Premio Racconti nella Rete 2025 “L’atomo di pane” di Elisa Murgioni e Lapo Querci (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025La lezione di Chimica
Le 10:45, ancora troppi minuti prima dell’intervallo. Le parole della Professoressa Pioni erano sintonizzate con il lento movimento delle lancette. Parlava strisciando le esse e ad ogni brusio stropicciava il naso come un topo di fronte ad una forma intonsa di parmigiano stagionato.
“…per cui, nel lungo e tortuosissimo percorso del pensiero scientifico, si colloca lo sviluppo progressivo, mai definitivo, dei modelli dell’atomo. Questi non devono essere fraintesi come descrizioni letterali della realtà fisica, ma più correttamente dei costrutti teorici…”
Elettra sbadigliò. Silenziosamente, ma con la stessa intensità di una frana lenta.
“…l’etimologia stessa del termine atomo rimanda al concetto di indivisibilità, dal greco átomos, come sanno anche i sassi l’alfa privativa rimanda al limite di divisibilità della materia…”
10:47
Un brontolio inizia a bussare con insistenza allo stomaco di Elettra.
“…un concetto basilare, spesso frainteso, è il concetto di modello… un modello è una rappresentazione semplificata, finalizzata a descrivere fenomeni complessi in modo più accessibile alla comprensione umana… nel caso dell’atomo, essendo la sua struttura intrinsecamente e irrevocabilmente al di là della percezione sensoriale diretta e immediata dell’essere umano, gli scienziati, si sono avvalsi di una serie di modelli concettuali…”
La fame ora è più forte di prima. Elettra alza la mano timidamente.
“Professoressa, posso andare al bagno?”
Un panino al salame nascosto nello zaino e, vista l’intolleranza della Pioni nei confronti di certe piccolezze, le sembra più una bomba che una merenda, troppo rischioso…
“Fai in fretta.” Squittì la Professoressa.
Elettra esce dall’aula con l’idea di recuperare un dolce veloce dalle macchinette al piano terra. Presa la scala principale, inizia a scendere arrivando nell’atrio: è enorme, le pareti sono decorate con disegni delle invenzioni del genio a cui il liceo deve il nome, Leonardo da Vinci. Durante l’intervallo Elettra si perdeva spesso ad ammirarli, incantata da quei progetti così antichi, così avanti nel tempo.
La comparsa di Paradoxa
Con la coda dell’occhio, vede un gatto nero. Si ferma, il gatto non sembra spaventato anzi la guarda con occhi luminosi, come se custodisse un segreto. La curiosità ha la meglio sulla fame ed Elettra decide di seguire il gatto lungo il corridoio fino a una porta chiusa, diversa da tutte le altre… non ricordava di averla mai vista prima. Il gatto ci si siede davanti, come a dirle: “Ecco, qui comincia qualcosa di speciale.” In quell’istante, la porta si apre rivelando una stanza piena di luce, traboccante di oggetti strani e libri sparsi ovunque.
“Benvenuta, io sono Paradoxa!”
Elettra sente il cuore batterle forte. Paradoxa, non più nera ma blu elettrico, si alza lentamente da terra e, con un movimento elegante della coda, la invita a seguirla nella stanza: un grande orologio senza lancette, libri aperti con pagine senza fine e specchi che riflettono immagini diverse a seconda di come li guardi.
“Benvenuta nel mondo dei paradossi, qui tutto ciò che pensavi di sapere viene messo in discussione. A volte, per capire il mondo, bisogna accettare che alcune cose sembrano impossibili o contraddittorie.”
“Paradossi? Che cos’è un paradosso?”
“Un paradosso è come un piccolo enigma, un problema che sembra non avere soluzione, o che sfida quello che pensi sia vero. Per esempio, il famoso Zenone, un antico filosofo, ha inventato storie che ci fanno pensare se davvero possiamo muoverci o raggiungere una meta.”
Paradoxa, con un cenno della zampa, fa apparire una pista da corsa immaginaria.
“Immagina di voler correre fino alla fine della pista, ma ogni volta che fai metà strada, devi prima arrivare a metà della metà, e poi alla metà della metà della metà, e così via, senza mai finire veramente il percorso. Ti sembra possibile?”
“Non lo so… sembra che non potrei mai arrivare in fondo.”
“Ecco, questo è un paradosso! Oggi scopriremo insieme come la scienza e la matematica hanno scoperto modi per risolverli.”
