Premio Racconti nella Rete 2012 “L’Olimpionico tra i pali il cui destino ha spezzato il volo” di Cristian Vitali
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Il sogno di una vita intera spezzato come un foglio di carta strappato da due mani crudeli e decise al tempo stesso. La voglia di emergere che sembra prendere il sopravvento sulle innumerevoli avversità della vita, l’effimera speranza di successo che pare aver sconfitto il destino di un mondo povero e senza prospettive, alimentata da un talento che alla fine, in quanto tale, deve per forza emergere. E quando sembra che veramente la favola desiderata, il sogno di una vita, pare andato a buon fine, ecco arrivare l’attimo fuggente a rompere l’incanto, come fosse un brusco risveglio a spegnere i sogni magnifici che sembravano diventati realtà. Una realtà misera che affonda le sue radici in Nigeria, dove ogni giorno sopravvivere può essere un problema. Non vivere, sopravvivere. Ma se il calcio scorre nelle tue vene, hai qualche speranza in più di farti valere. Joseph Dosu, nato il 19 Giugno 1973, aveva questa voglia, questa determinazione, ma lui era diverso da tutti gli altri ragazzini che si cimentano in questo sport, una disciplina che forse è più un investimento che un divertimento, una speranza di vita migliore. Giocava tra i pali, e non se ne vergognava, come spesso accade quando si è bambini. Tu sei più scarso, vai in porta. E invece Joseph era bravo, e in poco tempo divenne un punto di forza dello Julius Berger, il più famoso club della Capitale, con cui arriva a vincere la Coppa Nazionale. Il suo trampolino di lancio diventa la Nazionale. Ricordate la Nigeria dei leoni e delle gazzelle? Quell’insieme di atleti di colore che sembravano imprendibili e davvero possenti e che nella metà degli anni 90 fecero meraviglie? Quel collettivo di pantere velocissime che arrivò a conquistare l’Oro alle Olimpiadi di Atlanta del 1996? Beh, di quella squadra Dosu ne era il custode, l’estremo difensore, il preservatore, il conservatore. Dopo quella sfavillante vittoria, quella squadra divenne una sorta di scaffale del supermercato, una parete piena di prodotti validi da acquistare, con il cliente che aspetta la porta d’ingresso che venga aperta dal commesso nell’orario giusto di apertura, desideroso di posizionarsi in prima fila pur di accedere prima degli altri ed accaparrarsi l’ambito acquisto. Taribo West, l’aggressivo terzino dell’Inter, Nwankwo Kanu, quello del cuore malato poi rinato in Inghilterra, Amuneke, figura di spicco dello Sportin Lisbona, Babangida, splendida ala nell’Ajax, Okocha, florido attaccante tra Eintracht, Fenerbahce e Paris Saint Germain, Oliseh, protagonista di una parentesi in chiaroscuro alla Juventus. Ma pochi sanno che qualche anno prima a portarlo per prima in Italia fu la Reggiana. E quella vecchia volpe di Dal Cin, che si innamorò dei giocatori nigeriani e ne portò una bella nidiata in Emilia, si assicurò anche il portiere Dosu che così, nell’estate del 1996, divenne un giocatore di una squadra di Serie A, coronando così il sogno di tantissimi calciatori sconosciuti. Lui ce l’aveva fatta, non importava se sapeva che non era ancora il tempo di scendere in campo, l’importante era esserci. Non avrebbe immaginato che non avrebbe più giocato: passano i mesi, la vita scorre serenamente a Reggio Emilia, anche se i risultati della squadra non sono certo positivi. Ma lui lavora in silenzio, sapendo che se hai un valore, prima o poi il lavoro paga. Ogni tanto si fa un viaggio al suo paese, la famiglia non va dimenticata, e ora che lui ce l’ha fatta ha il dovere di aiutarla. Finché il destino non ci mette la mano, e nel 1997 accade l’impensabile: è il 9 Giugno, mentre si trova nel suo paese un grave incidente stradale a Lagos, in cui rimane coinvolto, ha per lui un verdetto spietato. Lesioni alla spina dorsale a seguito del ribaltamento della sua auto. Ergo, carriera bruscamente interrotta, spezzata come solo le ali di un gabbiano possono essere sconfitte dal proiettile esploso da un cacciatore. Avrà salva la vita, ma dovrà rinunciare al suo sogno. Poco tempo prima era in panchina nella gara che permise alla Nigeria di qualificarsi per i Mondiali del 1998. Una carriera da calciatore distrutta proprio sul più bello, stroncata quasi sul nascere, quando già aveva dimostrato di saper volare. Quei ragazzi di colore che vinsero le Olimpiadi erano davvero fortissimi, non a caso furono ribattezzati come “Super Aquile”. E ancora oggi Joseph allarga le lunghe braccia al cielo, proprio come un’Aquila Reale, esattamente come faceva un tempo in mezzo ai pali di un porta, la sua porta, per esigere rispetto ed incutere timore agli attaccanti rivali che osavano solo pensare di fargli gol.
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