Premio Racconti nella Rete 2012 “Alla mia bambina” di Linda Sabbadin
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012“Lucia sei sicura che non vuoi che ti accompagni?”- chiese Marta davanti al cancello.
“No, faccio due passi”.
“Tesoro non sei nelle condizioni di andartene in giro da sola”.
Ma Lucia era già troppo distante per sentirla.
La donna guardò la strada e scelse volutamente la più lunga.
Marta era la sua migliore amica, ed era lei che aveva analizzato le sue analisi quella sera. Era proprio lei che le aveva confermato che ormai non le sarebbe rimasto molto.
Lucia camminava lentamente. Era dicembre, e l’aria, per soffiare, sembrava servirsi di piccole lame taglienti. Ma lei era troppo assente per sentirle pungere su di sé. A tratti guardava il cielo nero, infinito, avendo quella sensazione terribile di sentirsi soffocare. Quella sera anche il cielo era troppo piccolo per contenerla. Troppo maledettamente piccolo per contenere tutta la sua paura.
Arrivata a casa aprì la porta dopo averla spinta più volte. La sua adorata casa. Quella in cui era stata piccola e poi grande, e ora, in quel momento, forse, piccola di nuovo.
Il corridoio era buio e Lucia non accese la luce. Anche al buio però, riusciva a percepire l’ordine che vi era dentro, la pulizia, le cose sistemate maniacalmente al loro posto. Sua madre era così. Tutto doveva essere perfetto nella sua casa. Era un modo ossessivo per compensare al disordine che da sempre aveva dentro di sé.
Salì le scale, sempre al buio, e con gli occhi pieni di lacrime entrò nella stanza di Maria. La sua Maria, la sua piccolina. Già sulla soglia della porta riuscì a percepirne il respiro. Lento, tranquillo. Le sembrò di sentire anche il suo cuore, battere forte come la prima volta che gliel’avevano appoggiata al petto. Erano già passati due anni e Maria era la bambina più bella del mondo. I boccoli castani, gli occhi grandi color nocciola spalancati al mondo, le mani sempre tese verso gli altri. Perché lei si fidava di tutti, e a chiunque la prendesse in braccio dispensava giganteschi sorrisi.
Lucia accese la luce del comodino, perché ormai quel buio che le impediva di guardare il viso della sua bambina era diventato insostenibile.
Si sedette sulla grande poltrona vicino alla culla, la guardò, e cominciò a cantare sottovoce una ninna nanna: “Ninna nanna ninna oh, questa bimba a chi la do”. Già, a chi l’avrebbe data? Chi le avrebbe insegnato a vivere? Chi l’avrebbe protetta dal mondo, dandole la spalla su cui piangere o su cui ridere? Non c’erano soluzioni, se ne sarebbe occupata sua madre. Era una donna forte. Con le sue mille manie certo, ma forte. D’altronde non c’erano alternative visto che Maria un padre non ce l’aveva. O meglio, suo padre non aveva voluto prendersi cura di lei.
Lucia era sconvolta, ma sapeva cosa fare.
Si alzò dalla grande poltrona che stava accanto alla culla e si sedette sulla seggiola rosa della scrivania. Non fu facile trovare un angolo in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie: piccoli soprammobili fatti ad animali, giocattoli vari, un ciuccio, un libro di favole, ma alla fine riuscì a ricavarsi uno spazio.
Sospirò. Prese una penna e un foglio. Poi sospirò di nuovo, stavolta più lentamente. Guardò un attimo verso l’alto, quasi a voler trovare un’ispirazione divina, ma tra tutti quei pupazzi sarebbe stato impossibile trovare qualsiasi cosa.
E dopo un terzo, stavolta profondissimo sospiro, prese a scrivere:
Maria, amore mio, sono la mamma.
È un sera fredda di dicembre, sono nella tua cameretta, e ho appena scoperto che purtroppo non potrò starti accanto come pensavo. Marta mi ha appena confermato che questa sarà una delle ultime sere che potremmo passare insieme, io e te. Vorrei dirti tante cose, ma non so da dove cominciare.
