Premio Racconti nella Rete 2012 “E’ tempo che tu sappia la verità” di Loredana Ales
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Ho sempre pensato che per definire un grande amore non c’e’ espressione piu bella nel dire che una persona c’e’ l’hai nel sangue… per descrivere quanto la senti dentro… la senti come parte integrante di te… la senti chimicamente…epidermicamente …quasi ad avvertirne la presenza, l’odore… per me quella persona e’ stata ed e’ Carlo.
Tra me e lui ho come la senzazione che tutto sia rimasto irrisolto, in sospeso, non ci sono stati dei veri e propri chiarimenti tante domande sono rimaste inascoltate…
sarebbe stato tutto piu semplice, per me oggi, se la storia si fosse conclusa perche’ l’amore e il sentimento da parte sua si fossero esauriti, e’ piu facile accettarlo in quanto non puoi costringere una persona ad amarti e quindi te ne fai una ragione.
Ma quando invece, la sera del 16 marzo 1987 alle 21,30 circa, piangendo, mi disse: Paola ti amo,( che non me lo aveva mai detto, mi diceva sempre ti voglio bene) ma non ce la faccio piu, non ce la faccio piu a sopportarti, a sopportare il tuo comportamento cosi ostile nei miei confronti.
Queste parole sono entrate in me come un tarlo, che non mi ha piu abbandonato e vive con me da troppo tempo ormai… il passato ha un potere devastante…
Ecco forse la spiegazione a tutti quei sogni che periodicamente accompagnano le mie notti.
Ero diventata una persona insopportabile, incostante, sempre nervosa e avevo scelto, inconsapevolmente, Carlo e i miei genitori, come capro espiatorio.
Ma, mentre i genitori, anche nei momenti peggiori, ti giustificano sempre perche ti amano incondizionatamente, carlo invece non ce lha fatta piu a sopportare tutte le angherie che gli infliggevo.
Mia madre, nonostante le sue sofferenze, ricorda ancora quel periodo con angoscia, gliel’ho chiesi anche tempo fa.
mi racconta che, quando rientravo dal lavoro ero una pila elettrica, che non potevano rivolgermi la parola, sia lei che mio padre, perche’ rispondevo in modo sgarbato, non potevano accendere il televisore o la radio perche’ qualsiasi rumore mi dava fastidio, mi chiudevo in camera al buio e pretendevo assoluto silenzio perche’ tutto e tutti mi davano fastidio.
Poverini, subivano senza capire pienamente cosa mi stava succedendo, in quanto non davo loro spiegazioni, (purtroppo facevo un lavoro che non mi piaceva con una titolare che era un tiranno) sapevano solo che lei era una persona strana, che mi faceva disperare.
Non sono mai scesa in particolari, non lo feci neanche con una zia a me molto cara, che era la mia confidente, per me era come una madre non una zia, avevo piu’ confidenza con lei che con mia madre stessa.
Una mattina, erano le 08,15, lei e mio cugino che all’epoca aveva 10 anni, erano venuti su per trascorrere qualche giorno con noi, io ero gia pronta per andare al negozio, e invece di aprire la porta per uscire, mi sedetti sulla sedia dell’ingresso, che mia madre aveva posizionato accanto al mobiletto del telefono, e scoppiai in un pianto interminabile perche’ non volevo andare al lavoro, mia zia si inginocchio’ ai miei piedi ( lo ricordo cosi’ bene come fosse successo ieri ) e mi prego’ di raccontarle cio’ che mi angosciava … io invece mi asciugai le lacrime, le diedi un bacio e usci’.
Ero distrutta psicologicamente da tutti i soprusi che ero costretta a subire giorno dopo giorno
ma non riuscivo a confidarmi con nessuno non potevo farlo…
ero una ragazza di diciannove anni, sprovveduta, ancora troppo ingenua, per niente furba, non conoscevo altri modi per reagire a tutto quello che mi stava succedendo.
A posteriori dico che se solo avessi avuto piu fiducia in Carlo, se solo avessi avuto il coraggio di raccontargli cosa mi stava in realta’ succedendo, magari…forse… mi avrebbe capito un po’di piu, avrebbe capito che dietro quella pazzia, in realta’ c’era un essere fragile, spaventato, che stava sacrificando se stessa per proteggere le persone che amava.
Se solo avessi avuto il coraggio… il coraggio di raccontare tutte le cose spiacevoli che mi capitavano al lavoro, se avessi avuto il coraggio di raccontargli che mi obbligava a pulire il water che lei aveva appena usato… lasciando tutto sporco… e pretendendo che lo andassi subito a pulire… per due anni e mezzo sempre cosi… mi veniva il volta stomaco per lo schifo, a stento trattenevo il vomito… tra l’altro sono una persona che si schifa di tutto, non ho mai bevuto neanche nel bicchiere dei miei genitori quindi figurati come mi sentivo… mi sentivo umiliata, mi sentivo una schiava…
Io, che a casa, da mio padre ero trattata come una principessa… quando cercavo di andare al lavello per lavare i piatti papa’ mi spostava sempre dicendomi di rimettermi a sedere perche’ le gambe mi facevano male in quanto ero stata in piedi tutto il giorno in negozio.
Ogni sera, prima di andare a letto mi faceva i massaggi alle gambe con il prodotto della sthenome alla canfora che puzzava da morire, ma mi dava sollievo.