La stanza si trasforma in un mondo fatto di numeri, linee e luci brillanti e pronto ad accogliere Elettra nel viaggio alla scoperta dei segreti dell’atomo e del movimento.
Sviluppo dei modelli atomici
Elettra si ritrova circondata da tantissime piccole sfere luminose che volteggiano nell’aria come bolle di sapone.
“Benvenuta nel cuore segreto di ogni cosa! Tutto, ma proprio tutto, anche te, è fatto di minuscole particelle chiamate atomi.”
“Atomos? Indivisibile?”
“Proprio così, quasi! La nostra storia comincia da Democrito, un filosofo che immaginava come tutto fosse fatto di minuscoli mattoncini invisibili, pezzi di un puzzle infinito. La sua idea era semplice e geniale: pensava che gli atomi fossero eterni e diversi tra loro per forma e grandezza. Non aveva prove scientifiche, solo la forza del pensiero e dell’immaginazione.”
In una nube di secondi, la figura si trasforma, diventando qualcosa di più semplice e ordinato.
“Ti presento il modello di John Dalton, lui pensava che gli atomi fossero delle palline solide, tutte uguali per ogni elemento. Un grande passo avanti perché per la prima volta, la scienza, cominciava a vedere gli atomi non solo come un’idea, ma come elementi reali e misurabili con cui costruire il mondo.”
Paradoxa, con un colpetto di coda, muta nuovamente la scena.
“Ecco Joseph John Thomson, lui scoprì che l’atomo non è solo una pallina solida, ma è composto da un una carica positiva e piccole particelle cariche negativamente, gli elettroni. Proprio come te, che sei tanto piccina quanto fondamentale!”
Davanti a Elettra appare un enorme panettone, tempestato di piccole uvette non molto disposte a farsi assaggiare.
“In questo modello, l’atomo veniva pensato come il grande dolce natalizio: una massa positiva, diffusa e dolce come il panettone in cui erano immerse come uvetta, le piccole cariche negative, gli elettroni. Questo modello cercava di spiegare come le cariche potessero convivere in equilibrio, ma non risolveva tutti i misteri…”
La scena si trasforma, lo spazio si allarga, diventando più ampio.
“Poi arrivò Rutherford, un vero esploratore dell’invisibile: immagina, prende delle particelle piccolissime e le spara contro una sottilissima lamina d’oro… e cosa succede? Qualcuna rimbalza o viene deviata, come se avesse colpito una parete immaginaria! Fu così che Rutherford capì che dentro l’atomo c’era un nucleo, denso e carico positivamente, proprio lì nel centro, e tutto il resto? Spazio. Immenso. Un grande niente dove gli elettroni fanno girotondo!”
Tutto muta ancora. Il nucleo brillante resta ma gli elettroni attorno iniziano a muoversi come pianeti.
“È un vero sistema solare in miniatura!” Esclama Elettra, affascinata e un po’ incredula.
“Bohr! Bohr capì che gli elettroni non si muovono a caso, ma seguono orbite precise e, quando saltano da un’orbita all’altra, assorbono e rilasciano energia in modo istantaneo.”
Adesso la scena muta in una nuvola sfumata e colorata, dove le particelle sono onde, simili a farfalle.
“Qui entriamo nel mondo della meccanica quantistica.”
Una luce azzurra avvolge Elettra e prima di poter capire cosa stesse accadendo, si ritrova catapultata in un luogo meraviglioso: l’aria frizza di energia e le leggi della fisica, quelle che conosceva, pare non esser più le stesse. Tutto si muove in modo bizzarro, ogni cosa che viene osservata, cambia, solo per il fatto di essere stata osservata! Un giovane scienziato cammina in modo curioso, come se stesse contando ogni passo. Vedendo Elettra, trasale per un attimo, poi ricambia il suo sorriso.
Quantolandia
“Benvenuta a Quantolandia, dove ogni particella può trovarsi in molti stati allo stesso tempo, finché qualcuno non la misura!”
Elettra guardandosi intorno, vede minuscole particelle fluttuare nell’aria, dappertutto e in nessun posto.
“Ma… dov’è Paradoxa?” Chiede preoccupata.
“Ah, Paradoxa? È morta.”
“Cosa?!”
“Tranquilla Elettra, è anche viva.”
“Cosa vuol dire?”
