Premio Racconti nella Rete 2012 “Il verso del ragno” di Matteo Pennacchia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Il sole si sta rannicchiando dietro al mare; la linea dell’orizzonte azzurro gli fa da coperta. È quasi il tramonto e la spiaggia bianca ed accecante in pieno giorno ora riluce di lampi smeraldo infuocati. Pennellate dense arancioni si stendono sull’acqua che dorme e nell’aria si spande la quiete di un cimitero, cullata dalla carezzevole ripetitività delle piccole onde che ancora si infrangono con delicatezza sul bagnasciuga, lambendo i piedi di Sarah.
Sarah si passa un dito sotto il naso arricciato dall’odore di salsedine. Osserva bene l’occhio arancione che le sta calando difronte e pensa che, per effetto contrario, il sole ora sta vedendo lei sorgere. Nuvole rosa macchiano il cielo e frecce tiepide si conficcano negli occhi e sul viso di Sarah, che si abbandona lascivamente al martirio, spalancando il corpo. Non si volta neanche quando sente ciabattare dietro di sé e aspetta che il suo compagno le si sieda affianco.
Moris posa con sacra premura una piccola scatola di cartone alla sua destra e senza dire niente si lascia cadere a pochi centimetri da Sarah. Scuote un po’ il sedere, per adattare le sue forme alla sabbia. Quando sta per aprire bocca una smorfia di Sarah gli fa intendere che il momento necessita ancora di essere silenzioso, così ingoia le parole e aspetta. Ma la sua gola frigge, ustionata dall’eccitazione; la sua fibra è una piena a cui Sarah frappone una fastidiosa diga.
Moris comincia a tamburellare nervosamente sulla scatola, sperando che i rintocchi della sua impazienza giungano alle orecchie di Sarah. Le dita zampettano agilmente sulla superficie di cartone, ma la sua compagna pare troppo rapita per darci peso. Solo quando del sole non rimane che un archetto rossastro nascosto dietro il sipario marino Sarah si volta e gonfiando un po’ le guance dona a Moris il consenso di varcare la soglia dell’ipnosi lucente che l’ha imprigionata fino ad ora. Sorride quando la faccia che le sta difronte si tinge di gioia straripante.
” Sei riuscito a prenderli tutti? ” chiede stiracchiandosi.
” Quasi ” le risponde Moris afferrando la scatola, dal cui interno provengono ora dei lievi tonfi. Se la posa fra le gambe divaricate e la accarezza, pregustando ciò che sta per condividere con la sua compagna.
Sarah è costretta a ricalibrare gli occhi, sintonizzati sulla luce rossa che ha fissato così a lungo e che ora ha ceduto il passo ad un fresco azzurro. Moris, tutto tremante d’urgenza, spalanca la scatola con solennità.
” Partiamo con… te! “. Tuffa le mani all’interno per estrarne trionfalmente una rana, poi si affretta a richiudere accuratamente il suo forziere colmo di tesori. Un divertito disgusto si impadronisce dei suoi lineamenti mentre si rigira l’animale fra le mani. ?”Che schifo. È viscida!
Sarah sorride divertita. La rana si dibatte goffamente fra le dita di Moris, che rafforza la presa.
” Sei pronta? ” chiede Moris. Sarah annuisce vigorosamente, d’improvviso partecipe della fremente ebbrezza di colui che le siede accanto.
Moris trae un profondo respiro, quindi cinge le mani attorno alla rana, come in preghiera, e comincia a stringere. Bastano pochi istanti e dall’intreccio di dita spira un gracidio che si fa sempre più flebile e acuto fino a terminare con un ribollente gorgoglio. Moris allenta la presa, riposiziona le mani a scodella e sopra i suoi palmi si affloscia il cadavere della rana. Sarah stringe le labbra, scuote la testa e inarca le sopracciglia, come a soppesare bene i risultati di un esperimento. Moris fa lo stesso, rimirando per bene il corpo immobile disteso sull’altare sacrificale delle sue mani.
” Strano! ” esclama Sarah dopo alcuni contemplativi istanti di silenzio. ” Un verso decisamente particolare “. Moris annuisce concorde. Agguanta una zampa dell’animale, si fa dondolare il corpicino davanti agli occhi per un po’, poi lo getta in mare. Si sfrega le mani.
” Ora proviamo…te! “. Riimmerge le mani nella scatola e quando le tira fuori stringe fra le dita un topolino. L’animale trema convulsamente, tutto impaurito, agitando le zampe rosa cercando varchi che gli permettano una fuga. Moris lo guarda a fondo, poi si gira verso Sarah, divarica gli occhi e indaga il viso dell’altra, come a cercare complicità e ricevere un tacito consenso. Sarah, serrando la bocca e annuendo decisa glielo accorda. Moris ripete l’operazione: congiunge le mani, intrappolando l’animale al loro interno e quindi comincia a fare forza. Sente il topo dibattersi, solleticandogli le dita con il suo pelo morbido, finché uno stridulo urlo in miniatura trapela dai suoi pugni serrati.
” Questo era prevedibile ” dice Sarah. ” In fondo è stato uno squittio, solo poco più forte.”
Moris annuisce. Una sfumatura di delusione gli colora i tratti. Apre i pugni, guarda bene il corpo, ci gioca un po’ passandoselo da una mano all’altra, quindi pinza fra indice e pollice la coda puntuta e dondola l’animale morto sotto il naso di Sarah, come un pendolo ipnotico. Sarah ride, mimando ribrezzo e spingendo via la mano di Moris l’illusionista; questo sorride e disegnando un armonico arcobaleno con il braccio si libera del topo, affidandolo al mare.