Ricordo con dolcezza, quando, per non farmi prendere freddo e farmi dormire un po’di piu’, andava a prendermi il turno dal medico curante alle sette del mattino, perche’ gia alle 7,30 c’era la fila davanti al portone che pero’ veniva lasciato socchiuso per fare accomodare i pazienti e non farli congelare fuori al freddo.
all’interno cera una lavagnetta dove si scrivevano i nomi delle persone in ordine di arrivo… mio padre mi risparmiava tutto cio’ e veniva a chiamarmi quando stava per arrivare il mio turno.
E fuori casa invece, questo essere ignobile si permetteva di sfruttarmi a quel modo!
Il negozio presso cui lavoravo attraversava momenti di crisi, entravano pochi clienti durante il giorno e il tempo non passava mai, per cui, lei, non faceva altro che farmi pulire il negozio da cima a fondo, non mi dava un attimo di tregua, non mi faceva sedere neanche trenta secondi, e quando avevo finito mi faceva ricominciare tutto da capo.
Nei momenti in cui non c’e’ la facevo piu’, fingevo di andare in bagno, mi sedevo sul water e appoggiavo le gambe sul lavandino per qualche minuto, per cui decisi di andare piu’ spesso, pur di alleviare il dolore, ma l’espediente duro’ poco perche’ lei mi proibi’ di andarci per piu’ di due volte al giorno.
La odiavo, non la tolleravo piu’ e giuravo a me stessa che mai e poi mai avrei permesso a nessun altro di trattarmi cosi’.
Oppure, mi costingeva, la sera, all’ora di chiusura, a prolungare l’ orario di lavoro di mezz’ora perche il suo amante (o pseudo, non l’ho mai capito) la chiamava, quasi ogni giorno, al telefono , dopo le 19 e si metteva a chiaccherare, chiaccherare , io che non vedevo invece l’ora di andare, guardavo continuamente l’orologio , gli facevo segno che dovevo andare, e lei niente, mi ignorava.
non poteva lasciarmi uscire senza di lei, le servivo da copertura, per giustificare al marito, il suo ritardo causato dai clienti ritardatari, e invece…
Spesso anche Carlo, quando mi veniva a prendere, subiva questi ritardi fuori dal negozio ma gli ho sempre inventato una scusa, non gli ho mai detto il vero motivo.
Alcuni giorni invece, passava alla violenza psicologica… puntualmente mi faceva il lavaggio del cervello, dicendomi che la famiglia di Carlo non mi avrebbe mai accettato perche’ ero meridionale, mi faceva vivere questa storia con l’ansia che potesse finire tutto da un momento all’altro.
Che Carlo stava con me solo perche’ somigliavo ad una sua ex ragazza spagnola, mi raccontava che Carlo un anno prima, si era innamorato di una spagnola che andava sempre a trovarla e bla bla bla…. per cui secondo lei stava con me solo perche’ gli ricordavo questa ragazza.
Forse si divertiva a vedermi star male, leggevo nei suoi occhi tanto sadismo.
Ed io come una stupida credevo a tutto quello che mi diceva, penso che lo facesse apposta a caricarmi come un toro inferocito affinche’ io potessi litigare con Carlo… ovviamente ne sono consapevole solo oggi che sono trascorsi vent’anni, oggi sono piu’ matura, a quei tempi si approfittava della mia ingenuita’ perche’ ero giovane , se avessi avuto il carattere di oggi, l’avrei gia’ ridotta in cenere.
Ed io puntualmente, appena salivo in macchina da Carlo, bastava una qualsiasi cretinata per esplodere come una bomba e fare una tragedia greca per cretinate… ero continuamente sotto pressione e mi sfogavo con lui, poverino quanto male devo avergli fatto.
Ma io lo amavo… non volevo farlo soffrire… invece lo usavo come valvola di sfogo , perche’ …??
perche’ non mi rendevo conto che lo trattavo da cani, senza dirgli mai che ero nervosa per questo, questo e quest’altro…dio, quanto mi pento…
Solitamente appena entravo in macchina, mi dava immediatamente un bacio, una sera non lo fece, forse perche’ appunto era gia ‘tardi e lui doveva consegnare i regali di nozze del suo negozio entro un determinato orario, molto spesso lo accompagnavo a fare queste consegne, ebbene io ebbi il coraggio di piantare una scenata perche’ non mi aveva salutato col bacio, (potevo farlo anch’io volendo…) mi stupisco ancora come mai non mi abbia mai scaraventato fuori dalla macchina, ero da ricoverare, poi mi portava a casa e toccava ai miei genitori subire il martirio.
Quando litigavamo al telefono, come di consueto, gli sbattevo giu’ la cornetta e non rispondevo piu… dopo trenta secondi puntualmente era sotto casa mia per fare pace.
Un giorno invece, io fui piu’ veloce, uscii immediatamente sbattendo la porta di casa e rincasai per cena.
Mi racconto’ poi in seguito che si precipito’ a casa mia, vedendo mia madre preoccupata , si preoccupo’ anche lui e mi cerco’ per tutta la citta’.
Poi gli venne in mente che quando ero nervosa, mi recavo in macchina ad osservare il fiume, era una cosa che mi rilassava parecchio.
