Premio Racconti nella Rete 2025 “Una resa gentile” di Susanna Casubolo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025La curva lieve ed elegante del collo era qualcosa da cui era difficile distogliere l’attenzione. Se solo ci si fermava qualche secondo in più ad osservarla, si poteva notare il battito del cuore: l’unica cosa che dava un leggero sentore di prepotenza nell’insieme equilibrato e armonioso della sua figura. Normalmente non avrebbe suscitato un giudizio rude, e si incaponiva molto a voler apparire poco passionale, ma il suo intento era spesso tradito proprio da quel cuore arrogante.
Mentre parlava, teneva una mano sul grembo, che a tratti svegliava le dita in un movimento a rincorrere un ricordo più vivo. L’altra la poggiava sul bracciolo della poltrona, dove il corpo restava abbandonato e senza difesa, mentre la mente pescava nel passato immagini e profumi. I graziosi piedi nudi poggiavano la pianta sul caldo tappeto damascato. Quanta strada avevano percorso, restando fedeli alla loro bellezza?
— Qual è stato il momento più sorprendente della sua vita? Quello più intenso da vivere?
Un momento febbrile la colse. I pensieri, volti nella direzione del passato, svuotarono gli occhi del presente, accogliendo immagini lontane. Un lieve fremito delle ciglia tradì la traccia di un piacere proibito, a cui non poteva permettere di emergere se non con cenni trascurabili, da tenere sotto un controllo accorto. Quanta passione potrà mai aver conosciuto il suo cuore, senza tradire la sua posata formalità?
Le mani non tradivano alcun cenno di movimento, nessuno spiraglio di possibile interpretazione delle sue emozioni. Certamente, uno sconosciuto, a guardarla in quel momento, avrebbe potuto pensare che stesse riposando. Un occhio profano non avrebbe colto quel guizzo di reazione. Solo una maggiore cura nell’osservazione, un’attenta vicinanza non invadente, una giusta distanza, era in grado di registrare i piccoli cenni emotivi che la scuotevano.
— Si tratta di un uomo? Qualcosa che riguarda una sua relazione passata?
Un tremolio accennato del labbro superiore violò improvvisamente il patto di freddezza: una risposta affermativa più sentita di qualsiasi verità. Gli occhi non tradirono alcuna emozione, obbligati in un percorso necessario ad annullare quella reazione sfuggita al controllo. Impavidi, mantennero fede alla fiera freddezza imposta dalla razionalità. L’impassibilità tornò sovrana a scacciare quel sussulto di indignazione fugata.
Nessuno avrebbe notato il lieve vagare dello sguardo, come a voler far perdere le tracce di un cammino nascosto, e il suo posarsi su un quaderno poggiato sul camino. Si alzò dalla sedia. I bei piedi nudi affondarono nel tappeto morbido. Con la grazia di una danzatrice, mosse un passo davanti all’altro e si fermò al centro della stanza. Una piccola esitazione, poi, voltandosi verso la sua interlocutrice come in un gesto di sfida, ne saggiò la capacità di restare fedele al loro patto di riservatezza.
— Vuole farmi leggere qualcosa di suo? Ne sarei onorata.
“Ero seduta sulla panchina della stazione in attesa del treno e mi guardavo ipnotica le mani vuote, un’immagine del mio stato d’animo fragile. Non riuscivo a trattenere le lacrime, eppure mi ero vestita, truccata, avevo indossato l’armatura: ero pronta per cominciare la giornata e lasciare la mia sofferenza fuori dalle porte a scorrimento del treno.
Non riuscivo a salire, ne avevo persi tre. Stavo entrando in uno stato di disperazione che non potevo permettermi. Guardavo le persone prese dalla loro quotidianità, instancabili automi a cui sembrava impossibile mettere un freno. E io, invece, non riuscivo a togliere il mio. Ero inspiegabilmente ferma, seduta sul marmo della panchina senza riuscire a percepirne la freddezza.
A quella vorrei aspirare: non sentire arrivare più alcun sentimento a stravolgere le mie certezze. Un gelido scudo a difesa, qualcosa in grado di congelare ogni sensazione in arrivo, per trovare la pace di cui ho bisogno, per superare questo stupido abbandono ai sentimenti che non meritano tale fedeltà.
Non voglio stare male. Non voglio permettere a nessuno di abbandonarmi in una simile devastazione. Non voglio più essere vittima. Piuttosto preferisco passare dalla parte dell’aguzzino.”
— Be’, questo è un momento molto intenso, ma le avevo chiesto quello più sorprendente…
Girò uno sguardo vuoto intorno a sé, poi sedette di nuovo sulla poltrona per riacquistare la sua posizione vantaggiosa di distacco. I suoi occhi acquisirono una nota di dolcezza sorprendente: viaggiavano in un percorso personale a cui era impossibile accedere. Lo scudo di cui aveva scritto era completamente alzato, come se nulla la toccasse, nessuna provocazione potesse riportarla indietro.
Era stato l’abbandono di un uomo ad averla portata alla ricerca della freddezza estrema. C’è qualcosa che avvicina a una forma di rispetto reverenziale per sé stessi, nel passare dall’altra parte del confine delle vittime: nel diventare arcigni carnefici amorosi. Quanti cuori avrà infranto per recuperare terreno nella battaglia dei sentimenti? Indicò di nuovo il quaderno con un gesto minimale.
— Questo è il suo momento più sorprendente?
“Cosa significa questo senso di amore che provo alla notizia? Come posso essere felice per lui, se ancora non sono riuscita a dimenticare quella panchina di marmo?
Una vita che arriva con un’altra donna dovrebbe gettarmi nello scompenso, e invece sono felice per lui. Come è possibile?
Ho davvero recuperato nel tempo tutta la forza necessaria a sopportare una notizia simile?
Sono riuscita a staccarmi da lui al punto da non provare nessun rancore. Il tempo è stato il balsamo per le mie ferite.
È sparito l’odio, svanita la malinconia, scomparso anche quel dolore al lato del cuore che era rimasto a macerare disprezzo. Il suo nome non ha più l’effetto dirompente di un tempo.
Come posso raccontare la sensazione provata nel negozio per bambini, quando le ho prese dallo scaffale, stupita, e ho capito cosa provo?
Sono a righe rosa e bianche, piccole e calde, come dovrebbero essere delle scarpette da neonata.
Sono emozionanti.
Le ho scelte tra tante. Le volevo così, perché siano un segno della resa del mio orgoglio ferito.
Chiudo la partita.
Mi sento vinta, ma non perdente.”
— Ha comprato un regalo per la nascita della bambina dell’uomo che l’ha lasciata?
Passò una mano sulla curva del collo, forse per trattenere il battito del cuore prepotente. La sua figura tornò ad essere equilibrata e armoniosa. Normalmente il suo incaponirsi ad apparire poco passionale avrebbe strappato una sensazione di rifiuto, ma le sue parole lasciate scritte tradivano il suo cuore arrogante.
Le mani erano ferme sul grembo, entrambe abbandonate dalla mente che continuava a vagare nei processi dei suoi ricordi più vivi. Quando riprese a parlare, lo fece con freddo distacco, come se il velo alzato a scoprire i sentimenti accesi non dovesse provocare reazioni eccessive.
I graziosi piedi nudi, però, sfregavano lievemente la pianta sul caldo tappeto damascato, manifestando il piacere trasgressivo di una piccola gioia proibita. Quanta strada avrebbero dovuto percorrere ancora, prima di tradire la loro bellezza?
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