Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Seconda chance” di Federico Filippini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Sentii come un flash,

uno zaaaapp,

nel cervello. Spalancai gli occhi, impanicato, vedendo una laida infermiera di mezza età armeggiare attorno al mio esofago con un grosso tubo di plastica. Crocifisso, lungo e steso, su di un lettino immacolato.

Pensai a quelle oche francesi, inchiodate a ingozzarsi a tutta forza. Evidentemente pronto soccorso, un inserviente napoletano strillò: “Hii! S’è svegliato, sé ripiuto!”

Non durai a lungo, mentre altri inservienti cominciarono ad agitarsi come dentro un incubo del cazzo, ebbi un altro blackout, ma riuscii a udire: “Lavanda gastrica!Lavanda gastrica!”

Mi riebbi disteso su di un assurdo letto ospedaliero, attorniato da anziani vegetali seminati uno per ogni lato della stanza

Eravamo in quattro, neurologia immaginai, suonai il campanellino per l’infermiera e bingo!

Orlando Codecà, overdose da farmaci, tenere in osservazione, potenzialmente problematico, tossicomane.

Fredda e imprecisa, come tutte le cartelle cliniche, soprattutto nei reparti psichiatrici,  dovrebbero assumere poeti per redigerle, per infilarci un po’ di amore, di speranza…

Tutto era stato progettato per la sera prima, qualcosa doveva essere andato storto, ovviamente!

Mesi di maniacali elaborazioni mentali, valutazioni pluriangolari, personali e morali, colte disquisizioni con punkabbestia e barboni, e ogni genere di pazzo ubriaco maniaco notturno su cui ero inciampato, mi avevano portato alla comprensione assoluta dell’inutilità del proseguimento della mia esistenza.

Ora dovrei essere morto, perciò sorvolerò le motivazioni che portarono <<all’insano gesto>>, dirò solo che da unpo’ di tempo, le quotidiane assurdità della mortale esistenza squarciavano la mia sensibilità, più del mio soggettivo sopportabile, come quando uno stallone monta un culo vergine, per intenderci.

Così, risoluto, cinicamente, mi apprestai alla fine del dramma, cominciando a organizzare i convenevoli.

All’inizio mi preoccupai per la molestia e l’impiccio che appioppavo ai miei coinquilini, due poveri stronzi a modo loro. Occupavo la mansarda del loro appartamento, tetto spiovente, ampia finestra, polvere accumulata. Un nido ideale per uno sparviero solitario.

Volendo vi si accedeva esternamente,  per farmi i cazzi miei insomma.

L’apprensione cominciò ad ammosciarsi dopo un gin tonic e una birra, vicino al bel fuoco del caminetto scoppiettante.

Accesi una canna e pensai:

”assolutamente niente lettere! Niente stronzate, voglio che abbia la dignità del suicidio di un imperatore, la dignità della morte di Socrate…”

Poi mi disillusi, aprendo una birra andai verso il mio scrigno dei tesori, lo aprii per prendere

scatole anonime con nomi esotici subutex, quanil ,EN e xanax

Tornai al caminetto in compagnia dei miei assassini.

Avvicinai un basso tavolino da drogato alla grossa poltrona, vicino al fuoco, il mio gatto gironzolava annoiato nei paraggi, osservandomi beffardo.

Chi penserà a te dopo Puzzolo??? Forse mia madre, spero tu non muoia in strada, solo come un cane…

Appoggiai sul tavolino un vassoio finto argento e tre bicchieri di cristallo, molto retrò, eredità di qualche zia o bisnonna, li riempii con le pillole che avevo pescato.

Basta dolore, non ne avrei retto un altro milligrammo, niente corde, fucili o lanci nel vuoto, l’aspettativa era quella del dolce inesauribile oblio.

Dopo una doccia, cambiai la biancheria sudicia con quella pulita, vestii un abito nero di taglio classico, camicia bianca e cravatta sottile, converse ai piedi,

infine inforcai degli occhiali scuri.

Andai al giradischi e posizionai un sogno di Nino Rota sul piatto, alzando il volume a otto e mezzo,

con un balzo fui sulla poltrona, svuotai i bicchieri colmi di pillole, ingoiandone manciate, innaffiando i malloppi di compresse con del bordeaux freddo per farle scivolare dentro. La musica cominciò a travolgermi in un incanto di dolcezza e momenti persi per sempre, esplosi attraverso la finestra, direttamente verso l’apice, silurando le nuvole, abbracciai la luna e danzai verso le stelle. Puntai le Pleiadi, purtroppo invano…

Si fece tutto opaco, e nero, persi conoscenza

Non c’era più nulla, neppure io.