Ad un tratto nella corsia opposta, vide una’ambulanza, mi disse che il cuore gli sali’ in gola e penso’ al peggio per me…
io invece girovagando in macchina senza meta a sbollire la rabbia mi ritrovai nei pressi di casa di alcuni amici e colsi l’occasione per andare a trovarli.
Nei giorni che seguirono mi disse chiaramente di non tirare troppo la corda che si sarebbe spezzata…
stavolta l’avevo combinata grossa … che bel modo che avevo di dimostrargli il mio amore…
Un giorno, durante la pausa pranzo, mi telefono’ sua madre, chiedendomi come mai litigavamo spesso, che Carlo stava male, era sempre nervoso… non ricordo i particolari… che figura…! ma io ci tenevo davvero a lui, lo amavo profondamente e non riuscivo a dimostrarglielo tanto ero esaurita…
… ma non potevo raccontargli la vera motivazione del mio esaurimento, non potevo scendere in particolari… avevo il terrore che ne parlasse con sua madre, conoscendo un pochino il suo caratterino , sua madre non avrebbe perso tempo, a tirare fuori l’argomento con la mia titolare, in quanto i genitori di Carlo erano amici da almeno vent’anni con i miei titolari, che anche i figli a sua volta si frequentavano fin da piccoli, ogni sabato sera uscivano insieme e si ritrovavano con altri amici a giuocare a carte al cuntry club.
Non volevo assolutamente rovinare la loro amicizia, non volevo rompere determinati equilibri, ne sarebbe venuto fuori un gran casotto, troppa gente coinvolta… avevo anche paura di perdere in seguito il lavoro… non ho saputo gestire la situazione… e non ho mai raccontato queste cose a nessuno…
…non potevo neanche a casa, raccontare queste cose, perche’ avevo paura che mio padre mi dicesse di non andare piu’ al negozio… i miei genitori non se lo meritavano in quanto entrambi erano in cassa integrazione, mio fratello si era trasferito da due anni in un’altra citta’, era rimasto senza lavoro, e anziche’ tornare a casa, continuava a chiedere soldi ai miei….
non potevo permettermi di perdere anch’io il lavoro, non volevo essere un ulteriore peso, non sarebbe stato corretto nei confronti dei miei genitori e neanche nei confronti di mia zia che gia’ ci aiutava economicamente…
cosi’ decisi di chiudermi nel mio silenzio…ma ero una pentola a pressione.
La prima sera che lo incontrai, fu un colpo di fulmine… insieme alle mie amiche un mercoledi’, andammo in discoteca, era la fine di maggio dell’85. mentre passeggiavamo, tre ragazzi ci fermarono per fare due chiacchere, io non ricordo assolutamente le facce degli altri due, ricordo solo che gli occhi di Carlo penetrarono i miei… e tutto cio’ che mi circondava , spari’ di colpo… esistevamo solo noi due.
La medesima senzazione provai quel pomeriggio del dicembre del 2007, passeggiando nella citta’ dov’ero cresciuta, insieme a mio cugino Daniele, passammo davanti al negozio del padre di Carlo,
il destino ha voluto farmi un regalo e Carlo stava parcheggiando proprio davanti al negozio e all’improvviso lo vidi… una serie di emozioni affollarono la mia mente, il cuore comincio’ a galoppare… le gambe a tremare… mi aggrappai al braccio di Daniele dicendogli , quasi impaurita ed emozionata, che avevo visto Carlo … non sapevo che fare… se indietreggiare o avanzare…
raccolsi tutto il coraggio che mi era rimasto e proseguimmo fino ad un metro dal suo negozio… e lo salutai… con mia grande sorpresa… mi abbraccio’ affettuosamente e mi diede due baci…
gli spiegai che ero ospite da mio cugino e che stavamo raggiungendo una mia amica, che a sua volta quando stavamo insieme lui conosceva benissimo, per andare fuori a cena…
i suoi occhi mi sono rimasti impressi nella mente, avevano lo stesso sguardo particolare… come nell’85… un misto di curiosita’, emozioni … interrogazioni… avevano su di me, un effetto quasi ipnotico…hanno su di me un effetto ipnotico… da togliermi il respiro…un complesso di emozioni che descrivere non saprei… sento ancora la sua presenza nella mia vita come all’ora.
Mio cugino non e’ a conoscenza di tutto cio’, anche perche’ si ricorda solo che Carlo era stato il mio moroso, l’aveva conosciuto, a 10 anni… quindi ha pochi ricordi.
Per strada, pero’, poi , a conferma di tutte quelle emozioni che avevo appena provato, mi disse: “ ho l’impressione che stasera, dopo ventanni, tu abbia sconvolto la vita a Carlo,… o quanto meno, stasera ti pensera’ sicuramente.” Perche’… ? risposi io… facendo finta di non capire…
perche’… non so se ti sei resa conto di come ti guardava…! lo tranquillizzai dicendogli che erano solo delle sue impressioni… invece le sue parole mi avevano reso felice… felice di sapere che non mi stavo sbagliando… che non ero una pazza visionaria… a pensare che , anche lui… forse… stava provando le stesse emozioni… o magari chissa’ se anche lui mi pensa ogni tanto.
Quella sera, quindi, in discoteca, ci accomodammo in una poltroncina, e cominciammo a chiaccherare, il solito scambio di informazioni… come ti chiami, dove abiti, che lavoro fai ecc.
