Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2025 “La poltrona degli ospiti” di Stefano Corazzini

Categoria: Premio Racconti per Corti 2025

Interno. Estate. Un uomo di mezz’età entra in un appartamento in penombra. Tutto è ordinato. L’uomo si avvicina alla finestra e la apre. Si vede il Duomo di San Martino e la piazza antistante. Dei bambini giocano a pallone nella piazza. Si sentono le loro voci, le grida, la palla che rimbalza.

Quando ero bambino i miei genitori mi lasciavano spesso a casa di mia nonna. Specie in estate, quando si poteva giocare a pallone tutto il giorno. Da questa finestra la nonna restava a guardarci, oppure mi chiamava per il pranzo o per la cena. E adesso che lei non c’è più, fa effetto tornare qui, in questa casa vuota. Tutto è rimato uguale. Tutto com’era allora. Il mobile accanto alla porta; la credenza con i bicchieri in vista; la cassapanca per la legna accanto al camino; il divano e la poltrona di pelle marrone: “la poltrona degli ospiti” così la chiamava la nonna. Ogni volta che veniva qualcuno a trovarla, lei si sedeva nel divano e faceva accomodare gli ospiti nella poltrona di pelle marrone.

In effetti è comoda. Ancora oggi lo è. Ha una buona imbottitura, lo schienale rigido ma non duro e l’altezza e inclinazione giusta. La pelle è ancora in buone condizioni e i braccioli in legno la rendono ancora più confortevole. Mi viene in mente un ricordo che pensavo di aver rimosso. Nitido, preciso, carico di dettagli. Sorrido.

Avrò avuto cinque o sei anni. Era estate e faceva molto caldo. Avevamo appena finito di pranzare che ricevemmo la visita di una signora che vendeva prodotti per la casa. Me la ricordo enorme, alta, sorridente e con il viso tondo. Aveva una gonna verde, delle gambe grosse e una pesante borsa che la faceva pendere da una parte. Mia nonna la accolse in casa, accogliente come sempre e la fece accomodare nella poltrona degli ospiti. La signora vi si adagiò con tutto il proprio peso aiutandosi con i braccioli e appoggiando la borsa a terra, proprio accanto alla poltrona. Ricordo che, come una maga, iniziò a tirare fuori dalla borsa profumi, saponette colorate, boccette di ogni dimensione che appoggiava sul tavolino che aveva davanti, tra il divano e la poltrona in pelle. Ancora oggi mi posso vedere lì in piedi ad osservare la scena, affascinato dal quantitativo di cose che uscivano da quella borsa.

Ho i pantaloncini corti, rossi e la magliettina a righe. Le braccia lungo i fianchi e un’espressione meravigliata. Guardo gli oggetti e ogni tanto guardo la signora che tra un movimento e l’altro mi sorride o mi fa l’occhiolino continuando ad ondeggiare tra il tavolino, la borsa e mia nonna che annuisce cordiale. Ad un certo punto un rumore sordo, prolungato cattura la mia attenzione. Rimango perplesso, guardo la signora che aveva ripreso posto dopo l’ennesima sbandata e dico serio: «Hai fatto una puzzetta?»

«Nooo…» mi risponde lei sorridendo, «è stata la poltrona» aggiunge cantilenando un poco. «Hai fatto una puzzetta.» Ripeto io, ma questa volta con il tono di una affermazione. Come per dire, “non mi freghi, quello era il rumore di una puzzetta”.  La signora ride un po’ imbarazzata e guarda mia nonna. «Pietroooo» articola mia nonna allungando il mio nome come faceva ogni volta che non approvava il mio comportamento. Io però non desisto. «Ha fatto una puzzetta.» Ripeto sempre più convinto questa volta però rivolto a mia nonna. «Ma noooo. È stata la poltrona.» Ripete la signora mentre, contorcendosi sulla sedia, cerca di ricreare il rumore. Io resto fermo sulla mia posizione, impietrito e chiaramente poco convinto. Osservo la signora agitarsi e poi guardo di nuovo mia nonna. Lei mi sorride, poi si scambia un’occhiata con la signora ed entrambe scoppiano in una risata fragorosa. Sono soddisfatto. Penso. Anche a me viene da ridere ogni volta che faccio una puzzetta.

Sorrido, ancora oggi. Qui seduto. Da solo. Sento le voci dei bambini che provengono dalla piazza. Fa caldo. Ho i pantaloni sudati. Sposto leggermente il bacino e l’attrito delle mie gambe con la superfice della sedia produce un rumore sordo, prolungato.

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