Premio Racconti nella Rete 2012 “Lo Stormo” di Massimo Scolaro
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Alba, sveglia, non vedo il chiarore del sole che sorge ma lo avverto, lo sento in ogni organo del mio corpo ancora mezzo addormentato e indolenzito dal poco sonno. Sveglia, alba e un’altra giornata dura di lavoro da portare a termine, per giunta siamo in conflitto con i vicini e ogni giorno potrebbe essere ultimo. Mi alzo dalla mia minuscola cuccetta ricavata nello stanzone dormitorio comune, mi porto prima alle scorte d’acqua per una veloce pulizia mattutina e poi allo stanzone refettorio per la colazione. Colazione poi, eufemismo ottimista chiamarla così, con la scusa che siamo in guerra ci razionano sempre più ogni alimento, prendo la mia ciotola la riempio di cibo per quello che ne può contenere e mi siedo ad uno dei lunghi tavolacci accanto a Agas, anche egli consuma il suo pasto ancora mezzo addormentato e a stento mi riconosce e saluta. Agas, giovane e inesperto, completato il corso di volo non in maniera eccellente, oggi è alla sua terza missione reale, mi toccherà controllarlo e proteggerlo. Agas così desideroso di scendere in campo e volare tra i nemici e non riesce neanche a controllare gli schizzi di cibo sulla sua tenuta di volo, mi guarda e osservo i suoi occhi impauriti che cercano nei miei qualche sorta di panacea ai suoi timori. Io sono uno dei veterani, uno dalla pelle dura fin’ora sopravvissuto a svariate missioni di volo e raccolta, ricambio lo sguardo di Agas cercando di infondergli sicurezza. La mia sicurezza o la mia incoscienza a questo punto neanche più io stesso riesco a capire cosa provi, forse solo totale indifferenza a questa assurda situazione che viviamo giorno per giorno, in attesa che termini lei o noi. Scattano gli allarmi sonori e tutti in gruppo ci alziamo in naturale sincronia per recarci nel salone della riunione prima della missione. La tensione è enorme e tutti tacciono solo un brusio si leva dalla massa di noi che ci muoviamo verso il salone, mi guardo attorno e siamo tanti, uno stormo di volo al completo pronto a prendere le ultime direttive sulla missione, gli obiettivi e le zone da evitare prima di decollare. Siamo tanti tutti attenti ai vari istruttori capo squadra che sul muro illustrano complessi schemi di manovra e volo, il muro è diviso da una linea verticale e su un lato osservo e memorizzo le mappe e gli obbiettivi. I capi squadra impartiscono gli ultimi avvertimenti e le loro raccomandazioni in tono quasi paterno poi iniziano a muoversi verso i ponti di volo ogni uno di loro seguito dalla sua squadra. La stanza enorme miracolosamente ed ordinatamente si svuota di tutti i piloti, è il mio turno con la mia squadra di lasciare la sala, sento la tensione che mi aggroviglia le budella fino a farmele dolere, cerco di pensare a tutte le nozioni appena apprese e provo a far ordine sul vasto materiale immagazzinato, mi servirà e come mi servirà a portare a termine la missione e allo stesso tempo a tornare intatto alla base. La sala di volo è altrettanto vasta e sagomata in pendenza, un lungo e vasto piano inclinato che termina su tre fori e tre rampe di lancio, i più bravi sfruttano la rampa a metà e poi prendono quota, i più imbranati rischiano fino all’orlo e qualcuno è anche caduto di sotto nei decolli precedenti, io non faccio testo e molti dei miei compagni raccontano invidiosi e ammirati del quarto di rampa che è mia abitudine usare per decollare, il minimo indispensabile. Iniziamo il decollo, prendo posto nella mia squadra accanto a Agas e attendo il turno di partenza, per un attimo mi meraviglio e mi perdo nella perfezione dello stormo, la capacità innata di muoversi e decollare in formazione, tocca alla mia squadra e ci lanciamo veloci lungo la rampa per poi staccarci dal pavimento librati in volo. Mi inebria volare, mi inebria guadagnare altezza nel volo, ogni volta è la stessa immensa e fulminante sensazione ed ogni volta come se fosse la prima, ci mettiamo tutti in quota e ci stabilizziamo in formazione, la prima parte del tragitto è tranquilla ma avverto la tensione che vola con noi riempiendo tutto lo stormo, anche io sono teso e cerco di concentrarmi su i miei due obbiettivi primari, terminare la missione e proteggere Agas. Siamo giunti a destinazione, nessun nemico in vista, la squadra si divide in due, i raccoglitori