Dire che sei la cosa più bella che mi sia capitata credo sia banale e scontato, e dire che tu sei l’unico motivo che avrei di rimanere è altrettanto banale e altrettanto scontato. Non potrò vederti crescere, non potrò farti sorridere e non potrò neanche farti piangere, perché purtroppo una madre, a volte, fa anche questo: ti fa piangere. Ma lo fa solo per proteggerti, e per aiutarti, in futuro, a ridere di più e a soffrire meno. Perché tesoro, a volte soffrirai.
La vita è un miracolo. Ogni mattina apri la finestra, guarda il sole, e ricordati di amarlo, perché splende per te. Ascolta tutti i rumori, perché l’armonia che creano, è per te. Chiudi gli occhi e guarda il mondo, perché scoprirai che ciò che non puoi vedere è ancora più bello, che ciò che non hai mai preso in considerazione perché troppo distratta, è una realtà sfuggevole ma meravigliosa.
Nonostante ciò, niente ti terrà lontana dalle cose brutte, niente impedirà alle tue guance di bagnarsi di lacrime. Nemmeno io avrei potuto, e forse questo un po’ mi consola. Ma ricorda anche che finché avrai qualcuno che te le asciugherà, nulla è perduto.
Sei ancora piccola ora, ma tra non molto comincerai ad interagire con le persone: bambini e bambine, poi ragazzi e ragazze e infine uomini e donne. Scoprirai che ridere e giocare è stupendo, ma farlo insieme è ancora più bello. Avrai delle amiche a cui dirai tutto, con cui starai al telefono per ore e ore a parlare. Farete cose incredibili insieme, che ti rimarranno dentro per sempre. Ma sarà con lei, la tua migliore amica, che parlerai di tutto, è a lei che dirai anche quello di cui ti vergogni. Ed è lei che forse un giorno ti tradirà. Perché le persone alcune volte ti tradiscono.
Ricorda che il mondo è un enorme teatro, un palcoscenico dove molti amano indossare una maschera: la maschera dell’amica, del fidanzato, della persona buona, e poi, quando la gettano via davanti a te, tu finisci per sentirti usato e deluso.
Tu questa maschera non usarla mai. Ama chi secondo te è giusto amare e non prendere in considerazione chi non ti merita. Attieniti alle regole di questo grande spettacolo che ogni giorno va in scena, che è quello della vita, senza mai farti mettere i piedi in testa, essendo sempre buona e generosa, ma essendo sempre te stessa.
Un giorno arriverà qualcuno che ti vorrà diversa. Arriverà il ragazzo dei tuoi sogni di cui ti innamorerai perdutamente, un ragazzo qualunque vestito da principe azzurro che vorrà plasmarti a suo piacimento.
Non farlo. Non lasciare che gli altri prendano il comando e giochino con te come se fossi l’eroina di un videogioco. Fai in modo che chi ti ama ti ami per quello che sei, e che nessuno voglia bene ad una persona che sta nel tuo corpo ma che non sei tu.
Fai tutto quello che ti senti di fare. Fai, nel limite del buon senso e del rispetto verso te stessa e gli altri, tutto quello che secondo te è giusto fare. Se senti che una cosa in quel momento ti può fare stare bene falla, perché pentirsi è straziante e vivere di rimorsi lo è ancora di più. Non fare come ho fatto io, non chiuderti a riccio. Mostra la tua anima al mondo senza riserve, senza paura. Se ti va di ridere fallo, se ti va di piangere davanti a tutti bè, fallo tesoro mio, ma non tenerti mai le cose dentro perché un bel giorno finirai per scoppiare.
Non cercare di guardare il marcio in ogni persona solo per difenderti, solo perché poi, se quella persona ti farà vedere il peggio di sé, tu potrai sentirti meno stupida, meno delusa. Cerca di guardare sempre il meglio delle persone, perché la fiducia e l’ottimismo sono una patina che traspare, e ti aiuterà a farti amare più facilmente.
Ricorda che nella tua vita hai un solo scopo: essere felice. Devi cercare di scoprire ciò che può renderti felice e farlo. La società sarà un grande ostacolo in questo, perché vorrà convincerti di ciò che devi fare e diventare per esserlo. Tu non farti condizionare da essa, né da tutti coloro che seguono troppo strettamente i suoi sgangherati consigli: scopri da sola la tua strada.
Non fare mai coincidere ciò che renderebbe felice te con quello che renderebbe felice il resto del mondo. Se un giorno scoprirai che fare la casalinga ti farà felice allora io voglio che tu sia una casalinga. Se invece scoprirai che andare dall’altra parte del mondo a fare una brillante carriera di avvocato potrà farti stare bene sappi che io, da lassù, ti aiuterò a diventare un avvocato.