Trascorre qualche minuto silenzioso. La luce del giorno va a diradarsi poco a poco, spennellando di tonalità sempre più cupe la tela eterea del cielo. Urli lontani dei gabbiani affamati squarciano occasionalmente l’aria.
” Ho visto mio nonno morire ” ammette Moris di getto. ” Quando è stato il momento non ha fatto nessun verso. Era steso sul letto dell’ospedale e ha fatto solo rotolare l’aria fuori dalla bocca, una specie di sospiro lungo. Ha soffiato via la vita.”
” Be’, è un verso anche quello ” precisa Sarah. ” Non sarà stato strano come quello della rana, ma si tratta pur sempre di un verso. Tutti fanno un verso quando muoiono. Animali e uomini “. Moris si agguanta il mento, massaggiandoselo. Il suo sguardo torvo annega in mare mentre riflette sulle parole di Sarah.
Sarah, notando che l’euforia di Moris si è un po’ spenta, gli rifila una gomitata scherzosa nelle costole. Moris si rianima, si infila un dito nel naso e cerca quindi di toccare Sarah che, divertita, si ripara dall’attacco. I due improvvisano per qualche istante una morbida lotta di braccia e risate, che dona un aroma vivace all’aria fresca della sera che sta facendo il suo ingresso sul palcoscenico sabbioso. Poi, tutto torna quieto.
” Chissà che verso fa un uccello, quando muore ” si chiede Moris.
” Dipende da uccello a uccello ” risponde Sarah. ” Un corvo probabilmente fa così… ” ed emette un sonoro craaaaaaaaaaa, agitando le braccia come grosse ali impacciate, facendo ridere Moris, che dal canto suo risponde: ” Si! Si! Invece una gallina fa così: codèèèèèèèèèèèèè! “. Urla a pieni polmoni e i due scoppiano in una risata che tinge di rosso i contorni del buio che avanza.
” E un ragno? Che verso fa un ragno quando muore? “. La domanda di Moris resta sospesa per aria. Sarah rientra in sé stessa; il dubbio instillatole dall’amico la paralizza per un momento, colpendo ed affondando le sue certezze. Anche Moris si ammutolisce di botto, non riuscendo a sostenere la portata della questione. Poi un lampo gli attraversa gli occhi.
” Scopriamolo subito! ” esclama. Getta frettolosamente una mano dentro la scatola ma non ha il tempo di estrarne nulla che una voce si fa strada da lontano, viaggiando nella brezza serale fino alle sue orecchie: ” Moriiiiiiiiiiiiis! Moooooooriiiiiiiiis! Vieni a casa, la cena è pronta! Chi lo sente tuo padre, se non ti dai una mossa! “. Moris si gira verso l’entroterra e individua in lontananza il punto d’origine del richiamo. ” E’ la mamma ” dice. ” La solita guastafeste! ” e rivolge a Sarah un sorriso di rassegnazione e di commiato. Si sporge verso di lei e posa per un secondo le labbra umide sulla guancia dell’amica. I due si guardano imbarazzati, rossi in viso, poi Moris si alza goffamente.
” Ci vediamo domani ” dice Sarah. ” Tanto fra un po’ dovevo andare via anche io.”
” A domani! ” le fa eco Moris, che già corre verso la madre, alzando sbuffi di sabbia bianca dietro i suoi passi.
Sarah lo guarda allontanarsi. ” Aspetta Moris! Hai dimenticato… ” ma Moris è ormai un puntino nero ballonzolante all’orizzonte.
Sarah osserva la scatola che Moris ha lasciato lì per terra. La scoperchia e si spaventa un tantino quando improvvisamente ne emerge un uccellino. Il piccolo volatile dal piumaggio bruno mitraglia l’aria con le alette e si immobilizza proprio difronte il viso di Sarah; per un momento i suoi piccoli occhietti neri, due puntini scintillanti, si diluiscono nello sguardo della bambina. Quindi, con un singolo cinguettio musicale e con quello che a Sarah pare un inchino a mezz’aria, prende congedo e decolla definitivamente, allontanandosi rapidamente verso il mare. Gli occhi di Sarah lo seguono finché la lontananza non lo rende invisibile.
È ormai quasi totalmente buio. Piccole onde frizzanti ancora solcano l’orlo della spiaggia, leccando le dita dei piedi di Sarah. Rimasta sola, con la sensazione di stare per profanare qualcosa di privato e speciale, tira a sé la scatola e ne individua all’interno un barattolino di plastica trasparente. Questo a sua volta contiene un grande ragno, dal corpo grigio e gonfio e dalle zampe spesse. Si muove lentamente, cercando uno spiraglio in cui infilarsi e da cui evadere. Sarah stappa il barattolino e infila un dito dentro, su cui subito il ragno si fionda, cominciando a camminarle sulle mani. Sarah se le rigira un po’, le scuote, le innalza e le rotea. Il ragno resta sempre lì attaccato, sgambettando fra le dita e sulle nocche della bambina, finché non tenta di risalirle il braccio; ma prima che sia arrivato al polso, con un movimento fulmineo e preciso, Sarah l’ha già schiacciato fra il dorso della mano destra e il palmo di quella sinistra.
” Be’, il ragno non fa nessun verso ” si dice, un po’ delusa e un po’ soddisfatta. Rimane seduta tranquilla, con le mani una sopra l’altra, fino a quando la sera comincia a farsi notte.
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