Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Sensi” di Stefania Pagano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Me ne andai sulla spiaggia.

Era il giorno del mio quarantacinquesimo compleanno. Avevo litigato con mia figlia e mio marito.

Il cielo minacciava pioggia, ma a me piaceva il mare con il tempo cupo.

Qua e là qualche ombrellone: un tocco di colore sconfiggeva il grigiore del cielo e della spiaggia.

Un uomo era seduto sulla sdraio vicina alla mia. Guardai il cielo che era di umor nero come me; sorrisi alla natura mia complice.

La rabbia era sbollita, quando una folata di vento fece volare via il mio pareo. Mi sentii ridicola. Il vento sembrava prendermi in giro: più ero vicina ad afferrare il largo foulard, più la corrente d’aria lo allontanava. Scoraggiata decisi di fermarmi per non continuare a manifestare la mia goffaggine.  Iniziava a fare fresco ed io ero con un assurdo due pezzi troppo piccolo per una della mia età. Ma come fare a spiegare che, per uno strano modo di vedermi, soltanto con un due pezzi piccolo riuscivo ad accettarmi?

Ma perché mai mi stavo ponendo tanti problemi. La spiaggia era semivuota e non credo che la mia vicenda con il pareo e il vento potesse destare l’attenzione di chicchessia.

Mentre affondavo nella sabbia che diventava melma sotto la pioggia, l’uomo mi venne incontro con il mio pareo e me lo poggiò sulle spalle. Fu bello sentire il tepore del cotone sulla pelle.

Riconobbi l’uomo che era sdraiato poco prima accanto al mio ombrellone che, al mio sguardo frettoloso, era parso vecchio e stanco tanto da non soffermarmi più di tanto.

“Grazie”– gli dissi con sincera riconoscenza.

Intanto la pioggia si era fatta tempesta.

Corremmo a ripararci sotto il gazebo; il profumo del caffè ci raggiunse confortevole.

Guardai il mare: saette si rincorrevano sulle onde.

“ Un caffè ?”

Notai il suo sguardo vivo mentre me lo chiedeva.

Era meno vecchio di come mi era apparso poco prima.

“Sì!- risposi – almeno ammazziamo il tempo!”

“Il tempo non si ammazza-si vive: ora viviamo il tempo di un caffè.” Disse lui senza boria.

Mi vergognai del luogo comune che avevo usato. Io, che detestavo parlare per luoghi comuni, ero stata colta in fallo.

Lui mi rivolse un sorriso tenero e comprensivo che non mi offese. La cosa mi turbò. Da quanto tempo un uomo non mi guardava così, mi chiedevo mentre i miei occhi affondavano nei suoi. Mi sentivo sicura. Protetta.

Bevemmo il caffè con calma mentre la tempesta si andava placando. Un pensiero molesto mi disturbava, quello di dover tornare a casa.

Lui notò il mio disagio. Mi sentii in dovere di spiegare.
”Sa, mio marito e mia figlia saranno preoccupati” dissi.

Ma in realtà ero io ad esserlo. Quel mio stare seduta a chiacchierare con uno sconosciuto che però non mi sembrava uno sconosciuto; la strana sensazione di pace che mi aveva pervaso mi disorientava. E che male c’è ? mi ripeteva una vocina e un’altra che mi invitava a tenere i piedi per terra, a non farmi prendere da emozioni fuorvianti.

Ma le sensazioni mi sommersero come le onde del mare che battevano con violenza sulla scogliera.

Un leggero rossore mi imporporò le guance quando mi avvolse le spalle con il suo braccio e mi invitò a seguirlo sulla terrazza a guardare il mare in tempesta.

Il vento era diventato forte e stava ripulendo il cielo, ma tormentava la massa d’acqua come quella vicinanza stava tormentando la mia anima.

Sentivo con prepotenza il bisogno di abbracciarlo e di affondare la mia lingua tra le sue labbra carnose e morbide. Lo guardavo con languore mentre tutto il mio corpo non rispondeva se non ad istinti irrazionali. Stava crollando una serie interminabile di recinzioni. La mia mente offuscata mentre il cielo si andava liberando delle nuvole e qualche raggio di sole obliquo si faceva strada all’orizzonte.

Non mi riconoscevo più. Dove era andata a finire l’impiegata assennata, la madre attenta, la moglie fidata.

Mi sembrava di essere entrata in un vortice e la testa iniziò a girarmi tanto da dovermi ancorare al suo braccio.

Lui mi strinse la mano. Che sensazione piacevole mi pervase.

Ecco che mi sentivo donna. Donna. Donna.

Lasciai che i miei sensi assopiti dalla routine, ritornassero.

Odoravo il suo profumo di sapone al sandalo misto con quello del mare, sprofondai nei suoi occhi chiari più di una volta affondando in essi, sfiorai e mi feci sfiorare la pelle che al contatto sembrava possedere una vita propria. Azzerai la mia razionalità e mi lasciai trasportare.

Non so come e dopo quanto tempo né come ci fossi arrivata, ma mi trovai a casa.

