Premio Racconti per Corti 2011 “Ranuncoli” di Alessandra Ponticelli
Categoria: Premio Racconti per Corti 2011Sul comodino la sveglia segna le nove. Squilla il telefono. Viola si alza. Corre a rispondere. E’ la sua amica Chicca che la chiama per farle gli auguri di compleanno. La ringrazia, scherza un po’ sui suoi cinquantatré anni e riaggancia. Fa una doccia veloce, s’infila un camicione a fiori, leggero, calza un paio di Birkenstock e scende al bar. E’ sabato. La piazza è deserta. Fa caldo. Tutti sono già in viaggio verso il mare. Saluta il barista, lui ricambia e le chiede che programmi ha. Viola sorride. Non risponde. Aspetta che le serva il caffé. Lo beve e i suoi occhi nocciola sembrano raccontarne soddisfatti il buon aroma. Prende il resto, fa un cenno con la mano, si lascia uscire un ciao e si allontana.
E’ bella la città d’estate. Vi si vedono cose mai notate prima. Viola fissa lo sguardo sul chiosco dei fiori. E’ sempre stato lì, ma se ne accorge solo ora. Non ha nessuno a cui regalare dei fiori. Si ferma, riflette un istante e decide di entrare. L’aria fredda che esce dal condizionatore posizionato in alto attraversa il suo corpo e lo rinfresca. Chiede all’omino seduto dietro al banco se i fiori alla sua destra sono dei ranuncoli. Lui risponde di sì. Dice di preparargliene una ventina. L”uomo li avvolge in una carta gialla increspata e li lega con un fiocco rosso. Lo ringrazia, paga e col mazzo di fiori in mano si dirige a prendere la macchina. Svolta a sinistra, imbocca una strada e la percorre tutta. Sale sulla sua Pluriel, avvia il motore e parte. La città sembra guardarla e lei guarda la città. I grandi casermoni di periferia sembrano correrle accanto, volerla seguire in quella gita improvvisata verso la montagna. Viola lancia un’occhiata ai ranuncoli sistemati sul sedile del passeggero. Si sente meno sola. Non sa perché li ha comprati e nemmeno se dureranno a lungo, ma le fanno compagnia. Accende la radio: due imbecilli stanno raccontando una barzelletta del cazzo. Poi Bob Dylan inizia a cantare Mr. Tambourine Man. Viola la intona mentre guarda di nuovo i fiori come per cercare la loro approvazione.
Adesso la strada si è fatta in salita. Le curve diventano larghi tornanti che abbracciano la campagna illuminata da un sole battente. I vigneti lasciano il posto a una fitta vegetazione. Viola preme il piede sull’acceleratore. Corre, corre verso la montagna, accompagnata dal fischio delle gomme che stridono sull’asfalto. Incrocia un motociclista che le urla di andare a farsi fottere. I ranuncoli. Hanno ridato un po’ di colore alla sua vita. Li guarda ancora. In lontananza si vede il valico. Pochi chilometri, non più di due, e finalmente sarà lassù, sulla cima.
Viola è arrivata. Parcheggia la macchina su un piazzale e si mette a osservare la vallata. Estrae dalla tasca una vecchia lettera. E’ di sua madre. Risente la sua voce: ” 19 luglio 1982. Auguri tesoro! Sai com’è fatto il babbo. Dagli un po’ di tempo e vedrai che capirà. Non è facile per lui accettare che tu abbia deciso di vivere con un uomo senza sposarti. E mi raccomando fatti viva! Un bacio, la mamma”.
Viola ha in mano il mazzo di fiori. Gli occhi sono umidi. Prende dalla tasca il cellulare. Fa un numero. Una voce anziana sibila: ” Pronto…” ” Mamma? Sono io”, dice Viola. S’incammina per una strada sterrata. In fondo, tra gli alberi, s’intravede un casolare. Fa fresco. Respira Viola, respira profondamente, ascoltando il silenzio che la circonda. Vede la porta della sua casa. Tutto è rimasto uguale. Bussa. Una donna anziana e curva le apre. E’ sua madre. Sorride. Impossibile non riconoscere il suo sorriso. La stringe mentre le porge i ranuncoli rossi. I suoi fiori preferiti.
La ricchezza di dettagli che evocano una vita vissuta fino in fondo, rendono facile l’identificazione con le sensazioni della protagonista. Chi può vivere senza ricordi? E’ sempre bello riguardare una vecchia foto o rileggere una lettera, facendoci rivivere quei momenti che non ci abbandonano mai e ci rendono migliori…
Grazie Flavia!
La città: il presente. La campagna: il passato. Il chiosco di fiori che: «È sempre stato lì, ma se ne accorge solo ora», a simboleggiare il fatto che a volte le cose non si vedono fino a quando non è arrivato il momento giusto. I fiori che rievocano il passato e diventano anche mezzo per tornare ad esso. La riconciliazione con un passato invecchiato: «Una donna anziana e curva le apre», ma solo nella sua forma esteriore: «Impossibile non riconoscere il suo sorriso». Bellissimo corto: scenografico, gravido di simboli e significati. Bellissima anche la sinestesica frase: «i suoi occhi nocciola sembrano raccontarne soddisfatti il buon aroma».
Ringrazio Pierandrea per il bel commento e soprattutto per avere colto in pieno ciò che volevo trasmettere quando ho scritto questo racconto.
Scritto molto bene e con grande trasporto. Atmosfera e immagini che ci fanno vivere il bello della città d’estate e di una fuga fuori porta, verso la natura, verso il passato, verso i valori, verso ciò che è la parte più vera di noi. Complimenti.
Se ti va potresti darmi un tuo parere sul mio soggetto “Mi manca anche la testa” ? E’ un soggetto per cortometraggio che ho scritto per il 2011 Anno del Volontariato. Alessandro Musella
Grazie Alessandro!
Dei fiori comuni che hanno il sapore delle cose semplici che spesso ci capita di lasciare, ma alle quali non smettiamo mai di pensare, sino a qundo non ce ne riappropriamo, riconoscendone oltre la semplicità anche la forte valenza affettiva. Un ritorno fortemente voluto, forse non definitivo, ma comunque frutto di una salutare ed opportuna revisione delle cose passate.Affettuoso
Solleone sulla schiena, Birkenstock ai piedi, occhi grondanti nocciola. Solo un mazzolino potrà salvarci dalla desolazione del caldo, solo un mazzolino per la mamma. Mi piace.