Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Il fortino” di Alessandra Ponticelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Il miglior amico che avevo a quel tempo era un fortino. Avete capito bene! Un fortino. Fu  un anno brutto il 1968, ma questo lo scoprirete dopo. Di lui, del piccolo rifugio abbarbicato su un albero, ho un ricordo sfumato; non importa. Anzi; la memoria, trasfigurandolo, me lo restituisce, se si può, ancora più bello. Quello che davvero conta è che gli volevo un gran bene. Direte: come si può voler bene a un fortino? Si può. Si può e basta. A costruirlo mi aveva aiutato mio padre. All’inizio lo sentii borbottare parecchio, ma a dieci anni siamo abituati ai rimproveri e non me la presi più di tanto. Quattro paletti robusti cercati nella legnaia, un foglio di compensato, cinque pezzi di cartone, qualche chiodo e una piccola scala a pioli per salire. Naturalmente sull’albero. Che altro non era se non un vecchio, ma tenero, albero di pero. Questo era il mio fortino. Vi assicuro (stenterete a crederlo) che, da lassù, il mondo era davvero diverso. E anche il cielo. Assomigliava-incredibile!- a un enorme lenzuolo azzurro; al lettone di papà e mamma dove, lo confesso, mi capitava ancora d’infilarmi. Per non parlare delle nuvole! Una distesa di cuscini bianchi, tutti diversi l’uno dall’altro, che navigavano lenti e soffici sopra la mia testa piena di riccioli biondi. Anche a Nerone piaceva il mio fortino. Parlo del mio gatto. Non c’è bisogno che vi spieghi perché si chiamasse in quel modo, è meglio dire subito che lui ed io eravamo inseparabili. Nerone aveva un brutto carattere, un po’ come me. Soffiava alle vecchie signore, ai bachi e perfino alle lucertole. Io preferivo soffiare (si fa per dire) a chi voleva insegnarmi a tutti i costi cosa dovevo scrivere nei miei temi e cosa disegnarci sotto. Mi era capitato con la maestra di prima. Sì, intendo di prima elementare. Nerone non l’aveva mai vista, ma sono sicura che se l’avesse incontrata in giardino o per strada le avrebbe soffiato. E anche tanto. Una caramella d’orzo. Ecco cos’era. Io detesto le caramelle d’orzo. Una caramella o sa di buono oppure non è una caramella. Per fortuna che lei, la maestra, si sciolse come lo zucchero nel latte, con la fine dell’anno. Nel fortino tenevo sempre con me un foglio e una matita. Mi servivano. Mi servivano per disegnare i miei sogni. Che c’è di male? So già a cosa state pensando. E invece sì; i sogni si possono disegnare. Eccome se si possono disegnare! Non è difficile. Basta avere dei buoni occhi, un po’ di fantasia e, beninteso, un lapis. Gli occhi, se vedono bene, sono formidabili. E’ così. Trasformano le piccole cose in sogni. Perché? Secondo voi non è forse sognare guardare bene una schiera di formiche, un cumulo di terra, un’ape arrabbiata? Il sogno più bello fu, però, quando nel fortino disegnai me stessa. Me stessa da grande, per capirci meglio. Dio quant’ero buffa! Anche Nerone soffiò. Eh, se soffiò! Non mi riconosceva e mi aveva scambiato per una vecchia signora!

La maestra di quinta non la dimenticherò. Ne sono sicura. L’unica cosa bella che mi capitò, ovviamente dopo il fortino, nel 1968. Per lei, un bambino era un bambino. Un bambino e basta. Quanti sogni ho disegnato ascoltandola! Non ci credete? Non c’erano righe né quadretti nei miei quaderni. C’erano solo lettere e numeri che assomigliavano a me, ai miei desideri, alle mie paure, a Nerone e al mio fortino. E un po’ anche alla mia nonna. Non vorrei che si sapesse in giro, ma un giorno pure lei, e non scherzo, salì sul pero. Avreste dovuto vedere lo sguardo di Nerone! Mia nonna era l’unica vecchia signora alla quale Nerone non soffiava.

Arrivò l’inverno, ma questo non era un problema. Una giacca a vento rossa (adoro il rosso!), pantaloni pesanti, una papalina e il mio fortino ricoperto di bianco. Sulla neve, disegnare i sogni, credetemi, è ancora più facile. Perfino Nerone aveva imparato!

Ma ci sono sempre le vecchie signore sul nostro cammino. Da grandi e da piccoli. E alla vecchia signora che abitava proprio di fronte al pero il mio fortino, come si dice, non piaceva. Lei non sapeva disegnare i sogni e preferiva ucciderli. Nerone, roba da non credere, le soffiò per due giorni di fila. Ma non servì. Rimasi a guardare, da dietro i vetri della mia camera, il mio fortino che non c’era più, fino agli inizi di febbraio, quando un’altra vecchia signora, che non avevo mai visto prima, si portò via mia nonna. E anche Nerone.

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8 commenti »

  1. Racconto delicato, sul mondo uno sguardo innocente e passi leggeri da bambino. 🙂

  2. Grazie!

  3. Un racconto poetico, brevi ricordi di infanzia: bello.

  4. Grazie Silvia!

  5. Pennellate di nostalgia che fanno bene al cuore. Molto carino! ;0)

  6. Grazie mille!

  7. Racconto breve e intenso intessuto di realismo magico. Leggendo mi è venuto in mente Il Barone rampante di Italo Calvino. Si scorgono tra le righe la bellezza delle cose semplici di un tempo sempre presente. Complimenti!

  8. Mi è piaciuto. Delicato, come i racconti di un bambino possono essere.

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