Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Quando rientreremo sarà troppo tardi” di Costanza

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

–          S’era detto che andavamo al cinema.

–          Ho cambiato idea.

–          Perché dobbiamo fare sempre quello che decidi tu?

–          L’altra volta s’è fatto come hai detto te.

–          Il bowling non ti fa impazzire vero?

–          Diciamo che non mi sento a mio agio.

–          Tu non ti senti mai a tuo agio, tranne su una pista da ballo.

Arianna e Dario avevano appena finito di percorrere il lungo corridoio all’aperto che conduceva ai tavoli e alla pista da ballo quasi piena. Tutt’intorno lo spazio era circondato da siepi, alberi, luci. Proseguendo un po’ più sotto sulla destra si accedeva al locale che fungeva da pizzeria, pub e sala ricevimenti.

Era una costruzione in legno e mattoni rossi di cui gran parte delle finestre affacciavano sulla pista da ballo. Ognuna di esse era circondata da tende beige ricamate con motivi colorati. Poco distante da lì il proprietario teneva un maneggio.

In ogni sala del locale erano appesi quadri in cui erano disegnate battute di caccia. Teste di cervo, toro o cinghiale campeggiavano sui muri. Il pavimento era in terra battuta fatta eccezione per l’interno della costruzione, il corridoio per la pista e la pista stessa. Ambedue i lati del corridoio erano delimitati da sbarre di ferro che si congiungevano ad arco verso l’alto e da cui scendevano rampicanti che si avvolgevano ai lati lungo l’intero percorso.

L’ambiente era appena illuminato dalle luci soffuse. Solo sulla pista da ballo l’intensità dei riflettori aumentava alternando colori diversi tra i fasci di luce che rischiaravano i volti della gente, gli abiti, i gioielli, i bicchieri di cocktails.

–          Mi sembrava che avessimo gli stessi gusti io e te – disse Dario ad Arianna.

–          Queste scarpe mi vanno strette.

–          Perché devi essere sempre così polemica?

–          Vorrei che di tanto in tanto facessimo qualcosa che non abbia niente a che vedere con il ballo.

–          Tipo?

–          Parlare. Con questa musica così alta riesce difficile.

–          Lo faremo stasera a casa.

–          Quando rientreremo sarà troppo tardi.

Dario la prese per un braccio e la trascinò in pista. Arianna provò a resistergli strisciando i piedi per terra.

Lo guardò negli occhi. – Non mi va di ballare.

–          Anche al cinema non sarebbe cambiato nulla.

–          E invece ti sbagli. Io parlavo di un drive-in.

–          È questo che intendi per conversazione?

–          Non è che mi siano rimaste molte alternative con te.

–          Se andassimo a farci un giro sul toro? – le domandò buttando un occhio oltre le mura del locale.

–          Dario questa volta sono seria.

Le tese una mano.

–          Balla con me. Puoi sempre parlare mentre stiamo ballando.

Arianna gli diede la mano lasciando che Dario la conducesse in mezzo agli altri per ballare un lento.  Accostò la testa al collo di lui e respirò il suo dopobarba che sapeva di alberi di bosco. Sentì una fitta trapassarle lo stomaco. Evitò la luce dei riflettori in pista facendosi scudo col suo corpo.

Era estate e l’aria era fresca in quel locale in mezzo alle montagne. Ma Arianna in quel momento soffriva poco il freddo coi fianchi avvolti tra le braccia di Dario. Le bastò anche solo avvicinarsi a lui per sentire il calore che emanava dal suo corpo sotto il tessuto della camicia nera; passargli le mani sulle spalle e dietro la schiena era da sempre servito a procurarle un certo imbarazzo. Dario aveva i muscoli tonici e scolpiti benché fosse di statura bassa e magro. Aveva i capelli corti e occhi glauchi.

Quella sera Arianna aveva indossato un vestito di seta nera a bretelline e una sciarpa che le copriva le spalle dello stesso tessuto e di colore grigio perla.

–          Siamo gli unici ad essere vestiti diversi – le disse Dario in un orecchio. Alla camicia nera aveva abbinato un paio di pantaloni dello stesso colore.

–          Non potevo immaginare che mi avresti portata qui.

–          Non sarebbe certo la prima volta che io e te facciamo qualcosa di diverso.

Lo sentì stringersi di più a lei. Al solo tocco delle sue mani Arianna sentì come se il fuoco le avesse appena bruciato la pelle.

–          Dario ti devo parlare.

–          Ti ascolto.

–          Non qui.

–          Non ci sente nessuno.

–          Ti prego.

Si staccò da lei per guardarla negli occhi.

–          Che hai?

–          Non so… non so se ce la faccio a dirtelo…

–          Cosa?

–          Non guardarmi così.

–          Così come? – sorrise Dario – Come ti sto guardando?

–          Dico sul serio – insisté lei trattenendo le lacrime.

–          Va bene – tornò serio lui – sarà meglio andar  via di qui.

Le prese un braccio e fece per metterselo dietro la nuca quando si bloccò. Tenendola per il polso annusò un profumo forte e pungente di pino selvatico. La fissò aspettando che fosse lei a spiegargli. Arianna lo guardò con occhi lucidi.

–          Arianna cos’è che devi dirmi?

In tono smorzato riuscì a rispondergli: – Quello che hai appena compreso.

Allora lui le diede le spalle, lasciò la pista e si incamminò diretto alla macchina verso l’uscita. Arianna lo seguì inciampando nelle scarpe aperte col tacco chiamandolo per nome. Giunti al cancello Dario gli chiese di dirgli almeno chi fosse.

–          Non ha importanza. Quel che conta è che adesso siamo pari.

–          Vai al diavolo Arianna.

Lo vide uscire dal cancello e dirigersi sul pendio della strada per andare a prendere la macchina.

