Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Diario di scuola” di Francesca Bonetti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Ci avevano confinato in una specie di museo. Tutto quello che non serviva finiva accatastato sugli scaffali in bella mostra ad impolverarsi con tutto il resto.In quella stanza si potevano contare almeno 50 anni di storia trai pezzi di un proiettore d ‘epoca,gli animali impagliati ed un fascio di cartine anora ferme su stati ormai del tutto riscritti. Del resto concedere un’aula solo ai bambini con disabilità sarebbe stato molto difficile vista la carenza di spazi . Così io e Giovi, il mio alunno, avevamo dovuto arrangiarci. Con un po’ di testardaggine eravamo riusciti a ritagliarci il nostro angolo proprio dove la finestra dava sul giardino e li’ avevo sistemato un grosso tavolo da falegname che occupava quasi tutto lo spazio.Completavano l’arredo due imponenti seggioloni : quello di Giovi con le rotelle ribattezzato il trono perche’ risultava piu’ alto del mio , ma soprattutto gli permetteva di lasciare la sua sedia a rotelle per qualche ora. Al muro avevo appeso una mensola cosi’ bassa da poterla usare anche il mio artista senza bisogno di aiuto e li’ avevano trovato posto tutti i suoi amati colori.Invece nell’angolo dove c’erano le macchie di umidità avevo sistemato uno specchio componibile fatto di tanti rettangoli adesivi dove ci soffermavamo a scoprire i tratti del nostro volto.Era la mia pima mattina di lavoro dopo una brutta influenza, che mi aveva costretto a letto per 10 giorni. I suoi occhi tristi mi scrutavano silenziosi come se volessero punirmiper l’assenza . “Stai tranquillo ora ci riprendiamo il nostro tempo senza sprecare un istante” lo tranquillizzai.  Mi erano mancate quelle mattine tutte per noi, i nostri colori, i nostri disegni o forse la calma di  quella stanza che metteva a tacere tutta la mia inquetudine. Giovi era arrivato quando avevo deciso di lasciare la scuola per mancana di supplenze ma soprattutto per smetterla con la vita da precario sempre al limite della decenza. Era stato qualificato un caso difficile. Una sfida da rilanciare o meglio da vivere alla giornata come del resto io stesso facevo. Avrei dovuto puntare tutto sulla creatività. Del resto amava sentire sulla pelle la densità della pittura o la consistenza della plastilina da modellare. In fondo quella era l’unica parte del suo corpo libera di esprimersi senza limitazioni. Solo le sue mani come il suo volto erano vivi, quasi difficili da contenere. Ma quella mattina volevo andare oltre  quella stanza,  quel corpo che come il mio  voleva sentirsi libero. In fondo anche la malattia era servita a qualche cosa: avevo potuto riflettere con calma . Appena avevo potuto lasciare il letto avevo sentito il bisogno di liberare la mente e l’occupazione piu’ naturale mi era sembrata quella di tornare in cucina. Non ero particolarmente abile ma negli anni di universita’ la mia camera aveva attirato un giro di amici interessati ai miei piatti. Ci avevo pensato a lungo prima di deciderlo e alla fine avevo concluso che potevo aiutarlo a scoprire i piaceri semplici ma intensi del cibo. Certo non avrei potuto preparare piatti caldi , ma potevo arrangiarmi con delle semplici merende che non avessero richiesto la cottura. Cosi’ quella mattina mi ero alzato di buon ora ed ero passato al mercato. Li’ avevo fatto una bella provvista di frutta : mele,pere, kiwi, banane, fragole e pesche. Poi avevo fatto un salto al minimarket ed avevo acquistato piatti di plastica fondi, forchette e tre bombolette di panna spray per completare la macedonia in bellezza. Quindi avevo caricato tutto nelle due grosse borse che facevano ormai parte del mio corredo scolastico ed ero andato dritto a scuola. La lezione era iniziata come sempre con la sosta in bagno per entrambi, per risciaquare le mani e poi infilare il grosso grembiule da lavoro. Una volta in classe lo sistemai al suo posto di comando nel trono , come