Premio Racconti nella Rete 2012 “Le stelle di Giorgia” di Marisa Nicchi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Giorgia aspettava la fine di agosto, il momento in cui poteva raggiungere la casa sulla scogliera dopo un’estate dedicata alle cure del vecchio padre e della figlia.
Glauco, il padre era un vecchietto dolce che viveva in punta di piedi per non disturbare, anche se a malapena riusciva a essere autosufficiente. Il caldo estivo gli fiaccava il respiro e allora nonostante la sua ritrosia a essere di peso si trasferiva nella casa al mare a seguito della figlia. La giovane Margherita si portava con sé la baldanza smisurata dell’adolescenza: umori torti, primi afrori amorosi e un bagaglio di debiti scolastici da recuperare con un’estenuante trattativa quotidiana tra frenesie di divertimento e odiati impegni di studio. Per Giorgia erano giorni di equilibrismi miracolosi, costruiti a fatica con il cuore e a denti stretti tanto, a fine agosto, la vita sarebbe diventata più lieve. Poi gli scompaginamenti estivi finivano: il vecchio padre tornava a casa, Margherita a Roma per l’ultimo sforzo prima dell’esame di riparazione. Allora, Giorgia si precipitava nella casa sul dirupo sospinta da quella parte di sé rimasta in attesa per tutta l’estate, dopo aver prevenuto ogni possibile bisogno che potesse manifestarsi in sua assenza, medicine, cibo, libri…
Finalmente si ricongiungeva a Ugo nella casa sul mare, dove si era ritirato a vivere. Vi giungeva con il cuore ancora diviso, una lacerazione che rendeva più intensa l’emozione di vedere in alto, sulla scogliera, la luce accesa della casa di Ugo che la stava aspettando. Giorgia percorreva l’ultima salita di corsa con l’allegria di risentire la voce e rivedere il sorriso di Ugo. Davanti a sé, il mare si apriva dolcemente ai suoi occhi ed entrava nel suo respiro. Appena varcata la soglia di casa, posava la borsa rosa arancio con un gesto spontaneo, quasi a liberarsi del fagotto di pensieri che si portava dentro. Essere lì era già una conquista. Le vite di cui si sentiva responsabile anche da quella casa, scendevano nel sottofondo del suo animo mentre, lentamente, ricercava con Ugo l’intimità sospesa da giorni di separazione. Lei nei suoi amati conflitti di madre e figlia – le sue “fissazioni” come le chiamava Ugo -, lui assorbito nella sfida senza tempo a inseguire e ingannare i pesci: prede marine una dopo l’altra, all’infinito.
Giorgia era incantata dalle stelle, guardarle accanto a Ugo le dava una gioia struggente. L’oscurità li avvolgeva interrotta dalle luci delle case intorno dentro le quali la vita scorreva con i suoi misteri, apparentemente sempre uguale.
Fu da quella sera che la vicina di casa li raggiunse per un saluto. I suoi figli erano usciti come il solito, il marito guardava la televisione con il volume alto per frapporre tra di loro una barriera d’incomunicabilità. Colta da uno slancio solidale per quella solitudine femminile che si presentava a piedi nudi, Giorgia la accolse con gentilezza, anche Ugo sembrava ben disposto. La vicina pareva muoversi come conoscesse bene la casa, persino il posto dove Ugo aveva lasciato le sigarette che non fumava più, ma che, per un trucco psicologico, teneva lì per non riaccendere, con la loro mancanza, la voglia di fumo. Aveva smesso per ragioni di salute. Ugo parlava senza interruzione, la vicina ascoltava. Giorgia conosceva i racconti di Ugo, conosceva Ugo e conosceva quell’eccitazione: era il solito narcisismo maschile di raccontarsi e mettersi al centro. Sorrideva di quella strana, quasi infantile euforia di Ugo. La vicina, con la voce bassa da fumatrice intensiva, parlava con tono spento del suo mondo in cui non mancavano né il tempo lento, né i soldi. Ugo mostrava, nei suoi confronti una stupefacente curiosità e simpatia rimarcando: “Sai, è lei la ricca della famiglia”. Notazione che sorprendeva Giorgia. Tra di loro, per comuni scelte di vita, i soldi non avevano quel valore così interessante da essere segnalato in una presentazione.
