Premio Racconti nella Rete 2012 “La conversione” di Paco Sidney Silvestri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Lucido il crocifisso, con calma e metodo. Ogni giorno. Lo tengo separato da ogni possibile impurità. Mi aiuta a riflettere, mi ricorda come mi devo mantenere io e come ho fatto ad arrivare sin qui.
Violenza e illegalità? Sono stati i miei primi compagni di banco, tuttavia non ho mai accettato l’invito a giocare con loro.
– E’ l’olio del Signore che ti preserva – diceva sempre Padre Brian. Padre Brian mi aiutava col latino, mi insegnava a giocare a calcio e mi ospitava quando mio padre era troppo ubriaco. Padre Brian fu fatto fuori a colpi di mazza da baseball dopo aver fatto una predica contro il pizzo.
L’olio paglierino nutre il legno e lo fa brillare come uno specchio da quando ci sono io. Dico messa da trentacinque anni. Prima di ogni servizio i miei concittadini sfilano uno per uno dentro al mio confessionale cercando assoluzione, confidando nella cristiana misericordia. Quando si pentono li libero, quando perdono tempo li scaccio come cani.
Dopo i primi due anni ho smesso di sentire peccati nuovi. Ormai dal tono della loro voce intuisco ogni parola non detta, ogni particolare sottaciuto, ogni sfida dissimulata al mio ruolo, ogni sfumatura implorante. Ma non mi sono mai stancato di ascoltarli perché sono figli miei.
Il polso mi si indolenzisce come sempre quando arrivo alle ginocchia, ormai lo straccio è pregno di sporcizia ed è ora di cambiarlo. Scendo dalla scala, mi segno e vado in sagrestia a prenderne un altro.
Al mio ritorno presso la scala c’è un uomo alto, con una giacca di pelle. E’ alto, biondo, e ha un sorriso franco e aperto. L’età è indefinibile.
– Mi chiamo Lucio, non sono esattamente cattolico ma vorrei essere confessato, se non le dispiace.
-Sei venuto a confessarti? Accomodati sulla panca che preferisci, arrivo subito.
-Non si preoccupi padre, non ho fretta, finisca tranquillamente, è un po’ che la osservo. Sta facendo davvero un bel lavoro con quel crocifisso! Sembra una bella fatica…
– Mi ci metto prima di pranzo, è la mia mezz’ora di pausa quotidiana, non è poi così faticoso ma mi fa stare bene, probabilmente mi fa sentire più vicino a…Lui… qui sopra… sulla scala, le prospettive cambiano… mi ricarico spiritualmente per la seconda parte della giornata. E poi mi sembra quasi di alleviare la sua sofferenza…devi scusarmi, divago, Lucio ti spiace reggermi la scala mentre scendo?
Costui è strano, sembra anziano e giovane allo stesso tempo. Bacio il Salvatore e scendo dalla scala mentre l’ospite mi indica il confessionale, in silenzio. Entrato lo sconosciuto, finalmente scosto la tenda rossa pesante e mi accomodo. Lucio ha una voce calma e profonda oltre a una dizione perfetta. Lo aiuto a dire l’atto di dolore e poi inizio ad ascoltare.
Mentre mi rilasso il mio mondo esplode.
Precipito da altezze inimmaginabili, infuocato come un meteorite che impatta sull’atmosfera, le essenze del Bene e del Male mi pervadono, indissolubilmente legate ad ogni mia scelta, esperienza, cellula. Fuggire all’influenza di queste categorie è impossibile. Agire, non agire, è sempre una sentenza. E se cambi luogo geografico i problemi invece di risolversi, aumentano esponenzialmente.
Decido di rinnegarle in nome della libertà assoluta.
Lucio parla e dalla sua bocca non escono parole ma fiamme spirituali. Dopo un battito di ali nere ha finito con me e le mie diecimila certezze e mi abbandona, solo, in preda alla nausea e a calde lacrime come la vittima di uno stupro operato da un magnetico seduttore. Guardo l’orlogio, è rimasto seduto con me dentro al confessionale per circa sei minuti. Quel porco figlio di puttana bastardo mi ha rubato i sei schifosissimi e maledetti minuti più irrecuperabilmente gravidi di conseguenze della mia vita e, ne sono sicuro, per quella di moltissime altre persone.
Il collare mi soffoca, i vestiti mi stritolano fradici di sudore come quelli di un maratoneta in fuga, urticanti come uno scherzo malvagio.
L’intera chiesa è un forno che mi brucia l’anima… e il separatore se n’è andato.
Saluto il crocifisso scuotendo la testa, non faccio nemmeno le valigie. Ringrazio l’uomo di legno lucido fino alle ginocchia per l’ospitalità, dopotutto mi ha nutrito per anni.
Io non sono più io ormai, dopo quello che ho vissuto là dentro non ci sono più scelte da fare. Sono solo una formula matematica, la forza di gravità, la prima legge della termodinamica, un cazzo di teorema pitagorico.
La Mia bilancia è stata squilibrata per troppo tempo. Trentacinque anni di spirito incatenato su due tavole di pietra. Mi reco da Roy lo storpio, un trafficante d’armi.
Mi guarda sconvolto, impallidisce alle mie richieste. Lo schiaffeggio per sollecitarlo e Roy balbettando tira fuori la merce. Semtex, uzi, gas e granate. Tutta roba da luoghi affollati. Io l’ho battezzato, io ho parlato con lui quando ha lasciato la scuola, io l’ho fatto uscire dopo che lo avevano messo dentro per il suo primo furto.
Dopodiché mi dedico allo shopping più convenzionale nella via dei Vips, forte di trentacinque anni di risparmi. Ceno innaffiando il caviale con lo champagne sotto gli sguardi esterrefatti degli altri avventori. Infine affitto una suite insieme con tre squillo trovate su un catalogo on line e mi procuro dal consierge albino un fiume di droga e alcool da infilare nei loro e forse nostri corpi. Alle ventidue ho già finito di divertirmi e le butto fuori brutalmente, tanto non sono in grado di lamentarsi.
Dopo una doccia mi rado, questa volta lasciando quel filo di pizzetto che mi sono sempre proibito.
Padre Brian non indulgeva mai alle seduzioni delle apparenze. Padre Brian aveva un rolex grande come la sua testa al polso.
Ripenso ad Amy, adesso saremmo sposati e avremmo qualche marmocchio se non avessi preso i voti. Ripenso a quella donna sposata con cui mi sono frequentato una decina di anni fa, con il mio confessore la chiamavo piangendo “un momento di crisi”.
Mi compiaccio del mio nuovo look e sorrido per me per la prima volta da un bel pezzo. Indosso un completo di Prada, un paio di scarpe che mi chino istintivamente a lucidare da una qualche polvere bianca finitaci sopra mentre con le signore stavamo giocando e di colpo, mi fermo.
Basta lucidare, per oggi. E’ ora di cominciare a sporcare un po’.
-Ed ho un po’ di potenziali fedeli da convertire.
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Breve ma intenso. Incisiva la descrizione dello stato d’animo del prete durante la confessione, momento di trasformazione del personaggio e del racconto, forse troppo repentino ma comprensibile. I’effetto sul lettore è come un pugno sul naso. Mi piace. Non il pugno sul naso ma questo genere di cambiamenti che ti danno una scossa emotiva. Mette in luce la voglia di cambiamento che alberga in profondità dentro l’inconscio di ognuno e che viene alla luce con questo genere di scossoni. Mi sembra lo stile giusto per questo tipo d’intento.
Grazie