Gli dissi che lavoravo in un negozio , mi racconto’ che conosceva i proprietari, che i suoi genitori erano amici, che lui stesso era amico dei figli… che anche suo padre aveva un negozio proprio vicino a quello dove lavoravo io.
Quando gli dissi che mi chiamavo Paola, gli dissi anche che non era il mio vero nome di battessimo… ma avevo paura di dirgli quello vero, avrebbe subito capito che non ero emiliana ma meridionale,
quindi presi la mia carta di identita’ e gliela consegnai … pensando che nel giro di trenta secondi
si sarebbe dileguato… la lesse e me l’ha riconsegno’ senza dire una parola sull’argomento…
e comincio’, da persona intelligente, a parlare d’altro… mi chiese che locali frequentavo, se al venerdi’ con le mie amiche andavo in un certo pab/discoteca all’epoca molto noto, perche’ lui ed i suoi amici si recavano spessissimo li’…
era come in un linguaggio non verbale, suggerirmi di andare, per poterci rincontrare.
La notte, tante erano state le emozioni che non riusci’ a dormire… e con ansia aspettai il venerdi’ sera…, per andare al pab, ma fu una grande delusione, lui non c’era… ma io non riuscivo a dimenticarlo… fu la settimana piu’ lunga della mia vita.
Ed eccoci al successivo venerdi’, tante erano le speranza di rivederlo… mi vestii accuratamente, avevo un tubino arancione che era stato di mia madre negli anni 60/70, io lo resi piu’ moderno togliendoci le maniche e scollandolo un po’ di piu’… le scarpe erano un decolte’ di cuoio con la punta davanti aperta, con la zeppa alta, di sughero, erano tanto carine… i lunghissimi capelli scuri, ricci, che coprivano le spalle, avevo una chioma da leonessa,erano tanto di moda.
Giunti al pab , mi guardavo continuamente intorno nella speranza di vederlo arrivare.
ho talmente vivo in me quel momento, percepisco ancora l’ansia… i crampi allo stomaco, quel senso
di smarrimento e inadeguatezza nel rivivere una seconda delusione… era la prima volta che mi batteva forte il cuore…la sua assenza era diventata un peso insostenibile…
quando all’improvviso… eccolo arrivare, incrociare il mio sorriso…(forse da ebete) … mi arrivo’ accanto e mi disse: “ quanto sei carina…” io neanche risposi, tanto ero imbarazzata, non dissi neanche grazie…!
Passammo tutta la serata, seduti sul dondolo a chiaccherare, dopo dieci minuti ( in realta’ erano passate ore )arrivo’ la mia amica dicendomi che era gia’ ora di andare… quindi io stavo per alzarmi, Carlo invece mi blocco’ con il braccio e disse alla mia amica: la Paola, la porto a casa io.
I battiti del mio cuore si erano amplificati cosi’ tanto che avevo il timore che lui potesse sentirli.
Sotto casa continuammo a chiaccherare e prima di congedarsi da me, mi chiese di andare, sabato sera, a mangiare la pizza con lui… naturalmente non me lo feci ripetere due volte.
Mi accompagno’ davanti al portone di casa e mi diede la buonanotte…
ero felice… felice… mi piacque molto il suo comportamento, pensavo che avrebbe
provato a far l’asino, invece e’ stato troppo carino e gentile, come io desideravo che fosse… mi piaceva da morire… il modo in cui mi guardava, mi toglieva quasi il fiato.
Quella sera naturalmente … il dopo pizza si trasformo’ in una serie di lunghi baci interminabili, in un notissimo, per noi coppiette, parcheggio della citta’…
cosi’ divenni la sua morosa… da quella sera non ci siamo piu’ staccati per seicentoquaranta lunghi giorni… ero al settimo cielo, nei giorni seguenti, non riuscivo a mangiare… avevo le farfalle nello stomaco… era giugno del 1985.
Una domenica pomeriggio di settembre, del 1985, andammo a fare una passeggiata in macchina, e dalla p.zza di questo paesino dove ci eravamo recati per una fiera, c’e’ una strada che subito dopo sfocia in una serie di curve, in aperta campagna.
Lo facevo attendere da quattro mesi ormai… perche’ volevo essere sicura dei suoi sentimenti, non volevo fosse solo un’avventura, desideravo una storia vera… non volevo soffrire.. ero una bambina, talmente bambina che portavo ancora le mutandine a fiorellini… ricordo che la mia amica al suo diciottesimo compleanno, ricevette tanti completini sex di pizzo… io li guardavo con curiosita’ perche’ per me erano cose da grandi… che stupida, oggi adoro tutta la biancheria intima di pizzo nero.
Quel giorno indossavo una gonnellina verde scuro e una maglia di cotone bianco, fatta ai ferri… ad un tratto, Carlo, con fare da gnorri, appoggio’ la sua mano sulla mia gonna, tirandola su… pian pianino…
come se io non me ne accorgessi… quando capi’ che lo lasciavo fare… sterzo’ all’improvviso a sinistra in uno slargo, in prossimita’ di una curva… mi tiro’ a se e mi ritrovai con la schiena spiaccicata al volante… non opposi alcuna resistenza in quanto lo desideravo tanto anch’io… e’ stata un’emozione dolcissima… indescrivibile… che non avevo mai provato… se chiudo gli occhi sento ancora il suo respiro… le sue mani…il suo odore…
dio quanto fa male…non so cosa darei, per rivire solo un giorno di quel momento.