Quando mi risvegliai in ospedale, era passato un giorno intero, era mattina presto, e fui dimesso.

Moduli da compilare, facce da guardare, medici di corsia mi fucilavano addosso falsa comprensione e sudicio buonismo, la repulsione esalava dai loro sguardi come miasma.

Infine fui liberato, sotto i portici il vento freddo ti penetrava crudele, mentre la pioggia pressante e gelida offuscava il cielo grigio piombato.

Ma sotto il precario riparo fornito dai porticati, tutti sembravano straripare vitalità e solerzia, tranne me, presi il 19 pensando di incamminarmi verso San Luca.

 

 

 

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10 commenti »

  1. sessanta visualizzazioni e zero commenti sono più tristi del racconto stesso…
    negativi, positivi, è indifferente, il lerciume trattato non è contagioso!

  2. Ciao Federico, purtroppo non tutti gli scrittori sono inclini a commentare i lavori degli altri 😀
    E sì, hai ragione che 60 letture e 0 commenti sono tristi, ma possiamo sempre sperare che il risultato finale ci ripaghi del lavoro.
    Veniamo al tuo racconto: storia interesante e triste com’è triste ogni storia di tossici. Lo stile (ma prendi il mio giudizio con le molle perché non sono un narratore) mi pare troppo sincopato, con troppi capoversi anche dove non ci andrebbero. Una maggiore attenzione alla punteggiatura gioverebbe alla lettura.
    Detto ciò, spero riceverai tanti altri commenti che magari critichino la mia critica, visto che tutti possiamo imparare in ogni momento.
    Se ti va, ti invito a leggere e commentare il mio racconto Passiflora.

  3. Un semplice commento anche da parte mia, siamo tutti in gioco. Scrittura molto originale, idee e verve a fiumi, qualche eccesso verbale che colpisce l’attenzione ma non migliora il racconto.

  4. Federico,
    non te la prendere per le molte letture e per i pochi commenti – come già detto nel mio ultimo, non è che i multi-letti e i pluri-commentati abbiano maggiori possibilità di essere premiati di quante ne abbia tu (te lo dice un vincitore dello scorso anno). Il fatto è che i racconti sono tanti – anch’io ne ho letti pochissimi, sino ad ora, e commentati anche meno – e che il tempo è tiranno!…

    La mia opinione, sempre che ti interessi sentirla, è che tu abbia indubbiamente del talento – la scrittura è giovane, moderna e originale (credo che ti rispecchi molto, in questo senso).
    Il tuo è un testo di quelli che si dice seguano il ‘flusso di coscienza’, buttati giù d’istinto, molto ‘di pancia’. Molto interessante.
    Tuttavia, vi sono alcune cose che puoi – devi – migliorare.

    L’ortografia, anzitutto – quel ‘uno’ flash, all’inizio… probabilmente è un refuso: tuttavia, correggilo – puoi farlo (chiedi alla redazione come fare).
    Trovandosi proprio all’inizio del testo (l’incipit, in un racconto, così come in un romanzo, è essenziale) attrae l’attenzione molto più di quanto potrebbe, e forse dovrebbe.

    La narrazione ‘sincopata’ che ottieni attraverso l’utilizzo dei molteplici capoverso a me piace.
    La trovo moderna e originale, pertinente alla storia.
    La punteggiatura un po’ ‘disattenta’ , a mio modesto parere, rafforza anch’essa la sensazione della realtà frammentata e scoordinata che un tossicodipendente vive ogni giorno.

    Le due caratteristiche messe assieme, tuttavia, potrebbero disturbare molti ‘puristi’ che non amano la sperimentazione – in questo, concordo con Gianluca.
    Al posto tuo, enfatizzerei entrambi i tratti della tua scrittura per farne un tuo ‘marchio di fabbrica’, per così dire; oppure, mi porrei qualche limite, qua e là.

    Il tuo racconto è buono; a me piace.