La ricerca della felicità però sarà una montagna invalicabile se ti innamorerai delle cose che non puoi avere. Innamorati delle piccole cose amore mio, dei gesti banali. Innamorati dei sorrisi. Fatti conquistare dai gesti più normali: l’odore del caffè al mattino, la maglietta che qualcuno ti scalderà sul termosifone quando fuori farà freddo. Se avrai questa sensibilità non sarai mai una bambina capricciosa, una ragazza esigente, una donna insoddisfatta.
La nonna ti seguirà in ogni tuo passo. Fidati di lei amore, e ogni volta che esci guarda il cielo e sappi che io sarò lì a spiarti. Ci sarò sempre, dietro ad ogni batuffolo di nuvola quando il cielo sarà azzurro e dietro ad ogni lampo quando invece sarà nero. Sarò in ogni tuono spaventoso e in ogni fiore che nasce, perché tu sei parte di questo mondo, e finché io sarò nell’ anima del mondo e nelle sue meraviglie, sarò parte di te. Con amore.
La mamma
Lucia, con gli occhi gonfi di lacrime, si alzò dalla sedia e guardò Maria, accoccolata su se stessa. “Chissà se sta sognando” – si chiese – “chissà se si è messa così perché qualcuno nel sogno la sta spaventando”. Se avesse potuto proteggerla anche dagli incubi l’avrebbe fatto, ma Lucia, ormai, non avrebbe potuto più proteggerla nemmeno dalla vita reale.
Uscì dalla stanza con la lettera in mano, scese le scale, accese la luce del corridoio e aprì il primo cassetto del grande armadio del corridoio. Prese una scatola di legno e ci mise dentro la lettera. Fece un breve calcolo, poi prese una penna e sulla scatola scrisse: NATALE 2023. Stava ancora pensando se il calcolo era esatto quando una voce tuonò: “Lucia!”
Era sua madre.
Lucia si sentì come una bambina colta in flagrante a rubare la cioccolata, e costretta a negare con la bocca ancora sporca.
“Ma si può sapere cosa stai facendo? Sono le due di notte. Maria non sta bene forse? E poi con quella scatola in mano che fai? E perché non hai ancora il pigiama addosso?”
“Mamma ti prego calmati. Maria sta bene. Lei sta bene. Senti mamma devo dirti una cosa.”
“Dai Lucy me la dici domani, è tardi. Prendo un bicchier d’acqua e me ne torno a dormire”.
“No mamma ti prego, stavolta è importante”.
Gli occhi di Lucia cominciarono a gonfiarsi.
“Lucia devo preoccuparmi? Dimmi. Sono qui”.
“Lo so mamma, ci sei sempre stata. E dovrai esserci anche stavolta, per Maria però”.
Sua madre non capiva, non ancora.
“Mamma”- supplicò Lucia -“devi farmi un favore”.
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Il tuo racconto è veramente coinvolgente e il dramma che descrivi, vissuto attraverso l’amore di una madre per una figlia, diviene ancora più toccante.
Tanti complimenti!
Giuliana Ricci
Mi sono commossa: il tuo racconto è drammatico e penetra nel più profondo del cuore. Tocca le sfere più alte dei sentimenti, evidenziando l’amore di una madre verso la propria bambina, che va oltre la vita.
Complimenti e in bocca al lupo!
Rita Gallo
Grazie ad entrambe!! Per me è davvero gratificante che qualcuno addirittura si sia commosso. Un enorme in bocca al lupo anche a voi!
Linda
Carino! in bocca al lupo anche a te! 🙂
Grande impatto emotivo e scrittura felice. Bellissimo!
Grazie Mariella!! Grazie per il tuo commento e per avere dedicato tempo al mio racconto.
Mi rende molto orgogliosa.
Un grande in bocca al lupo!
Linda
Da lettore accanito e tecnico trovo il tuo racconto molto coinvolgente, delicato e malinconico si’ ma dotato al contempo di una forza narrativa viva e pulsante. Molto, molto brava.
Jacopo è un complimento stupendo quello che mi fai!
Ci tengo molto a questo mio racconto. Quindi doppiamente grazie!
Linda