Nel 1996 vinsi un concorso per lavorare a tempo determinato, alle poste, ed io come localita’ misi appunto la citta’ presso la quale ero cresciuta e dove incontrai il mio grande amore, cioe’ Modena .
Fui assunta in un paesino della provincia di Modena ed un giorno, all’uscita dal lavoro decisi di ripercorrere tutti i luoghi che avevo frequentato con Carlo, lo ammetto mi sono fatta del male da sola, ma la tentazione cominciava a perforare la mia mente, i ricordi erano troppo forti… e decisi di andare sul luogo dove avevamo fatto l’amore per la prima volta… anche se e’ avvenuto in macchina e puo’ sembrare squallido, invece e’ stato il giorno piu’ bello della mia vita… ricco di emozioni, paure e una dolcezza infinita.
Inevitalbilmente le lacrime conparvero sul mio viso … risvegliare emozioni conosciute che un tempo hanno accarezzato la mia anima, le stesse che affollavano la mia mente, invadevano il mio cuore quasi a spezzarlo… avrei voluto cosi’ tanto andare indietro nel tempo, come si fa quando riavvolgi un nastro… avrei tanto voluto il tasto rewind… e quel momento farlo durare per l’eternita’.
Mi chiedo sempre perche’ Dio, non ci abbia dato una seconda possibilita’, se e’ vero che dobbiamo imparare dai nostri errori.
Vorrei tanto, ma proprio tanto… svegliarmi all’improvviso, scoprire di aver fatto un bruttissimo sogno… correre a casa di Carlo, abbracciarlo intensamente ricoprirlo di baci quasi a soffocarlo e dirgli: “ Amore Mio… sei l’amore della mia vita… ti amo da morire… ho fatto un bruttissimo sogno e’ ho temuto di perderti…”
I giorni passano con una velocita’ impressionante e mi ritrovo la sera, con la sensazione che siano trascorsi pochi momenti dall’inizio di questa storia meravigliosa, invece sono trascorsi 7395 giorni alla conclusione di essa.
A volte per non soffrire vorrei spostare l’amore dal cuore al cervello per essere piu’ razionale… allo stesso tempo vorrei invece, avere un’altra possibilita’ di stare con l’amore della mia vita…
ma un’opportunita’ persa… e’ persa per sempre.
Oggi, non avendo ancora avuto un bimbo, (per una serie di circostanze) , vivo nel rimorso di non
avergli raccontato una cosa molto importante che riguardava entrambi.
Una sera, durante il rapporto, abbiamo commesso degli errori, cioe’ io, li ho creduti tali, in quanto lui non ha accennato ad una minima titubanza…o fece finta…non saprei…
Ma io alquanto inesperta, mi feci prendere dal panico e di nascosto, il giorno dopo, corsi dal ginecologo e lo pregai di aiutarmi a liberarmi subito del problema
Gli spiegai cio’ che era successo, nei minimi particolari… mi ascolto’ attentamente, e mi diede una pillola che entro 24 ore mi avrebbe fatto venire il ciclo, e cosi’ e stato…
Ho vissuto giorni terribili al pensiero che lui potesse scoprirlo, avevo il terrore che, se solo gli avessi accennato che temevo di essere incinta, lui mi avrebbe subito lasciata,…la paura dell’abbandono ha preso il sopravvento… mi sono lasciata invadere dai pregiudizi che lui e la sua famiglia avrebbero potuto avere nei miei confronti…in quanto ero meridionale.
Pregiudizi privi di fondamento, ero io che mi fasciavo la testa prima ancora di rompermela, ero io che pensavo, che avrebbero avuto nei miei confronti giudizi negativi se solo avessero saputo… davo per scontato che non mi avrebbero mai accettato… mi venivano in mente tutte le cose cattive che mi inculcava la mia titolare… di conseguenza vivevo la mia storia con lui, come un contratto a termine, ed io, invece , non volevo che finisse, e l’unico modo che trovai per non comprometterla era eliminare quello che io consideravo un grave problema.
Il mio carattere fragile e tormentato ha costruito uno scudo per difendersi da giudizi che ancora si dovevano verificare e che forse non si sarebbero mai verificati, questo non lo sapro’ mai…, il timore che pensassero che avevo incastrato il figlio, la fissazione del razzismo , che mi perseguitava fin da bambina, si e’ impossessata di me , logorando la mia mente giorno dopo giorno… non volevo perdere la sua considerazione e il suo rispetto.
Gli ho fatto e mi sono fatta del male senza volerlo, per colpa della mia stupidita’che mi ha regalato solo incertezze, dispiaceri e dolori.
Oggi vivo nel rimorso e nel dubbio, e se per davvero aspettavo un bimbo…? forse maschio, come tanto avrei desiderato che fosse… adesso, se fosse stato davvero cosi’, nostro figlio avrebbe ventisei anni … come sarebbe stato se…
Il fatto di non poterne avere piu’… forse e’ stata una punizione per quello che ho fatto e che non ho mai avuto il coraggio di confessare.
Ed io, invece, da vigliacca, quando la storia fini’, nonostante fosse passato un anno e mezzo dalla sua conclusione, preferii scappare trasferendomi a Palermo dove ero nata e vissuta fino all’eta’ di otto anni fin quando i miei genitori decisero per ragioni di lavoro, di trasferirsi appunto in Emilia.