    L’unica cosa che mi sentirei di consigiiarti (e chissenefrega dei consigli, dirai tu: e vabbe’, dico io, e poi parlo ugualmente) è di cambiare leggermente il finale.
    Due righe in più a giustificare il disagio del protagonista (non che manchi l’ispirazione, nel mondo di oggi: esistenziale; familiare, sentimentale, lavorativo o una combinazione di tutti i fattori) renderebbe la vicenda più godibile – più ‘completa’, se vogliamo.

    Che il tuo protagonista non sia un personaggio ‘brutto dentro’ lo si intuisce da alcuni dettagli (il ‘Sogno’ di Nino Rota sul piatto; il gatto Puzzolo che si auspica non finisca per strada ‘solo come un cane’). Dietro le tue righe ci vedo, per dirne una, un giovane senza lavoro e prospettive, senza speranze – uno che si vede respinto per l’ennesima volta un romanzo da un editore, magari – che non sopporta il disagio di vivere in un mondo che non sente suo. Tutto ciò già lo si intuisce tra le righe del tuo racconto.
    Narrare appena poco di più del vissuto del protagonista, tuttavia (ripeto, un paio di righe sarebbero sufficienti) garantirebbe al tuo racconto quel ‘quid’ in più, conferendo alla storia un senso di completezza e – perché no – anche di valenza sociale.

    Alla fine, ti suggerisco di coltivare il tuo talento: la materia prima c’è.

    Auguri di cuore,
    Nikki

    i

  5. Grazie per i commenti!
    Il mio stile di scrittura è personale e volutamente spigoloso.
    Concordo con Gianluca sull’importanza della sintassi e della punteggiatura, ma una volta apprese il divertimento
    e la libertà, concesse dal mezzo di espressione stesso, è di farle proprie, e volendo stravolgerle.
    Le coloriture a tinte forti, che per Amaso non migliorano, sono una tentazione alla quale mi è impossibile resistere,
    per dirla alla Wilde.

  6. Nikki grazie!
    Le tue parole, i tuoi consigli, gli apprezzamenti, rincuorano la mia anima, grazie ancora.

  7. Lo stile, secondo me, ci può stare. Direi che il personaggio merita un approfondimento maggiore, vorrei capire di più della sua disperazione, vorrei capire di più perchè sia possibile una seconda chance (solo perchè l’ha scampata bella?). Anch’io concordo con Nikki: devi coltivare la scrittura perchè c’è del buono. ciao!

  8. Le osservazioni di Nikki e Silvia sullo stile hanno ragion d’essere. Io, purtroppo, sui racconti di tossicodipendenti sono rimasto antico: Dick, Borroughs, Trench. Pensandoci bene, però, uno stile così frammentario/nervoso (in contrapposizione a frammentario/sonnolento) starebbe meglio a un cocainomane più che a uno che fuma erba e prende antidepressivi. Però mi pare con sia specificato cosa prenda abitualmente Orlando (né so a cosa si riferisca il milligrammo…).
    A me la storia continua a piacere e qualche volta bisognerebbe eccedere il limite consigliato delle 9000 battute per poter dare maggior senso o compiutezza alle storie che inventiamo (se le inventiamo…).

  9. Non c’è di che, Federico, tutto sentito.
    In bocca al lupo
    Nikki

    ps: … e come dice Silvia, ‘facce sape’ de più de ‘sto povero fijetto!!!”
    PS 2 – X Federico, Silvia, Gianluca: ma voi lo rispettate, il limite?… 😉

    Un caro saluto a tutti,
    N.

  10. Nikki, come dici tu Seconda chance e tutti gli altri miei racconti (che non ho pubblicato, in quanto troppo spinti a mio avviso) seguono il cosiddetto flusso di coscienza, non programmo nulla, niente schemi nessuna mappa per orientarsi, accendo il PC e il testo si srotola come avesse vita propria.
    Per questo può sembrare incompiuto! Orlando pensa di salire a San Luca (un lungo portico, paragonabile ad una Via Crucis, che sale per un colle a Bologna per chi non conosce la città), per espiare un sentimento di colpa? Per riflettere sulla sua vita? Orlando è confuso e disperato, si sente un alieno, scaraventato in un mondo che non capisce e dal quale non è capito, tutto qui. Alla fine il racconto appare come un calcio nello stomaco, lascia un senso di amaro in bocca, l’incomprensione oggettiva e soggettiva, questa è la morale.

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