Premio Racconti nella Rete 2012 “Cinque minuti” di Luigi Ammaturo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012La voce metallica annunciò il ritardo. Cinque minuti. E’ strano quanto pesi il tempo in metropolitana. In contrasto con la velocità di quel verme d’acciaio, che buca il ventre della città, c’è l’attesa. Cinque minuti. Camminare avanti e indietro contando i passi, pensando a tutto quello non fatto, stanco per la giornata appena trascorsa, deluso per il ritardo che ti allontana dal ritorno. E’ un andare e venire, senza sosta, ininterrotto ripetere di passi, svolte,arrivi e partenze, rumore assordante metallico e silenzio, chiacchiere dell’attesa: metropolitana. Guardo l’orologio, meno quattro minuti.
L’altra mattina come compagne di viaggio ho avuto due donne. Colonna sonora le loro chiacchiere, intervallate dal fischio di partenza e dal segnale di chiusura e apertura porte. Non hanno avuto il buon gusto di tacere, di rispettare quella sonnolenza che accompagna il treno del risveglio, che non è poi tanto diverso da quello della sera. Stanchezza sui visi, silenzio, sonno. Tutti dormiamo, apatici automi di questa vita che ci vive, in un mondo che non ci appartiene, dove vale quello che si ha in tasca e non quello che batte nel petto. Incredulo le ho ritrovate la sera. Sedute allo stesso posto, continuavano a ciarlare ininterrottamente, non sono scese dal treno, vittime dell’idea di comodità del mezzo non hanno voluto, o forse non hanno saputo abbandonarlo. Sono rimaste imprigionate . Guardo ancora l’orologio, meno tre minuti.
Una leggera brezza annuncia l’arrivo di Caronte, mentre noi, anime dannate, rassegnate ad una morte celebrale, in fila, più o meno educatamente, cerchiamo il nostro posto, quello di ogni giorno. Avanti indietro. stesse facce, stesse storie. Mi ritrovo a pensarmi vecchio in un vagone metropolitano, stanco della vita, condannato a vagare nei budelli oscuri di questo labirinto. Guardo di nuovo l’orologio, ci siamo.
Un fremito lungo la schiena. Un idea strana. Raddrizzo le spalle. La voce metallica gracchia dall’altoparlante, ancora tre minuti di ritardo. Non penso, dopo tanta attesa, agisco. Come un gambero ripercorro la strada al contrario. I miei compagni mi guardano, mormorano, ma senza fiatare, comunicano con gli occhi – Che fa? – , – Ma come, torna indietro? – . Io novello Lazzaro rinasco a vita nuova nel gemito metallico della scala mobile. Esco all’aria aperta. Nuove sensazioni. Sole, cielo, brezza, preludio di primavera. Azioni nuove per nuovi risultati. Primo passo: da oggi vado a piedi.
![]()
Leggo e commento volentieri anche quest’altro tuo racconto. E’ incredibile, basta davvero poco. Anche soli cinque minuti di attesa imprevista possono darci l’opportunità di riflettere sulla nostra vita, che spesso viaggia sui binari dell’abitudine e della rassegnazione. Scegliere di cambiare percorso, non solo fisico, e raccontarlo come stimolo per se stesso e per gli altri: complimenti.
Mi è piaciuta soprattutto l’immagine delle due donne sempre al loro posto….spunto per un altro racconto…….e il vecchio condannato a “vagare nei budelli oscuri di questo labirinto” …ci vedo un’altra storia….forse perchè io vedo storie ovunque.
Bello! Da un primo passo nascono le vere rivoluzioni.
Il racconto mi è piaciuto molto perchè sei riuscito ad esprimere idee e sentimenti in modo stringato ma incisivo.
Veramente bello.
Complimenti!
Bel racconto. L’inizio di una nuova storia o semplicemente un breve momento di rivolta, contro la monotonia del quotidiano, chissà. Bravo.