Non riuscivo a dimenticarlo nonostante altre frequentazioni, mi aveva spezzato il cuore e non riuscivo a riprendermi… non c’e’ la facevo piu’ a restare li’… a vedere che il mio sogno si realizzava ma con un’altra donna, credetti che allontanandomi avrei potuto dimenticare, lenire le mie sofferenze… credetti che 1200 km di distanza mi avrebbero aiutato a cancellare il mio dolore… ma con gli anni capii che non si puo’ sfuggire al dolore, il passato ritorna sempre e ti raggiunge ovunque…
Le scelte fatte sull’onda dell’emotivita’ possono essere dannose… devastanti… e per me lo sono state.
Ormai e’ tardi per reinventarsi una vita, il lavoro e una casa sono le basi della nostra esistenza…
mancando quelle, ti senti impotente.
Ricordo la sera in cui mi lascio’… come di consueto Carlo mi venne a prendere in negozio, era un lunedi’ sera, del 16 marzo 1987, avevo avuto l’ennesima giornata pesante con la mia titolare… ero piu’ distrutta del solito psicologicamente e fisicamente, questo stato di impotenza di non poter cambiare le cose, mi dilaniava… quella sera avrei voluto ucciderla… nel vero senso della parola…questa donna ebbe il potere di farmi venire l’esaurimento nervoso e mandarmi in depressione…
Per cui sali’ in macchina da carlo, non avevo neanche la forza di parlare tanto mi veniva da piangere…
arrivammo sotto casa mia, Carlo stava per salutarmi con un bacio ed io gli chiesi: rimani con me, ho bisogno di te… mi rispose: “ dai Paola, tanto ci vediamo domani sera…”
Non ci ho piu’ visto… andai subito in escandescenza… scoppiai a piangere e urlando come una psicopatica gli dissi: ma io ho bisogno di te, ORA… non me ne frega un cazzo se ci vediamo domani sera… avevo gli occhi fuori dalle orbite dalla rabbia…
Carlo mi guardava sconvolto… spaventato… forse non poteva credere di assistere davvero a quella scena,
comincio’ a scuotere la testa e mi disse: … no…! non e’ possibile… basta… non ne posso piu’… basta e’ finita… non possiamo andare avanti cosi’… basta.
Quando mi accorsi che faceva sul serio, cominciai a piangere piu’ forte, ero disperata e supplicandolo gli dissi: ti prego Carlo…non mi lasciare… ti supplico carlo… non mi lasciare…non mi lasciare…
Cominciai a strapparmi i capelli… mi graffiai tutto il viso e lui sempre piu’ spaventato mi guardava impotente, ed io intanto mi straziavo dal dolore…
La sera seguente , 17 marzo 1987 ore 21,30 circa… ci rincontrammo per chiarire… e girovagando per strada, si fermo’ in un piazzale , accosto’ l’automobile… eravamo soli… illuminati dalla luce della luna… e col cuore in mano, mi disse: Paola, ti amo, ma non possiamo andare avanti cosi’… io sto troppo male…
Io non piansi ne’ mi disperai… rimasi in silenzio ad ascoltare… e accettai passivamente la sua decisione senza ribellarmi, non provai neanche a dirgli che mi sarei impegnata a cambiare… che anch’io lo amavo… avrei voluto gridargli : voglio ricominciare da capo… ricominciamo da capo amore mio… avrei potuto anche raccontargli tutto, ma non lo feci, le parole non mi sono uscite…era come se fossi in uno stato di trance… e lo lasciai andar via… come si suol dire, quando ferisci troppo una persona, prima o poi se ne andra’… anche a costo di perderti… ed io ero consapevole di averlo ferito abbastanza.
Ironia della sorte si concludeva cosi’ la mia storia d’amore la’ dove nello stesso posto era iniziata…
Oggi… mi odio quando , in passato , ho pensato piu’ agli altri che a me… quando smisi di essere me stessa per non essere giudicata dalla gente…
Mi odio per averlo deluso… mi odio quando sono stata troppo timida e orgogliosa, quando facevo troppo la modesta, mi odio quando facevo finta di niente… e in realta’ morivo dal dolore.
La sua famiglia di oggi… avrebbe potuto essere la mia famiglia di ieri…
Ed io invece l’ho perso senza lottare… mi odio.
Ho sempre desiderato di potere un giorno, incontrare un uomo come mio padre… con la stessa dolcezza e premura con cui mi ha cresciuta… per me e’ stato un marito e un padre esemplare…
E Carlo in quanto a dolcezza e premure, si avvicinava molto al carattere di mio padre.
Era una persona perbene e sicuramente lo sara’ anche oggi…
Peccato averlo incontrato a diciannove anni, se ne avessi avuto almeno ventisei, forse avrei affrontato la storia con una maturita’ diversa.
A proposito di dolceza… ricordo ancora che quando pioveva , nonostante abitassi a cinquecento metri dal negozio, mi veniva sempre a prendere in macchina pur di non farmi bagnare e con l’ombrello mi accompagnava allo sportello…
Poteva benissimo dormire per un’altra mezz’oretta, prima di recarsi anche lui al suo negozio, e invece preferiva cosi’…
Per me questi atteggiamenti erano del tutto normali, quasi scontati… non ci vedevo niente di eclatante… per cui forse manco li apprezzavo… come la mia foto sul suo comodino… chissa’ che fine ha fatto quella foto… in realta’ non e’ vero, col senno di poi mi rendo conto che questi comportamenti sono scontati se li adotta un genitore … ma quando invece li ha un moroso, sono solo da apprezzare… ma io , li apprezzo e ne capisco il valore solo oggi, peccato…
Se ripenso a tutto il rapporto, sono stata davvero immatura e capricciosa, avevo trovato un bravo ragazzo e me lo sono fatta scappare.