Arianna si strinse nella sua sciarpa di seta e dopo aver dato un’ultima occhiata dietro di sé, si decise ad uscire e ad incamminarsi per la strada buia in discesa.

Il cielo era coperto di nuvole in mezzo alle quali, di tanto in tanto, la mezza falce della luna faceva la sua apparizione. Ai lati della strada vi era solo una distesa di terra ricoperta di alberi, recinzioni e siepi. Nel buio quelle forme diventavano tutt’uno.

Arianna aveva come l’impressione di camminare su un filo sospeso nel vuoto, inghiottita dall’oscurità. Cominciava a delinearsi qualche forma al passaggio di una macchina di tanto in tanto che proiettava un fascio di luce sui casolari abbandonati, sulle pietre miliari, su incroci che portavano a strade secondarie e su due puntini luminosi che si eclissarono dietro ai cespugli.

Immersa nuovamente nell’oscurità Arianna dovette riabituare gli occhi al colore della notte. Udì strisciare in mezzo all’erba, ronzare nelle orecchie e la musica del locale dietro di sé era ormai un brusìo lontano.

Quando le parve di esser giunta a quello che a prima vista sembrava un muricciolo in pietra cacciò un urlo. La bestia che l’aveva spaventata le aveva quasi sfiorato con le zanne una gamba e Arianna aveva fatto appena in tempo a ritrarsi non appena aveva sentito qualcosa di caldo e umido lambirle la pelle. S’era alzato anche il vento che, tra i rami degli alberi, si era messo a fischiare e a farla rabbrividire.

Si strinse addosso la sciarpa e proseguì dritta davanti a sé credendo che fosse quella la strada giusta verso il ritorno, convinta che prima o poi sarebbe sbucata davanti al passaggio a livello che ricordava aver visto  in macchina con Dario.

In cielo le nuvole si erano diradate di poco e Arianna sfruttò la luce della luna finché poté. Dalla terra intanto sentì odore di umido e quando, proseguendo sempre più in discesa, alzò gli occhi al cielo sentì le prime gocce bagnarle il viso.

La strada innanzi a sé era deserta, rischiarata solo dalla fioca luce della luna.

Alla prima curva una macchina le puntò i fari addosso. Nel senso di marcia opposto un’altra macchina fece altrettanto. Dal finestrino udì una voce che le intimò di salire.

Attraversata la strada, e giunta alla corsia opposta, salì in macchina e chiuse la portiera.

–          Che cosa pensavi di fare?

–          Quella macchina si era fermata. Volevo salire.

–          Lo avresti fatto sul serio?

–          Sì, se tu non fossi sopraggiunto.

–          Perché?

–          Per vedere cosa si prova quando ci si perde con se stessi.

–          Da quand’è che è cominciato a succederci tutto questo?

–          Prima che tu partissi per Sorrento. Avevo bisogno di parlarti ma tu hai preferito non darmi ascolto.

–          Abbiamo avuto altre occasioni per parlare, anche dopo quel viaggio.

–          Dopo non ha avuto più alcuna importanza.

–          Perché ti sei arresa?

–          Non mi sono arresa.

–          Non conto più nulla per te.

–          Tutt’altro. Dario.

Era cominciato a piovere. Dario aveva fermato la macchina prima che raggiungessero il passaggio a livello e in quel momento se ne stavano seduti in macchina in silenzio ad ascoltare il rumore della pioggia che batteva sul tettuccio della Lancia e sul parabrezza. Ad esso si aggiungeva il monotono oscillare dei tergicristalli.

–          Che facciamo adesso? – chiese lui con le braccia sul volante.

–          Restiamo qui. Al buio.

–          Vuoi passare tutta la notte qui?

–          Qui o a casa che differenza vuoi che faccia?

Dario aprì la macchina e rimase fuori ad aspettare lasciando che la pioggia lo bagnasse. In cielo echeggiò un piccolo tuono. Arianna rimase dentro fino a che non si decise anche lei ad uscire e a parlargli al di sopra del tettuccio della macchina.

–          Sono malata.

Dario la guardò.

–          Ma che dici? Smettila.

–          Ho il cancro.

–          Arianna smettila, non mi va di scherzare.

–          Ti sembra che io stia scherzando?

–          Va bene, senti. Torniamocene a casa e dimentichiamoci tutto quello che è successo.

–          Questa volta tu apri gli occhi invece perché non avrai una seconda chance.  Nessuno di noi due l’avrà.

–          Bene. Cosa vuoi che faccia, sentiamo?

–          Per un momento su quella pista da ballo mi sono illusa che tu mi volessi ancora un po’ di bene.

–          Ce l’hai ancora con me per quella storia di Sorrento, non capisci che si tratta del mio lavoro?

–          Non ce l’ho con te, ce l’ho solo con me stessa. È per questo che ho già deciso della mia vita.

Dario salì in macchina ed aspettò. Dopo che anche lei si decise ad entrare attese ancora un po’ prima di avviare il motore. Arianna lo guardò di sottecchi diverse volte mentre guidava.

I fari delle macchine che scorrevano veloci dall’altra corsia illuminarono gli occhi di Dario. Ad Arianna vennero in mente i puntini luminosi che aveva visto apparire e scomparire dai cespugli neri qualche istante fa con fare minaccioso. Dario aveva i capelli bagnati e incollati sulla fronte. Lo sguardo era rivolto alla strada e le mani tenevano saldo il volante.

Quel che successe dopo nessuno lo ricordò. Né Arianna si provò a guardare dritto davanti a sé. L’unica cosa a cui teneva di più al mondo l’aveva persa per sempre.

Fu sul punto di dirglielo come colta da un intuito ma da quella buia e piovosa notte lei e Dario non si parlarono mai più.

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