Premio Racconti per Corti 2011 “Il presagio” di Maria Teresa Tallone
Categoria: Premio Racconti per Corti 2011Simone, 36 anni, alto e magrissimo, lo sguardo perso dietro un pensiero ossessivo, la tracolla con la fotocamera che gli sbatte sul fianco a ogni passo, cammina spedito verso l’auto che è parcheggiata in pieno sole.
‘Sarà bollente’ pensa mentre aziona il telecomando che fa scattare le serrature.
Ha già aperto la portiera quando trasale sentendo una mano posarsi sulla sua spalla. Si volta e vede una zingara ferma accanto a sè. Con uno strattone, cerca di liberarsi, ma lei glielo impedisce artigliandogli il braccio con forti dita ossute.
‘Mi ascolti, signore, sento che devo parlare con lei. Mi faccia vedere la sua mano sinistra, voglio controllare una cosa’.
Simone la guarda. E’ una bella donna alta, pelle olivastra, capelli nerissimi raccolti in una crocchia fermata da pettinini esaltati dal sole in luccichii colorati, al collo una catena con pendagli a fogge strane e brillanti occhi scuri piantati nei suoi.
Vorrebbe salire in macchina e non farsi intrappolare da lei, ma i suoi piedi non lo ascoltano, sono ancorati al terreno e, con uno strano senso di ineluttabilità, lascia che la donna gli prenda la mano e ne scruti il palmo.
Lei la tiene delicatamente fra le sue, la esamina assorta, ne sfiora con un dito le linee e, dopo un tempo che a Simone pare interminabile, dice:
‘Si, la tua mano mi conferma quello che ho sentito. Appena ti ho visto, ho capito che tu diventerai famoso, molto famoso e questo avverrà entro la fine della settimana: dovevo dirtelo, capisci?’ e lascia andare la mano, improvvisamente disinteressata.
Si sta già allontanandosi quando Simone, estratti 20 euro dal portafoglio, chiede:
‘ E come diventerò famoso? Vincerò al superenalotto? Mi fidanzerò con Lady Gaga?’
La donna si volta, prende la banconota e, senza guardarlo, mormora a voce bassa:
‘Non lo so, davvero non lo so, ma succederà, sono sicura che succederà’ e se ne va lasciando Simone interdetto a guardarsi la mano.
Scuotendo il capo, entra in macchina e si siede sul sedile bollente: ‘Chissà perchè sono stato ad ascoltarla. Le ho pure allungato 20 euro’
S’immette intanto nel traffico caotico dell’ora di pranzo e poco dopo l’insistente suoneria del cellulare lo costringe a rispondere.
‘Si, si, stai tranquillo, è tutto pronto, stasera ti porto le foto. Lo so che non posso rimandare, è tutto pronto, ti dico. Ah, sai, poco fa mi ha bloccato una zingara, mi ha letto la mano e ha detto che entro la fine della settimana sarò famoso.
Un buon presagio per la mostra, no?’
Chiude la telefonata con una risatina nervosa, e torna a chiedersi se
quelle che ha scelto siano le foto migliori, se non abbia scartato le più significative.
Da quando Giancarlo gli ha proposto di allestire una mostra nella sua galleria, ha passato serate intere a riguardare le foto che ha scattato scegliendo, scartando riscegliendo e riscartando e ora, pur sapendo che non può più cambiare nulla, i dubbi non se ne vanno.
Giunto a casa, apre ancora una volta la cartella.
‘Sono banali, banali. Non rendono la drammaticità delle situazioni che ho visto’
Chiude la cartella con un colpo secco, si accende una sigaretta e lascia affiorare liberamente le immagini che si porta dentro confrontandole ancora una volta con le foto che ha scelto.
Negli ultimi due anni, ha trascorso ogni giorno libero sulle coste italiane e spagnole ad attendere l’arrivo notturno dei barconi stipati di migranti che affrontano il mare per sfuggire a chissà quale miseria. Ha raccolto migliaia di immagini senza mai riuscire a catturare con il suo obiettivo quella disperata speranza che avvertiva a pelle in quei corpi stremati.
Neppure le foto del campo di Tarifa, nel sud della Spagna, con le sue seimila croci a ricordare gli africani che non hanno mai raggiunto la costa, rendono l’emozione che lui ha provato alla vista di quel cimitero di nomi senza sepolture.
‘Basta, è il meglio che sono riuscito a ottenere, le espongo e basta’.
Più tardi, lo chiamò Elvira:
‘Stasera usciamo o sei sempre occupato con la tua mostra?’
‘Puoi venire a cena da me, prepariamo qualcosa di veloce’
‘Si, così poi tu passi il tempo a spiegarmi perchè non sono i capolavori che tu avresti voluto. No, grazie, ci vediamo un’altra volta’ e riattaccò senza dargli il tempo di rispondere.
Stette un momento col ricevitore in mano, indeciso se richiamarla e poi, alzando le spalle, lasciò perdere. ‘ Ci sarà tempo per i chiarimenti’.
Infine, giunge il venerdì, giorno dell’inaugurazione.
Simone si alza presto, esce sul balcone e si sente felice: il cielo è terso, il sole di fine maggio illumina la città e una leggera brezza ne mitiga il calore.
‘Il cielo è con me’ canticchia allegro e, subito dopo il caffè, comincia a telefonare agli amici per assicurarsi che nessuno dimentichi l’appuntamento del tardo pomeriggio.
Nel corso della giornata, spesso, gli si para davanti il bel viso della zingara e Simone le si rivolge dicendo: ‘ spero tu sia una vera indovina’ e fantastica sulle critiche favorevoli dei giornali che lo renderanno famoso.
Dopo che l’ultimo visitatore ha lasciato la galleria, Simone ubriaco di parole e di complimenti, è fermo sul marciapiede in attesa che Giancarlo metta in funzione il sistema d’allarme quando una massa pesante gli piomba addosso, scagliandolo con violenza a terra.
Poco dopo, quando l’amico esce in strada, si trova di fronte uno spettacolo assurdo : una donna grossa, con il vestito rialzato che lascia scoperte le cosce gigantesche e le interminabili mutande bianche, è a terra e, sotto di lei spuntano un braccio e le gambe di Simone.
Prima che Giancarlo abbia il tempo di riaversi e chiamare i soccorsi, la donna solleva la testa, si guarda attorno e comincia a urlare : ‘no, non è possibile, sono viva anche stavolta. Mi sono buttata dal sesto piano e sono viva!’
Per Simone invece, la corsa al pronto soccorso è inutile: nell’impatto con quel corpo colossale, si è spezzato l’osso del collo.
Oggi, tutti i media parlano dello strano caso del fotografo che ha ammorbidito la caduta dell’ aspirante suicida salvandole la vita e una carrellata veloce delle foto dei suoi migranti fa una rapida comparsa nei vari telegiornali.
Un artista sogna sempre che la sua Arte possa essere apprezzata e raggiungere il grande pubblico. Credo che Simone, se potesse vedere il mondo dopo la sua dipartita, sarebbe sicuramente felice.
Se ti va mi daresti un tuo parere sul mio racconto “Mi manca anche la testa” ? L’ho scritto per il 2011 che è l’Anno del Volontariato. Alessandro Musella