Ero insofferente per tutto, non mi stava mai bene niente di quello che faceva, gli rimproveravo perche’ al venerdi’ beveva la birra con i suoi amici e rincasava tardi.
Gli facevo sempre la paternale perche’ avevo paura che gli succedesse qualcosa in macchina perche’ aveva bevuto, mi vestivo di un ruolo che non mi competeva, cioè facevo la mammina preoccupata.
Pero’… gli rimprovero una serie di cose che non approvavo nel nostro rapporto ma che non avevo il coraggio di affrontare… piantavo solo dei musi, o piangevo e lo trattavo con insufficienza, perche’ davo per scontato che ci dovesse arrivare da solo senza suggerimenti… a me sembrava assurdo dovergli dare spiegazioni su come si comportava a volte con me…… ma gli uomini arrivano sempre dopo rispetto a noi donne, questo l’ho imparato con gli anni, quello che per noi e’ scontato e palese, a gli uomini va’ invece suggerito come si fa con i bambini…
Noi non ci vedevamo quasi mai di giorno, perche’ la domenica mattina dormivamo fino a pranzo, al pomeriggio c’erano le partite e non potevamo stare insieme perche’ lui li guardava con gli amici.
Una sera rimasi a piedi con la macchina davanti al pab che frequentavamo di solito e mi feci accompagnare a casa dalle mie amiche.
Carlo mi accompagno’ il giorno seguente a riprendere la macchina, in quel periodo mi facevo l’henne’ ai capelli, che mi dava dei riflessi rossi su tutta la capigliatura, ma si notavano solo di giorno con la luce.
Il sole stava per tramontare, siamo scesi dalla sua auto, evidentemente un raggio di sole illumino’ i mie capelli, lui mi guardo’ e mi disse: ma tu sei rossa…!!?!! lo guardai sconcertata ed esclamai: “ ma va’… ?? avrei voluto prenderlo a schiaffi e dirgli: grazie al cavolo, di giorno non ci vediamo mai!!! Come puoi accorgerti del colore dei miei capelli…
Stavamo insieme da pochissimo tempo, si avvicinavano le ferie, e Carlo mi comunico’ che ad agosto sarebbe andato in Spagna con i suoi amici, che avevano gia’ prenotato a febbraio, mi dispiacque un po’ ma effettivamente stavamo insieme da giugno, e non mi sembrava corretto impedirglielo.
Nei giorni seguenti, sentivo la sua mancanza, non vedevo l’ora che ritornasse da me… mi mando’ tante cartoline che ancora oggi conservo gelosamente.
Erano passati molti mesi e il natale era alle porte, lo abbiamo trascorso ovviamente con i nostri famigliari ognuno a casa propria, l’ultimo dell’anno invece lo aspettavo con ansia perche’ ero certa di trascorrerlo con l’amore mio, il nostro primo capodanno… avevo le fregole…
Invece… mi disse che si era organizzato con gli amici che avevano prenotato anche per lui.
Provai una delusione mostruosa, come ricevere un pugno allo stomaco… non me lo sarei mai aspettato che dopo sette mesi avrebbe preferito trascorrere il trentuno dicembre 1985, con gli amici… come al solito piantai un muso lunghissimo e mi vendicai …
Trascorsi la serata in casa con i miei e la zia di Roma, un mortorio… una tristezza…
A mezzanotte Carlo chiamo’ per farmi gli auguri, feci rispondere a mia zia (complice) la quale gli disse che ero andata ad una festa con le amiche.
Il giorno dopo mi chiese dov’ero stata, con chi, gli raccontai una serie di bugie e non ha mai saputo la verita’.
Finalmente era arrivata l’estate del 1986, i miei andavano in ferie per tutto il mese di agosto, a Palermo, bellissimo… avevo casa libera per un mese intero… e speravo di trascorrerci molte notti insieme a Carlo…
Con grande rammarico, anche stavolta mi comunico’ che sarebbe ripartito per la Spagna con i suoi amici.
Incassai nuovamente il colpo e decisi che non avrei trascorso un mese intero, da sola, a casa, a girarmi i pollici.
Cosi’ accettai l’invito della mia collega , che sapeva che ero rimasta a casa da sola.
Mi presento’ tutti i suoi amici e ci divertimmo come dei matti per tutto il periodo.
Passavo da casa solo per lavarmi e dormire… e’ stata l’estate piu’ bella della mia vita… mi sono divertita da morire
e per vendicarmi accettai la corte di Davide al quale diedi un bacio a stampo in una discoteca di Rubiera.
Quando Carlo ritornò dalla Spagna, litigammo perche’ i suoi amici gli avevano raccontato che mi ero data alla pazza gioia e che Davide mi ronzava intorno… mentre furioso scendeva le scale di casa mia, io lo chiamai per fermarlo e invece di chiamarlo Carlo, lo chiamai Davide, mi guardo’ con odio, volto’ le spalle e ando’ via… da quel giorno divento’ geloso e mi fece capire chiaramente che non aveva piacere che uscissi con i miei amici il venerdi’ sera e mi suggeri’ di uscire con le morose dei suoi amici, ed io per amore lo accontentai.
