Premio Racconti nella Rete 2012 “Una scrittrice in cucina” di Maria Grazia Todesco
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Entrare di nuovo in quella cucina era stata una cosa bellissima ed emozionante. Era un posto speciale per me. Un luogo unico dove poter ritrovare i sapori, gli odori, i rumori che sentivo da bambina ogni qualvolta varcavo quella soglia, chiamata dalla voce di mia madre. La cucina era parte centrale e ” cuore” di quel piccolo albergo di montagna, che mia mamma gestiva con tanta passione e dedizione. L’albergo è ancora lì, e conserva il suo bel nome antico “Albergo alla Posta”, a ricordare che di sicuro un tempo in quel luogo vi sostavano i viandanti che a cavallo o con le carrozze percorrevano l’intera vallata della Valsugana. Mi sembra di udire il rumore degli zoccoli dei cavalli, che battevano quelle strade sterrate. Quell’albergo deve essere stato una sorta di tappa obbligata per animali e uomini. I primi, rifocillati con della biada fresca, i secondi con i piatti preparati in quella cucina che, molti anni dopo fu luogo di lavoro e di rinascita personale di mia madre. Quella cucina ella la volle conservare così com’era nella sua originaria ubicazione, con le finestre che davano sul giardino. Vicino alla cucina c’era uno stanzino, dove l’elemento che si faceva notare subito era un grande acquaio di quelli di una volta, fatto di granito rossiccio, che veniva chiamato ” el secèr ” ( il lavello ). Accoglieva una grande quantità di piatti, bicchieri, posate e pentolame vario. A me bambina, tutta quella quantità di stoviglie da lavare facevano sempre una grande impressione. Stavano lì in attesa che la Tilde e la Ginetta li lavassero per benino. La Tilde spesso sbuffava dicendo in dialetto veneto: ” Santa pace, no se finisse mai de lavarli! Te ghe pena finìo da lavar quei del mezodì che ze za ora de lavar quei dea sera.” ( Santa pace, non si finisce mai di lavarli! Hai appena finito di lavare quelli del mezzogiorno che è già ora di lavare quelli della sera ). Mia madre nel suo bell’italiano rispondeva invariabilmente ogni volta: ” Portate pazienza care donne. Verrà il giorno che inventeranno anche una macchina che lava i piatti. ” Le due donne si guardavano e rispondevano: ” A sarìa anca ora! ( Sarebbe anche ora! ) La mamma rideva. Quelle tre donne insieme formavano come si direbbe oggi ” un bel team di lavoro “. In quella cucina erano una squadra perfetta. Mia madre ai fornelli, e le altre due a mondare e pulire le verdure, diliscare il pesce, preparare la pasta fresca fatta in casa, e quand’era la stagione venatoria, spennare e pulire i malcapitati uccelli e la cacciagione uccisa a suon di impallinate dai cacciatori della zona. Questi ultimi, sapendo quanto mia madre fosse brava a cucinare la selvaggina, le riempivano il grande tavolo col pianale di marmo di uccelletti e lepri. Io vedendo quella montagna di povere bestiole, cercavo di nascondermi agli occhi delle tre donne, per non essere chiamata ad aiutarle nel compiere l’odioso compito di spennare quei piccoli pennuti. La Ginetta, intanto che spennava le penne e le piume dei malcapitati uccelli diceva:” Questi qua, col so bel toceto e na bona poentina, i farìa resuscitar anca el me poro Bepi.” ( Questi qua, col suo bel sughetto farebbero resuscitare anche il mio povero Giuseppe) . Era vedova, e arrotondava la sua magra pensione lavorando per mia madre. La Tilde invece era una donna tutta intenta a dover fare da capofamiglia, dopo che suo marito era tornato dal Belgio affetto da una grave malattia polmonare, contratta in miniera. Anche per lei il lavoro presso l’Albergo alla Posta, era una sicura fonte di guadagno. Mia madre, sapendo le necesità della numerosa famiglia della Tilde, faceva sempre diverse porzioni di cibo in più e con la massima discrezione soleva dire: ” Queste sono per le eventuali bocche in più da sfamare.” Così la Tilde alla sera se ne tornava a casa contenta, con la borsa della spesa piena di pentoline varie piene di cibo per i suoi cari. I poveri della vallata sapevano di poter contare su mia madre, e un pasto caldo non era mai negato loro. Per tutti era ” Nina la cuoca scrittrice “. Io da bambina non riuscivo a capire perchè la chiamavano così. Dopo la sua morte ebbi modo di riordinare le sue cose personali, e con mio grande stupòre scoprii molti piccoli taccuini con le pagine qua e là in qualche punto macchiate di sugo di pomodoro o d’olio. Leggendo il contenuto di quei piccoli fogli fui presa da una infinita tenerezza. Quella donna, fra la preparazione delle lasagne o di un tegame di odorose e saporite verdure, trovava il tempo di annotare le sue osservazioni sui clienti del suo albergo, o di chiunque vi entrasse. Lo faceva con arguzia e una vena di buon umorismo. 15 dicembre 1958 ore 23,30 : ” Stasera è arrivata una coppia in cerca di un alloggio per la notte. Che tenerezza mi hanno fatto! Si vedeva lontano un miglio che erano amanti in cerca di un po’ di intimità e di un luogo dove essere finalmente ciò che volevano essere. Confesso che li ho invidiati. Quant’è che io non ho più momenti di affetto e intimità con il padre dei miei figli? Tanto, troppo tempo! Ma sì, che m’importa delle convenzioni sociali? Che almeno questi due vivano una notte di felicità tutta per loro.” 23 febbraio 1959 ore 22.00 : ” Oggi si è presentato in bar un povero uomo. Era tutto sporco, con la barba lunga e si vedeva che da giorni non mangiava. Gli ho permesso di fare un bel bagno e poi gli ho servito un buon pranzo. Alla fine di questo sembrava un’altra persona. Anche per stasera posso andare a letto con l’anima leggera.” Questa era mia madre, un’albergatrice un po’ fuori dagli schemi comuni. In una cartellina rossa trovai pure dei racconti scritti da lei. I personaggi e i soggetti erano i suoi clienti, sui quali imbastiva storie d’amore, di vita o d’avventura. Oppure erano gli animali che cucinava, come la storia della lepre Teresa che non voleva finire in salmì. L’Albergo alla Posta è sempre lì, rinnovato e con nuovi gestori, ma ancora oggi molte persone che vi passano davanti lo ricordano come l’albergo della cuoca scrittrice. E io come figlia, mi sento orgogliosa di avere avuto una madre così, da ricordare con infinita nostalgìa.
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Molto coinvolgente!! Mi è piaciuto tanto!
In bocca al lupo!
Linda