“È un tipico problema quantistico, Paradoxa non sapeva con chi né che cosa avrebbe generato così è morta in un esperimento sbagliato… o è rimasta bloccata in una sovrapposizione di stati se preferisci, né viva né morta, sospesa tra le due possibilità.”
“Tu… sei una particella, giusto?”
“E chi non lo è, in fondo? Ma se ti serve un nome per elaborare meglio l’informazione, chiamami Tommaso. Sono il tuo quanto-guida. Ho ricevuto l’informazione su di te proprio un P.P.M.F.: un piccolo piccolissimo momento fa.
“Ma… cos’è Quantolandia?”
Tommaso, improvvisamente serio:
“Il nome Quantolandia viene da quanto. Un quanto è la più piccola unità possibile di qualcosa: può essere un pacchettino di energia, di tempo o di informazione. Qui tutto funziona a salti, non ci sono mezze misure: è il regno delle possibilità minime e proprio per questo delle meraviglie più grandi.”
La quanto-guida conduce Elettra davanti a una galleria fatta di specchi dove alcuni riflettono il suo volto, altri sembrano mostrare versioni alternative di sé stessa in sovrapposizione l’una con l’altra.
“Questo è il Tunnel dell’Entanglement –spiega Tommaso,– una zona in cui ogni cosa è connessa, anche se lontanissima. Oltre c’è il Labirinto delle Probabilità. È lì che si nasconde il frammento mancante del Grande Osservatore. Solo tu puoi attraversarlo!”
“Ma… se la realtà è diversa ogni volta che la osservo, come posso scegliere la strada giusta?”
“È una domanda da vera quantista. Vedi, secondo il principio di indeterminazione, non puoi sapere contemporaneamente e con precisione, ad esempio, la posizione e la quantità di moto di una particella. Più conosci uno, meno sai dell’altro.
“Quindi devo… indovinare?”
“No, devi affidarti alla probabilità. La funzione d’onda di ogni particella ti offre le possibilità. Il tuo compito è collassare quella funzione, decidere, e vedere cosa succede. È questo il cuore del labirinto.
Con un respiro profondo, Elettra entra. Le pareti del labirinto sono composte di interferenze e traiettorie possibili. Ogni bivio, un esperimento: quando osservava con troppo timore, il cammino si restringeva; quando si affidava alla sua intuizione, emergevano nuove vie. Cammina in un mondo in cui il solo atto di scegliere trasforma la realtà attorno a lei.
In fondo a una spirale di energia vibrante, vede una lente rotta, incastonata in una struttura di anelli e molle fluttuanti. Elettra prende il frammento, arrivando così alla fine del tunnel dove Tommaso era ad attenderla.
“Ci sei riuscita! Ora possiamo riportare ordine nella misura.”
Risaliti insieme verso il centro di Quantolandia, sospeso nel vuoto, galleggiava il Grande Osservatore: un gigantesco occhio fatto di lenti, specchi e rilevatori.
“È lui che consente al nostro mondo di esistere in uno stato osservabile, il Grande Osservatore è il nostro strumento di lettura e interpretazione, non di controllo: permette alla conoscenza di decifrare il mondo quantistico, senza distruggerne la complessità.”
Elettra consegna il pezzo a Tommaso che lo inserisce con delicatezza e tutto attorno si stabilizza: le orbite elettroniche si ricompongono e l’universo ritrova la propria coerenza.
“Prima che tu vada, voglio lasciarti qualcosa.”
Così dicendo, Tommaso passa ad Elettra una scatoletta, al suo interno scintilla una sovrapposizione di stati.
“Queste due particelle sono entangled, nate dallo stesso evento quantico. Anche quando sono lontanissime, restano connesse. Se una cambia stato, anche l’altra lo fa, istantaneamente.”
“Quindi… possiamo parlare anche a distanza?”
Si guardarono un’ultima volta.
Un suono squillante riempì l’aula.
Elettra si risveglia di colpo, il cuore che batte all’impazzata. Di nuovo tra i banchi, tra quaderni aperti e appunti sparsi. La professoressa Pioni stava cancellando la lavagna con la solita lentezza geometrica. Aveva solo sognato? Nel taschino della felpa, qualcosa brillava. Una scatolina. Identica a quella che Tommaso le aveva lasciato. Elettra sorrise. Forse il viaggio era stato solo una proiezione quantica della sua mente… ma qualcosa era certo: la realtà non è fatta di certezze, ma di possibilità. E la scienza, più che dare risposte fisse, offre domande sempre più profonde. Aveva una storia da raccontare