Nei giorni successivi, mentre Giorgia era immersa nella storia di un libro, puntualmente la vicina si ripresentava in casa. Del tutto incurante di interrompere la sua lettura. Giorgia era insofferente, anche se alla fine, prendeva il sopravvento una specie di comprensione per quella donna alla ricerca di compagnia. Che strana e stonata, però, quella disinvoltura con cui si distendeva sul lettone di Ugo e di Giorgia che prendeva gran parte dello spazio della minuscola casa.
Ugo, d’indole solitaria, manifestava una nuova vivacità che faceva piacere a Giorgia da qualche tempo preoccupata del suo stato d’animo intrappolato in un’insoddisfazione senza confini. Lo star bene di Ugo, della figlia e del padre di rado era, per Giorgia, in sincronia. A se stessa mancava sempre un pezzo, del resto, nella sua vita i fili da tenere erano tanti.
Ogni giorno la vicina si univa alla coppia, era diventata una presenza scontata, quasi possedesse un’autorizzazione segreta. A Giorgia molti discorsi erano estranei e superflui, stava ad ascoltarli per pura cortesia. Inconsapevolmente. La sera, tornavano a rapirla le stelle che il padre, macchinista ferroviere, le aveva fatto amare, per essere state le sue uniche compagne di tante notti lontano di casa. Si rifugiava in questo tenero ricordo e poi piano, piano scivolava in un sonno che la portava via dalla realtà e lasciava le stelle ai due. La svegliava un colpo al cuore, sentiva una solitudine. Una volta, in uno di questi risvegli, avvertì alle sue spalle un tremore e l’odore pungente di sudore della vicina che si allontanò frettolosamente. Ugo un po’ stranito e imbarazzato commentava a caldo: <Hai visto come era provata, ha avuto una depressione>. Ugo sembrava colpito da questa sofferenza e ne parlava con Giorgia quando rimanevano soli, a tarda notte, dopo essere uscito con il cellulare a portare via la spazzatura.
Una mattina, al risveglio tra le grida dei gabbiani, Giorgia si sentì stringere in una morsa di angoscia, abbracciò Ugo confessandogli la sua paura di perderlo. Ugo sicuro e sbrigativo le rispose che loro due non si sarebbero mai persi.
Arrivò il giorno della partenza. Giorgia approfittò del passaggio offerto dal marito della vicina per il ritorno in città. Nel breve tempo del viaggio, nel chiuso della lussuosa macchina, respirò l’atmosfera dei vicini, quella che Ugo le aveva descritto altalenando impressioni di distanza, compiacenza e competizione. Viaggiarono a velocità arrogante, mentre dimessa e cheta la vicina sedeva accanto a Giorgia, scrutandola. A disagio, Giorgia cercava una conversazione simpatica. Quando si salutarono, si sentì alleggerita, come liberata dal masso che aveva viaggiato con loro. Era il giorno del suo compleanno settembrino, Giorgia pensò a quanto fosse caro il suo tempo così asimmetrico tra doveri e passioni e quale meraviglioso dono fosse l’amore di Ugo.
Le cose però tra Ugo e Giorgia erano diventate infelici. Si trascinarono ancora un po’, tra la vita spezzata di lei e le mezze parole di lui estorte in notti interrotte dalle sue consuete uscite per andare a portare la spazzatura fuori. Finché, Giorgia ricevette un sms di Ugo: ”Con te ho sbagliato molto e non me lo perdonerò mai, ma non ce la faccio più”. Il dolente incastro tra le assenze di Giorgia e la leggerezza di Ugo si era rotto, definitivamente. Lei aveva sentito e non visto per la sua nebbia, lui aveva nascosto per la sua puerile viltà.
Ora Ugo fuma con la vicina sulla scogliera. Giorgia non mangia più i pesci, ha un fortissimo dolore per l’inganno che li attrae e li strappa al mare. Continua, però, a cercare le sue stelle, lassù.
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Muy bonito. Me gusta mucho. Brava.