Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Ned Wasabi” di Riccardo Agostini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Erano appena passate le quattro e non succedeva ancora nulla.

Trascorsi abbondanti venti minuti a trastullarmi con un biglietto dell’autobus.

La consistenza di quel cartoncino fomentava la perversione dei miei polpastrelli impedendo l’elaborazione di un qualunque altro ordine di movimento.

Non sapevo che pensare.

Ero come in uno di quei momenti di carenza immaginativa in cui tutto sembra fermo e silenzioso dove tu da dentro cerchi di muoverti, provi in ogni direzione ma alla fine desisti, piegato all’idea che dopotutto sei fermo anche fuori.

Abbandonai la presa sul biglietto, non fece altro che due giri su sé stesso prima di colpire il pavimento.

“Il mondo non solo gira in un senso solo ma è anche poco probabile che cambi direzione da un giorno all’altro” pensai.

Si erano fatte anche le cinque e ancora nulla si era mosso.

Dieci minuti e trentasei secondi dopo, bussarono alla porta. Tre volte.

Non nel senso che bussarono e io me ne fregai per ripetute volte – anche se, potete giurarci, avrei fatto volentieri così se avessi saputo chi o meglio che cosa mi aspettava – ma nel senso che le nocche colpirono la porta tre volte di seguito: “toc”, “toc”, “stoc”.

L’ultima fa stoc perché se con la prima noccata vanno a tumefarsi alcune localizzate zone dell’epidermide più superficiale, con la seconda si va a spremere la zona sottostante e la pelle di questo livello – rialzatasi per opposizione elastica al legno duro della porta – rilascia spruzzi microscopici di pus, sudore ed infine plasma che rendono più organico il suono dell’ultima noccata: il suono aggiuntivo “s” è il campanello di allarme per la situazione spiaccicosa e deteriorante che di nome fa artrosi prossima futura.

Entrò uno. E un cane.

Il gendarme – capivo che era un gendarme dal modo in cui mi guardava – fece due passi e si fermò. Poi, aggrottando la fronte assunse un’espressione divertente. Divertente per me si capisce che ero fatto di acidi.

Mi guardava e non mi guardava. Per lo più non mi guardava.

Muoveva la testa di quasi centottanta gradi e studiava la situazione.

Tentai di incrociare il suo sguardo concentrandomi sulla frazione di secondo in cui le traiettorie oculari matematicamente s’incontrano, senza riuscire però a trattenerlo neppure quel poco che basta di solito a costringere le persone più riluttanti a salutarci.

Avrei dovuto aspettare che gli occhi, facendo perno sul collo taurino del gendarme, ruotassero di una seconda semicirconferenza, perciò preferii alzare la voce e pronunciare la formula di benvenuto dicendo : “Salve signor gendarme in cosa posso servirla?”.

Egli rispose: “Uhm”.

Non seppi più davvero cosa dire.

Ebbi un momento dei miei.

Poi pensai “Boh”.

“In cosa Lei può servirmi è la risposta giusta signor W. Ned”, disse il Sir molto compostamente, da autentico Sir.

“Perdoni ma la mia era una domanda” protestai…

“Sig. Wasabi lei è stato scelto per un viaggio interstellare. Il primo vero viaggio interstellare della storia dell’uomo. Perché fa quella faccia? Ne prova disgusto? Eppure Lei è stato scelto in base a criteri statistici esattamente elaborati da un simposio di letterati filosofi poeti fumettisti leopardiani fumatori d’oppio e pizzaioli nonché di rappresentanti di generi animali che posti di fronte ad una tastiera colorata, per puro caso e in maggioranza non assoluta, hanno selezionato il rosso carminio, colore che fatalità è il suo preferito” questo lo misi io in bocca al gendarme in poco meno di tre secondi, restando sempre entro i confini del mio teschio.

“Sig. Wasabi lei è stato mai nell’esercito?”

“Nossignore”

“E perchè mai risponde come un soldato?”

“Non so signore”.

“Domani entriamo in guerra, ci serve uno che sganci la bomba atomica. Nessuno dei nostri piloti ha il fegato per farlo. Lei, se lo fa, diventerà miliardario. Se non lo farà verrà ucciso.”

Devo dire che la cosa mi stupì.

Non tanto per la storia in sé ma perché non si trattava di un effetto strano, bellicoso, dell’acido. Era una storia a sé. E peggio ancora era vera.

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.