sempre con tanta fatica e a quel punto fui pronto per il fuori programma . Di solito sistemavo fogli pennelli e materiale gia’ sul bancone per risparmiare quel poco tempo. Ma quella mattina troneggiavano le mie borse da spesa e lavoro. “Perchè!” mi domandò spazientito  dal momento che non amava i fuori programmi. Cosi’ decisi di agire in fretta senza perdere tempo e soprattutto la sua fiducia. Tirai fuori uno ad uno i frutti e li allineai sotto i suoi occhi delusi che cercavano i suoi pennelli di sempre. Ma la reazione di Giovi fu inaspettata come una doccia fredda: si mise a guardare fuori dalla finestra, in modo da escludermi completamente dai suoi pensieri. Senza aggiungere niente incominciai a sbucciare la pesca, ne feci delle grosse fette e poi dei piccoli pezzetti, che con cura provvedevo a mettere nella bacinella al centro del tavolo. Come avevo immaginato Giovi non riuscì a resistere al dolce profumo del frutto, raccolse alcuni dadini appena tagliati e se li mangiò con calma gustando con piacere il sapore. Incoraggiato affettai anche il resto della frutta e tra un assaggio e l’altro riuscii a riempire tutto il contenitore, dalle dimensioni di tutto rispetto. A quel punto non restava che aggiungere l’ultimo ingrediente e questa volta ero deciso a lasciar fare a Giovi. Tirai fuori dalla borsa una delle bombolette di panna , la agitai con decisione e la spruzzai sulla porzione di macedonia che avevo sistemato in un piatto. Mi divertii a fare un ricamo soffice sulla frutta ed anche sul bordo del piatto. Giovi mi guardava soddisfatto, gli brillavano gli occhi ed era chiaro che voleva provare. Agitai la bomboletta e gliela porsi. Giovi la impugnò con entrambi le mani tutto serio, come se avesse dovuto fare un operazione più grande di lui e forse era proprio così. Ma il primo tentativo non fu del tutto preciso e lo spruzzo finì sui rettangoli dello specchio appeso al muro. Guardammo la nostra immagine riflessa completamente incorniciata dagli schizzi e non riuscimmo a trattenere le risate. Poche volte avevo visto Giovi così felice. Ma non contento mi indicò le mani con un perentorio “Qui!” e senza discutere gli spruzzai un po’ di panna sulle dita, socchiuse gli occhi e in totale libertà assaggiò la meraviglia bianca, assaporandone la morbidezza con evidente soddisfazione. Era un piacere guardarlo . Ancora una volta Giovi mi aveva regalato il suo piacere di vivere tutto in semplicità, con una spontaneità totale che per nulla al mondo avrei trovato altrove. “Adesso sistemiamo tutto per bene , torniamo in classe ed offriamo la merenda ai compagni” gli preannunciai. Ma dalla sua espressione capii immediatamente che avrebbe preferito rimanere sul trono. “Forza! Vedrai che andrà tutto bene. Ai tuoi compagni piacerà la nostra idea . Occorre solo un po’ di coraggio. Questa volta sarai tu il capitano della nave e potrai scegliere la tua rotta. Una volta che avremo cominciato nessuno potrà fermarci!” e riprendendosi con forza la bomboletta di panna mi rispose la sua voce un po’ stentata: “Questa è mia e ne do un po’ ad ogni compagno”. Lo accontentai e partimmo alla volta della nostra spedizione , armati di tanta buona volontà . Fu un vero successo. I compagni di ebbero la sorpresa di vederlo sotto una nuova luce. Avevo fatto una scommessa innanzitutto con me stesso ed avevo ottenuto un risultato inaspettato. Non c’era più diversità ma solo libertà e piacere da concendersi senza limitazioni.

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3 commenti »

  1. Una bella storia. Brava.

  2. Grazie Silvia perche vuol dire che anche la scuola puo’ essere vita vera oltre le scartoffie che vogliono distruggerla.

  3. Una bellissima pagina di diario scolastico, di grande sensibilità, narrata con il cuore.
    La scuola, al di là della burocrazia, è sicuramente maestra di vita: se sai dare, riceverai prima o poi.
    Brava Francesca e in bocca al lupo!
    Rita G.

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