E cosi’ dopo l’estate cominciammo a fare progetti per l’ultimo dell’anno.
A Natale mi regalo’ un cardigan lungo di colore nero e all’interno dei bottoncini ci sono degli strass, e’ ancora appeso nel mio armadio…
Abbiamo trascorso il 31 dicembre del 1986 in montagna, con altre coppie, poi abbiamo terminato la nottata nella nostra camera, ricavata da un suo appartamento da ristrutturare, che si trovava e si trova proprio sopra all’appartamento dove viveva con i suoi.
Aveva creato una camera tutta per noi, pur di non stare in giro in macchina, aveva dipinto le pareti in azzurro, aveva messo una stufetta, un lettone enorme e uno scaffale pieno di peluche, sulla testata del letto, io, avevo messo un enorme poster che raffigurava la maternita’, c’era una donna nuda col neonato nudo appoggiato al seno… era bellissimo.
L’ ultimo S.Valentino mi regalo’ una rosa accompagnata da un biglietto che ho qui accanto a me… andammo fuori a cena, a mangiare il pesce in un noto ristorante in fondo a via Pia… durante la serata ci mangiavamo con gli occhi… avevamo fretta di terminare per poter raggiungere casa nostra, per amarci tutta la notte…
Nonostante non sempre approvavo i suoi comportamenti, lo amavo per tutti gli altri pregi che possedeva… bastava superarli parlandone… col dialogo… con quel dialogo che per colpa mia, non c’e’ mai stato perche’ io avevo deciso cosi’ da persona immatura.
Ad agosto del 1987, al rientro dalle ferie, comunicai al marito della mia titolare, che mi licenziavo, non facevo piu’ torto a nessuno dal momento che non ero piu’ la morosa di Carlo…
Finalmente riacquistai la mia dignita’ e serenita’, mi sentivo come un uccellino fuori dalla gabbia e percorrendo a piedi via Clelia all’altezza dei carabinieri, guardai il cielo e dissi: “ sono libera… finalmente sono liberaaaaaa…”
Alla fine di settembre, un altro negozio mi propose di andare a lavorare per loro ed io accettai subito.
Un giorno incontrai Carlo e glielo raccontai, ne fu contento.
Nei mesi che seguirono, al lavoro procedeva tutto bene, la gerente del negozio mi trattava benissimo, andavamo molto d’accordo, mi piaceva lavorare li’, avevo riacquistato piu’ fiducia in me stessa e non ero piu’ nervosa.
Ma non avevo dimenticato assolutamente Carlo… soffrivo … quando facevo le vetrine, guardavo sempre la strada e speravo di vederlo passare.
A volte inaspettatamente mi piombava al negozio per salutarmi… quasi volesse constatare in me un cambiamento nel carattere ora che ormai mi vedeva piu’ rilassata e che mi ero liberata da un incubo.
La vigilia di natale del 1987 mi porto’ un regalo, mi chiese di aprirlo davanti a lui… era un porta cioccolattini in vetro che a me piaceva tanto e che avevo visto nel suo negozio quando ancora stavamo insieme.
Ora lo sto guardando, si trova di fronte a me, nella vetrina del soggiorno…
sono cosi’ meravigliata come le cose materiali possano durare per sempre e i sentimenti invece avere una vita breve.
Lo ringraziai e ci scambiammo gli auguri… mi chiese dove avrei trascorso l’ultimo dell’anno, ma io rimanevo in casa con i miei, lui invece era stato invitato da suo cugino ( colui che quella sera, gli fece conoscere la sua attuale moglie).
Mentre mi dava il regalo, lo sentivo che provava ancora qualcosa per me, lo sentivo il suo affetto… ma nessuno dei due si espose piu’ di tanto… avrei voluto chiedergli di uscire … avrei voluto chiedergli se c’era la possibilita’ di un altro noi… ma non ne ebbi il coraggio perche’ pensai che se mi avesse voluto ancora con se’, lo avrebbe chiesto lui stesso.
Se lo avessi fatto… non avrebbe mai conosciuto sua moglie…
Ma con i ma e con i se, non si va da nessuna parte.
Oggi sono trascorsi venticinque anni e mi ritrovo a mettere su carta, tutto il mio malessere interiore, ho impiegato quasi un anno per terminare questo mio racconto, in quanto rievocare ricordi belli e brutti mi fa stare molto male, continua a farmi male , oggi come all’ora, alcuni giorni ho dovuto smettere di scrivere per quanto stavo male.
scrivo con il rammarico di non avere la possibilita’ di tornare indietro per potere cambiare le cose ed e’ per questo che non riesco a perdonare quella ragazza di quasi vent’anni, non riesco a perdonare la sua stupidita’, gia’ quella stupidita’ che mi ha rovinato la vita.
Come faro’ io a perdonarmi…? come faro’ a vivere con questo rimpianto…? Dio aiutami… aiutami a trovare la forza per andare avanti e non vivere piu’ nel passato.
Avevo trovato, come cenerentola, il mio principe azzurro ma a differenza sua, io quella scarpetta non l’ho piu’ indossata ed ho perso il mio principe.
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