuro che tutti abbiamo paura di qualcosa, e in genere ognuno di noi ha paura di qualcosa che non conosce. Altrimenti, perché per sconfiggere una paura bisognerebbe affrontarla? Io ad esempio, temo le api. Sì, le api, quei minuscoli insetti gialli e neri. Ne ho sentito parlare, ma qui è sempre notte e le api non ci sono. Ho sentito dire che hanno un lunghissimo pungiglione che ti può uccidere e che amano rincorrere gli esseri umani. Io non ho mai visto un’ape, la conosco solo dai racconti: forse, se ne vedessi una, cambierei idea. In fondo, chi me lo dice che le api abbiano veramente pungiglioni lunghissimi o che pungano o che possano uccidere addirittura un essere umano? Mia figlia, una volta, aveva paura dei gatti. Pensava la volessero sgraffiare: quando ne vedeva uno correva via urlando. Poi, un giorno, un gatto nero è entrato in camera sua quando era sola. Mi ha raccontato che ha urlato, all’inizio, poi ha osservato l’animale camminare nella stanza, saltare sul suo letto, pulirsi un po’ il pelo e dopo una decina di minuti si è avvicinata. Il gatto ha miagolato e lei è sobbalzata, ma poi si è seduta vicino a lui. Si era incuriosita. Il gatto, allora le era salito in braccio. Immaginate quanto possa aver gridato mia figlia! Eppure, l’animale non l’aveva sgraffiata, bensì le aveva annusato una mano e le aveva leccato l’indice. Allora lei si era calmata, lo aveva guardato e aveva iniziato ad accarezzarlo. Hanno fatto subito amicizia, e non ho potuto far altro che tenere quel gattone nero. Quello che voglio dire è che se mia figlia non avesse conosciuto un gatto, avrebbe ancora continuato a temerlo. Forse, se andassi nel bosco, capirei che non ci sono strane voragini che ti buttano nel cielo o sottoterra, ma affrontare una paura è una grande impresa e non tutti ci riescono. È più facile additare persone o cose con strane etichette come “il gatto graffia”, o “il bosco è pieno di fantasmi”, o “le api pungono” o ancora “le persone col naso adunco sono truffatori”, così almeno ci si evita lo spavento e ci si sente anche più forti.
Beh, chissà se oltre le montagne, oltre il bosco, oltre il cipresso, il mondo continui o ci sia una voragine, chissà se le stelle siano abitate, chissà se il bosco sia infestato da fantasmi, chissà se questa città è solo parte del dipinto di un famoso pittore: io, intanto, mi godo questa notte stellata.

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4 commenti »

  1. Jessica, mi è piaciuto il tuo racconto, sembra quasi di essere insieme alla voce narrante dentro il quadro di Van Gogh e di scorgere, anzi meglio, provare ad indovinare il mondo al di là della cornice.

  2. Grazie mille per il commento. Sono lieta che il mio racconto sia stato di tuo gradimento.

  3. Un punto di vista davvero bello. A tratti sembrava un racconto di Buzzati, pieno di mistero. Ottima idea davvero!

  4. Gessica ti ringrazio tanto per il tuo commento, dettagliato e sentito. Son contenta ti sia piaciuto l’incipit. Ci ho lavorato tanto di lima!!! Grazie ancora

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