Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2012 “Quando la manager ascolta Chopin” di Saverio Sam Barbaro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

 Guardavo il lungo tavolo elegantemente apparecchiato al centro del giardino,  un’armonia di posate, piatti, tovaglioli, palpabili note di un concerto muto.  Perdonate il paragone: amo la musica più di me stessa. Quando,  per la prima volta a quindici anni, una coetanea mi invitò davanti al computer per ascoltare l’ouverture della rossiniana Semiramide, sentii un brivido corrermi per tutto il corpo. Avevo sempre ascoltato musica pop e l’impatto con la classica mi travolse al punto tale che, stordita, senza capire la natura esatta dell’emozione che mi assaliva, chiesi scusa alla mia amica e corsi in bagno a masturbarmi. Così ho continuato a fare sino ad oggi, ormai sulla soglia dei trent’anni.  (Doverosa precisazione: ho continuato ad ascoltare musica classica, non a correre d’improvviso in bagno a masturbarmi.)  In ossequio a questo mia rocciosa  e metafisica passione non avevo trascurato di pagare un’orchestra che avrebbe suonato durante tutta la cena da un angolo del giardino. Il mio esperto di musica aveva stimato in dieci metri la distanza giusta che doveva intercorrere tra la fonte del suono e i convitati. Non ero certa dell’esattezza della sua valutazione. Ma non mi sentivo di deluderlo con inutili e cocciute obiezioni.  Il poverino era in crisi per la mancanza di lavoro e ne stava cercando uno da dieci anni, dunque dal giorno successivo al conseguimento della sua laurea. All’annuncio che l’avevo assunto (non per meriti ma solo perché mi attizzava da morire)  nella mia neonata azienda, l’entusiasmo lo aveva travolto. Aveva afferrato il suo sacco a pelo ed era corso nel  giardino del locale destinato alla festa con l’intenzione di trascorrervi lì – se necessario- tutta la notte, ma con un’unica perplessità. Non essendo mai stato un esperto di musica,  aveva assunto alle sue dipendenze il fratello gemello, goccia d’acqua identica alla sua. Nel cuore della notte,  da un punto del giardino, avevo visto uno dei fratelli provare a dar fiato dentro una trombetta di quelle usate a Carnevale e l’altro, a pochi metri di distanza, goffamente curvato in avanti con la mano vicino all’orecchio, lanciargli segnali che  sapevano di sì, no, quasi e quasi quasi.  Avrei dovuto sentirmi indispettita dall’uso di una ridicola trombetta in sostituzione del suono carezzevole di un’orchestra. Ma vedevo i due lavoratori notturni muoversi davanti a me come smarriti scolaretti e riuscivo a perdonarli di questa loro (grave) colpa. Il mattino del giorno dopo,  tornando in giardino per far disporre il tavolo ai camerieri, avevo visto i due fratelli distesi sull’erba dentro i loro sacchi a pelo, sotto un tetto di rami, che russavano al ritmo della Marcia Turca di Mozart. Qualche metro più in là due tipi mi aspettavano con aria bellicosa. Erano gli avvocati mandati dai vicini.  Il suono monotono e lacerante della trombetta aveva impedito a tutti loro di chiudere occhio. Ci  accordammo per un piccolo indennizzo. Quello stesso mattino, la mia esperta di public relations venne a trovarmi  per discutere  l’annuncio che aveva messo in rete. Era anche per lei il primo lavoro. Pardon. Di lavori ne aveva fatti tanti ma io ero la prima persona che le avrei dato un pò di spiccioli veri. Si fidava di me ed io di lei.  Eravamo state compagne di banco a scuola e poi, per otto anni sino ad oggi, imbronciate e disilluse marciatrici, gomito a gomito,  lungo il sentiero polveroso della disoccupazione. Sedemmo davanti al computer sull’erba, e potei cominciare a leggere.

 

SPLENDIDE FESTE DI  SEPARAZIONE

 

  organizzate per voi che spaccate la coppia come una mela. In allegria.

 

  Rivolgersi all’agenzia      A R C O B A L E N O  D E L  F U T U R O

                                    

  Cell 321….                   Indirizzo di posta elettronica….

 

Non lacrime e dispetti ma rilassati sorrisi di addio.

