Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “L’uomo, il bambino e il cucciolo di cane” di G. Paolo Basaglia

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

– Guarda, altre due – disse il bambino, puntando gli uccelli col dito.

L’uomo aveva visto arrivare le tortore quando, ancora lontane, non erano che punti saettanti lungo il crinale della collina. – Ormai sappiamo che vengono a dormire in questo bosco – disse, continuando a scrutare l’orizzonte sopra i campi lontani.

– Pensi che continueranno a venire a dormire qui? – chiese il bambino, mentre carezzava un cucciolo di cane.

– Se continuerà ad esserci acqua abbastanza e nessuno brucerà le stoppie dove vanno a mangiare –

– Allora, quando apre la caccia ce ne saranno parecchie. Ne ho contate più di ottanta, fino ad ora –

– Ci sarà probabilmente qualcun altro che verrà a spararle –

– Ma questo posto lo conosciamo solo tu ed io, e io non lo dirò a nessuno. Lo giuro –

– Non c’è bisogno che giuri, lo sai. Non ci sono questi problemi fra compagni di caccia –

Il bambino si sentì così confuso e felice che aveva quasi voglia di piangere. Continuò a giocare col cucciolo, ma l’uomo si accorse che aveva visto anche l’uccello arrivato in quel momento: planando veloce aveva fatto un semicerchio, una breve cabrata, poi, con due battiti d’ala, la macchia rosa della tortora era scomparsa nel verde della quercia. “Diavolo d’un bambino” pensò l’uomo, “viene dalla città ma impara in fretta. La gente che non lo conosce lo prende già per il figlio di qualche contadino.”

– Mi porterai a caccia con te? –

– Sai bene che devi partire –

– Potrei convincere mia madre a rimandare la partenza di una settimana –

– Sai che non lo farà –

– Potrei chiederle di lasciarmi qui ancora un poco. Il fattore mi accompagnerebbe a casa in treno –

– Non farà neanche questo –

– Ma io voglio venire a caccia con te! –

– Verrà il momento che quando vorrai potrai farlo –

Il bambino continuò a giocare imitando il ringhio del cane. Il cucciolo gli mordeva piano la mano, trattenendola con le zampe. “È strano come tutti i cuccioli imparino la vita giocando” pensò l’uomo.

– Come puoi dire che è un maschio, se ha due file di tettine sulla pancia? – chiese il bambino, stropicciando il cucciolo riverso sulla schiena.

– Anche tu hai le tette eppure sei un maschio –

Al bambino sembrò una cosa così naturale, improvvisamente, che si sorprese per non averci pensato mai. Si sentì stupido e continuò a giocare col piccolo cane, a viso basso per nascondere il rossore.

– Vieni – disse l’uomo, alzandosi e cominciando a scendere il breve pendio. Camminarono insie- me e presto furono solo una linea ondeggiante di mais, mosso dal loro passaggio nel tramonto.

Arrivarono ad una radura, una piccola isola nel mare di foglie fruscianti, dove erano piantati cocomeri e meloni. Avevano sentito il dolce odore di melone nell’aria ferma della sera attraverso file e file di piante polverose. L’uomo si chinò e cercò un cocomero maturo, giudicandone il sapore dal suono che produceva percuotendolo con il dito. Ne scelse uno non molto grosso, lo capovolse scoprendone la parte inferiore, meno dolce ma più fresca, e ne tagliò due fette con il coltello a serramanico.

Mangiarono insieme la metà fresca del cocomero, succhiando la polpa dolce e acquosa. L’uomo pulì il coltello sui pantaloni, si alzarono e uscirono in un campo di stoppie di grano. Lo costeggiarono fino a raggiungere la strada bianca che portava alla fattoria.

Più a valle videro il carro dei vicini fermo sulla strada; di fianco al carro c’era il vicino chinato, a due passi la moglie con i bambini. Il vicino si alzò e vide loro che scendevano, li chiamò e fece un gesto perché scendessero in fretta.

Quando raggiunsero il carro una delle due vacche era in terra, distesa su un fianco. Aveva gli occhi sbarrati e dalla bocca usciva la lingua insanguinata. A tratti si irrigidiva stendendo il collo e le zampe come se volesse rialzarsi, ma poi si accasciava di nuovo, muggendo.

– Stavamo andando a raccogliere il fieno. Abbiamo fatto pochi metri ed è caduta come fulminata – disse il vicino. Aveva la faccia colore della creta, sotto la pelle abbronzata, e il bambino vide che le mani gli tremavano come la voce. La donna piangeva e si teneva intorno i figli: una bambina col fratello più piccolo in braccio e un ragazzino scalzo al quale veniva da ridere e cercava di trattenersi grattandosi la testa.

– Cos’ha fatto? – chiese il vicino, guardando la vacca.

– Tiriamo indietro il carro – disse l’uomo.

– Cos’ha fatto? – insisté il vicino.

– Infarto – disse piano l’uomo. – È successo anche alla nostra cavalla, anni fa. Era pregna e abbiamo perso anche il puledro –

– Aveva solo quattro anni – disse il vicino che non guardava più la vacca, ma solo in terra.

– Bisogna far uscire il sangue, altrimenti la carne non varrà niente – disse l’uomo e corse nella casa del vicino.

Ne uscì con una mazza in una mano e un coltellaccio nell’altra. Si avvicinò alla bestia e alzò la mazza. La donna chinò il capo.

Quando l’uomo finì di fare quello che doveva fare, aveva le mani e le braccia insanguinate. I bambini piangevano tutti, tranne quello col cane che se ne stava discosto, col cucciolo in braccio. Il vicino guardava fisso in terra. Continuava a ripetere “dio ladro, dio ladro”.

L’uomo si pulì le mani e le braccia con l’erba. – Andiamo in paese a chiamare il macellaio – disse.

– Il veterinario verrà domani –

Il vicino alzò la testa e lo guardò, ma non disse niente.

– Vieni –. L’uomo fece un cenno del capo al bambino col cucciolo di cane.

Camminarono per un pezzo senza dire niente. Il cucciolo trotterellava davanti e si fermava ad an- nusare l’erba ai lati della strada.

– Che succederà adesso? – chiese il bambino. L’uomo continuò a guardare la strada.

– Verranno a prenderla, e perché è morta così gliela pagheranno neanche un terzo di quello che valeva – disse, dopo un po’.

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2 commenti »

  1. Bel racconto. Vita di campagna tra poesia e inevitabile crudeltà, una sorta di metafora sul ciclo della vita. Complimenti.

  2. un racconto crudo come purtroppo, sa essere anche la vita…

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