Qui non trovai nessuno. Ed io che mi ero preoccupata che loro lo fossero. L’irritazione placò il mio senso di colpa, ma ero tornata ad essere madre e moglie. Il tempo passava e non tornavano. Subito pensai alla collera divina. Adesso sarebbe arrivata una telefonata e avrei saputo della disgrazia. Io, madre e moglie irresponsabile avevo lasciato loro in balia di una tempesta e chissà…

. Provai a telefonare sul cellulare: nessuna risposta. Era strano: nessuno dei due si allontanava senza quel maledetto telefonino che suonava sempre nei momenti meno adatti.

Scoprii che quello di mia figlia era rimasto in carica a casa, ma nemmeno questo mi tranquillizzò.

Non riuscivo a pensare. Ricordare soltanto un attimo a come ero stata bene solo qualche ora prima, mi faceva stare da schifo. Mi sentivo indegna e sporca e misera.

Tornarono a notte fonda. Il cellulare di mio marito si era scaricato.

“E non potevate farmi una telefonata da una cabina”? “Cos’è senza il cellulare non è più possibile comunicare??!!”

Non ci avevano pensato. Erano al cinema e non si erano nemmeno accorti del temporale!

“Abbiamo già mangiato una pizza”, disse mia figlia.

“E se avessi aspettato voi per mangiare “? Non sono tenuta in alcuna considerazione io?”

“Ma per come sei andata via, chi si aspettava da te una cena.” Fu la risposta di mio marito.

Me ne andai a letto senza cena, con un gran mal di testa e dimentica quasi del tutto di quelle ore vissute sotto il temporale.

La mattina dopo ritornai in spiaggia con la famiglia.

Mi guardai in giro per vedere se c’era l’uomo che avevo incontrato, quasi ad accertarmi che non fosse stato solo un sogno di una donna sulla via del declino. Non ci pensai più.

Quando iniziarono a giocare a pallavolo, andai al bar per un caffè. Mi annoiavo a morte. Ero così assente che quando mi imbattei nel suo sguardo ebbi un sussulto. Riuscii comunque a riprendermi e dissi:

“Oggi il caffè glielo offro io.” visibilmente contenta di rivederlo. E lui: “C’è Toquino stasera all’arena. Ci andrà ?”

Rimasi stranita. Era un invito? Glielo chiesi e lui mi rispose che era una semplice domanda.

“A me Toquino piace da morire” e mi sarebbe piaciuto andarci con mio marito, ma questo lo pensai soltanto.

Tornai all’ombrellone e chiesi a mio marito se voleva venire.

“Ehi Giulia ti va di andare al concerto di Toquinio stasera ? “

“No, non mi piace è troppo dolciastro!”  rispose lei.

“No!” mi rimandò lui. E aggiunse  “ Non possiamo lasciarla da sola. Si annoierebbe!”

“Ma io avrei voluto andarci con te, da sola. “

“Ma che sono queste romanticherie!”

Così al concerto ci andai con un uomo sconosciuto, vent’anni più di me e ottimo conversatore.

Entrambi fummo rapiti dalla musica e mentre lui cantava in brasiliano io cantavo in italiano. Ci facemmo notare anche dall’artista che ci volle in scena.

E cantammo con lui. Io diedi aria al mio desiderio di apertura alla vita e lui era bravissimo nel modulare la voce. Una coppia perfetta.

Mi accompagnò sotto casa. E non so se per riconoscenza  o altro, lo baciai. Così restituii all’ultimo senso, il gusto, una rinnovata vitalità. Fu un bacio pieno, ricco, morbido, e lo amai perdutamente.

Ogni anno rinnovo il ricordo, ovunque mi trovi. E’ il mio segreto che nessun senso di colpa potrà mai sciupare.

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6 commenti »

  1. Già, spesso accade di cercare fuori di noi stessi ciò che ci serve per cedere alle nostre debolezze. Bello l’accostamento col mare.

  2. Hai ragione, fuori di noi a volte si cerca ciò che ci manca, però ci vuole anche un pizzico di coraggio a continuare una vita che ci sta stetta e a trovare conforto in un ricordo. Grazie mille e in bocca al lupo per il concorso.

  3. Il racconto crea un’atmosfera cosi’ realistica quasi palpabile nella quale mi sono ritrovata avvolta Più che leggere ho avuto l’impressione di essere spettatrice DENTRO la storia. Bello e emozionante. Grazie

  4. Molto bello, molto emozionante…prevale lo sconosciuto , l’isola di salvataggio per sfuggire dal sol funzionare quotidiano di una donna alla ricerca di armonia , di pace interiore, di AMORE! Brava 🙂

  5. Ciao Stefania, ho letto il tuo racconto e vorrei fare qualche osservazione. Innanzitutto l’accostamento con il mare e il temporale richiama atmosfere romantiche (in senso storico, non emotivo) che trovo un po’ datate: la burrasca esterna che riflette gli smottamenti interni rischia di mimare uno stile sturm und drang / Emily Bronte che trovo un po’ trito e ritrito. Poi, forse volutamente, spesso risulti incoerente concentrando in poche righe sensazioni opposte come irrequietezza e sicurezza. Infine, forse questo non è voluto ma frutto di sviste, la punteggiatura a volte fa cilecca. il finale, con loro due sul palco con Toquino, beh, chiude a tarallucci e vino una situazione che avrebbe avuto più forza nella sospensione. Cordialmente!

  6. E’ un racconto vero, autentico; dal carattere forte e sincero. Complimenti!

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