 

Mi aveva guardato pendendo dalle mie labbra. “Che ne dici?” “Un annuncio reso efficace dalla tua grande padronanza del linguaggio, un vero parto letterario.” Sapevo di esagerare. Si trattava di pochi righi. Ma lei voleva essere rassicurata da me che ero  il suo datore di lavoro. Quel lavoro che aveva cercato per tanto tempo. “Dimmi qualcosa di più” disse con voce quasi supplichevole. Mi strappava il cuore. Esitai. “Paragonabile” dissi poi d’istinto senza pensare a ciò che dicevo “all’orgasmo di un’elefantessa che si accoppia con il capobranco. Va bene così?” Mi abbracciò commossa. Gongolava. Gongolavo anch’io. Diventavo manager. La mia intuizione era stata come il colpo di piattelli che si distingue da dentro il suono di un’orchestra: metter su un’agenzia che si sarebbe occupata di Feste di separazione. Non mi restava che tentare di accalappiare il maggior numero possibile di clienti. Era rimasto proprio questo l’ultimo dei miei problemi.  Per il resto, sarebbe stato un lavoro stuzzicante, avrei personalmente scelto le arie da proporre.  Prima tra tutte quella celebre della Traviata, Sempre Libera. Le poverine con le palle piene per la convivenza con il marito quasi ex l’avrebbero gradita più di tutte le altre splendenti melodie.Mi sentivo nei panni di un direttore di orchestra pronto a dare il primo colpo di bacchetta. La telefonata sul cellulare di una settimana prima era sembrata dare l’avvio al sospirato concerto. Era di mio padre.  “Sta per arrivare il tuo primo lavoro.” Mi ero illuminata. “Dimmi qualcosa di questa coppia pronta a dirsi addio.” “L’importante è l’assegno che ti daranno. Li accompagnerò io stesso, da te.”  Ed ecco il gran giorno. I rami dell’albero sotto cui mi trovo mi sovrastano come loggioni zeppi di adoranti musicofili in attesa che le prime note rotolino per il teatro. Sono sul podio con la bacchetta in mano davanti ad un’orchestra immaginaria. Il belloccio che mi attizza ha smesso di portare la mano davanti all’orecchio per ascoltare il suono della trombetta. Gli spunta adesso dalla tasca posteriore dei pantaloni mentre, fermo in piedi vicino ad un albero di lato al mio, osserva gli orchestrali provare le note del gershwiniano Summertime.  Sono quelli della vera piccola orchestra che allieteràla Festa di Separazione.  O forse è il gemello del belloccio che mi piace, e quello vero è davanti alla tavola imbandita a guardare i piatti vuoti. Nel dubbio perdo interesse per lui.  Rischierei di tradire il mio fidanzato prima ancora del fidanzamento. Poi una Mercedes scura attraversa il cancello.  Mio padre è al posto di guida. La ferma e ne esce. Da dietro escono le due parti di mela che stanno per scollarsi. Li scruto come fa un becchino verso il cadavere che deve far sistemare nella bara. Becchino? Perché mai? Io sono lo zucchero che mitiga l’amarezza della medicina.  Poi il terzetto viene avanti. Ho un sussulto di sorpresa. Riconosco i due anziani. Sono i genitori di mia madre. L’orchestra attacca il Brindisi dalla Traviata mentre i nonni mi baciano. Poi il nonno mi sorride. “So che tutta la cerimonia sarà mostrata in rete e sulle televisioni locali. Vedrai che pubblicità. Sono i tuoi nonni a separarsi, non lo sapevi? Faranno la tua fortuna, cara.” L’angoscia mi domina. “Siete ancora in tempo a non farlo, nonno. Un cenno, un cenno soltanto, e faccio sparire tutto dal tavolo.  Anzi.  No? Perché mai? Siete invitati a cena da me, e poi tornate a casa, assieme, sino a che morte non vi separi.” Mia nonna fa un passo e riduce la distanza da me. Poi parla a bassa voce.  “E’ una finta separazione  che serve a farti entrare nel mercato del lavoro. Poi io e il nonno andremo all’estero, in una campagna sperduta dove nessuno potrà riconoscerci.  E lì ascolteremo il belato delle greggi. Con la stessa passione che si impadronisce di te quando ascolti una Polacca di Chopin o il Sogno di amore di Liszt.” Si interrompe scrutandomi negli occhi. “Mi ascolti? O pensi ad altro?” Sono turbata. Qual’è la verità? Poi mi dico che una manager non deve mai perdere la sua compostezza.  Provo a dire qualcosa ma faccio fatica a parlare. Intanto dirigo lo sguardo sui musicisti, tutti in jeans e camicia. Sino ad ora, a stento, hanno sbarcato il lunario suonando nei matrimoni. Se la mia azienda decolla suoneranno due volte -statistiche alla mano- almeno per tre coppie su quattro. Matrimonio prima, separazione poi.  E potranno raddoppiare i guadagni. Ed  ogni coppia, dal primo giorno di matrimonio all’ultimo, come in un festoso carnevale dove la musica diventa un’ininterrotta colonna sonora, affiderà le proprie emozioni sul magico tappeto volante delle note.Finalmente riesco a spadellare  una frase. “Perdonami, nonna, se sembro pensare ad altro. Quando un’orchestra suona,  è la musica che pensa per me.”

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1 commento »

  1. ho ascoltato l’overture della semiramide ,ma non mi ha fatto lo stesso effetto , peccato

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