scendono di quota su i bersagli designati, l’altra metà della squadra resta ad altitudine a proteggere l’operazione. Io sono tra questi, sorvolo con gli altri la zona e controllo nessuno giunga di sorpresa sul luogo di lavoro, sono teso, nervoso e cerco di sembrare agli altri calmo mentre volo con loro in formazione. Accanto a me vola anche Agos, mi segue nelle manovre e si fida della mia esperienza, in cuor mio spero di essere un valido esempio per il suo apprendistato. Un segnale d’allarme si diffonde nella parte dello stormo in quota, lo avverto anche io e mi muovo per determinare cosa lo abbia provocato, eccolo lo vedo, non sono i vicini con cui siamo in guerra, peggio è uno dei giganti a due zampe, sono grossi lenti e goffi ma sono anche un enorme pericolo con la loro mole. Si muove avvicinandosi pericolosamente verso la zona di raccolta, viro velocemente e con un gruppo scelto mi porto ad intercettare il nemico, non abbiamo alcuna possibilità di abbatterlo o eliminarlo vista le sue dimensioni, però abbiamo ottime possibilità di mettergli paura e distrarlo per deviarlo dal suo percorso. Argos è vicino a me, voliamo in formazione stretta mentre puntiamo diritti al capo del gigante, gli giriamo intorno cercando di farci vedere il più possibile, si sembra spaventato nel vederci, no mi sbagliavo è solo incuriosito da noi e allunga le mani, sembra quasi faccia tentativi goffi di afferrarci. Mi muovo veloce per scansarlo e con me si muove il mio ala formazione che è Argos, è bravo segue alla lettera ogni mia manovra replicandola identica. Il gigante sembra confuso e muove le sue mani in maniera goffa e smisurata, le alza e le agita portandole in alto, ora sono sicuro la confusione è diventata paura e cerca in ogni modo di colpirci. Passo varie volte tra le sue mani e la sua testa, Argos mi segue nelle manovre rischiose e veloci, qualcosa però va male nell’ultima cabrata e osservo la mano del mostro muoversi verso Argos, non ci sono dubbi riuscirà a intercettarlo e colpirlo, quanto più veloce mi è possibile eseguo un giro su me stesso e su Argos, lo spostamento d’aria provocato dalla mia manovra alquanto ravvicinata riesce a spostare Argos di lato ma mi porta a mia volta nella traiettoria della mano, non ho tempo di fare o pensare altro che subisco in pieno tutto l’impatto dell’arto. La fine, cado lento verso il suolo, non riesco a pensare a tutto il dolore che provo mentre vado veloce verso il basso, forse non voglio badare a l’unico pensiero che si fa strada dentro di me. Tutto questo, il dolore giorno per giorno, la guerra e la vita di stenti che sembra non voler mai terminare, giorno per giorno affanni e sofferenze per le privazioni, forse ho cercato solo una fine rapida ed indolore a tutto questo, oramai non serve più niente pensarci mentre impatto sul terreno ed un ultima eterna tristezza mi invade. Mamma gadda che ho tovato, un bimbetto vestito con una tutina rossa si muove traballante lungo il sentiero di un giardino privato. Mamma mi tenti gadda che ho tovato, ripete allegro mangiucchiando le parole che ancora non riesce a pronunciare, una manina stretta a pugno agita in aria mentre con la manica dell’altra si pulisce la bocca sporca di briciole, data l’ora mattutina sicuro residuo di colazione appena consumata. Mamma mi tenti e dai veti che cosa ho tovato, una donna piegata su un cespuglio di rose stacca alcune foglie morte e poi si volta verso il piccolo. Su sono curiosa di vedere cosa ha trovato il mio ometto, a queste parole il bimbo apre la mano verso la donna rivelando il contenuto, l’espressione della donna muta da dolce ed affettuosa verso il bambino in una maschera di schifo mista a terrore. Sul palmo della mano del piccolo una grossa ape giace morta e inerte, l’ho ammattata io urla il piccolo in tono trionfante senza badare allo sguardo basito della madre. La donna con un colpo stizzita fa cadere l’insetto dalla mano del piccolo e poi lo prende frenetica e lo gira come ispezionandolo, stai bene non è che ti ha punto, brutte bestiacce l’ho detto mille volte a tuo padre che deve chiamare qualcuno per far abbattere quei due grossi alveari. Il bimbo perplesso viene sommerso e contagiato dall’isteria violenta della donna iniziando a piagnucolare mentre in terra un minuscolo insetto morto riflette i raggi del sole mattutino.
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