Premio Racconti nella Rete 2025 “Belle e il mondo fuori” di Francesca Lucrezia Straziota
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Toc-toc. Ehi, dico a te! Potresti girare la prima pagina? Non voglio che resti alla copertina, altrimenti i miei piccoli e giovani lettori non conosceranno il motivo per cui la mia storia è stata impressa indelebilmente sulla carta.
Eccomi!
Sono sola. Sono testarda, triste e sola. Sono piccola, triste e impaurita: sì, è così che dovrebbe iniziare il mio racconto.
Lascerebbe immaginare una condizione grave, a qualcuno farebbe montar su un magone, ma queste sono le giuste espressioni per descrivere com’era la mia vita subito dopo aver annusato il mondo fuori dalla pancia della mia mamma.
A dire il vero, la ricordo appena. Era una tizia scostante, non mi leccò più di una o due volte prima di spingermi a cavarmela da sola.
Di quel periodo ricordo molto poco: so benissimo di aver assistito alla nascita di mia sorella che aveva ben poco in comune con me, sin da allora. Aveva il pelo più arruffato e le zampette posteriori non la reggevano il necessario per potersi muovere, bensì le donavano quell’andatura da “so tutto io”. Se ci ripenso adesso, provo quasi tenerezza nel rivederla nella mia mente in quell’atto lì.
Ad ogni modo, che sbadata! Mi presento: sono Belle, Belle la gattina più strana del mondo perché ho una padroncina che mi ama, mi coccola, mi garantisce tutto ciò di cui ho bisogno, una bella cuccia calda sempre pronta per me, ma soprattutto sono libera e vivo da gatta libera.
Si, certo, chi mi crederebbe senza alcuna vera presentazione?
“Suvvia, Belle, riprendiamo. Qui c’è ancora da lavorare!”
Si, beh, ho esagerato con la breve pausa, ma… ah, quanto vorrei stringere in un abbraccio quello che ho la fortuna di vivere adesso!
Procediamo per gradi… io e la mia padroncina siamo giunte a un compromesso ma, per arrivare a questo punto della storia, devo raccontarvi del tempo che fu e del tempo che è, della randagia che ero e della gatta che sono.
Pronti? Qua la zampa!
Sono nata in tutta clandestinità, nei pressi di un bidone della spazzatura. Gli umani non sono stati molto cortesi perché hanno sparso immondizia ovunque.
La mia mamma ha dato alla luce una cucciolata non troppo grande, ma non ho avuto neppure il tempo di vedere nascere tutti i miei fratelli perché ho dovuto spostarmi da quell’odore insopportabile e nauseabondo.
Lei poi, come ho già detto, mi ha lasciata per strada, senza dirmi né dove mi trovassi né cosa avrei potuto fare, dove sarei potuta andare.
C’era un caldo esagerato, tanto che i miei baffi erano grondanti di sudore. A stento riuscivo a respirare e lo facevo appena l’afa concedeva un attimo di tregua. Non sapevo cosa fare, chi cercare, dove andare…
Disperata com’ero, in breve tempo i miei occhi si riempirono di lacrime, invano provai a far sentire la mia voce da randagia, ma il verso che venne fuori non somigliava minimamente a un miagolio perché ero ancora troppo piccola per emettere quel suono. Per fortuna, un gattone bianco con le macchie nere di nome Whisky mi avvicinò senza timore.
“Sei di queste parti?” mi chiese deciso.
“Io… sono… sono nata qui, sono sola, sola, abbandonata da mamma e non so dove siamo, chi… chi… cosa faccio adesso? Come… come…”
“Lì c’è dell’acqua, puoi sistemarti un po’; non è così tanto putrida, il mio padrone la cambia spesso.” Questo gattone sembrava gentile e avrei voluto dirglielo, eppure le parole che provennero dal mio musetto furono altre.
“Hai un padroncino? Significa che qualcuno è sempre accanto a te? Un momento…ma allora non puoi andare dove vuoi?”
“Ti sbagli, mia cara. Intingi ancora la zampina lì dentro prima che lui arrivi. È buono, ma meglio che non ti veda qui intorno alla mia ciotola.”
“Un padroncino decide cosa fare e cosa no? Allora non sei libero! Mi dispiace tanto per te!” blateravo ondeggiando con soddisfazione.
“Cosa puoi saperne? Un giorno capirai che puoi assaporare la libertà in ogni momento, anche se hai qualcuno. Ho un padroncino, ma sono libero. Adesso vai, sarà meglio.” Si voltò rapidamente, dileguandosi sotto i miei occhi.
La terra ardeva ancora sotto le mie zampe, ma non pensai di fermarmi. Vorrà dire forse che… “Cosa vuol dire? Io non avrò mai qualcuno che mi guardi o si prenda cura di me, perciò sono e sarò libera. Sono libera per nascita. Il problema è che non so dove andare, né cosa fare. C’è tanta terra qui intorno, ma non conosco il modo per vivere e fare da me.”
Mentre i pensieri affollavano la mia testolina, non mi accorsi di essere circondata da… umani! Il terrore mi colse all’improvviso e il suono rombante di ogni tipo di mostro creato da loro mi stordì. Mi addormentai sul margine di una strada e credetti che non sarei stata più in grado di proseguire.
Ben presto, un’umana scoppiettante, una cucciola come me, mi sollevò da terra e mi coccolò tra le sue braccia.
Una strana sensazione si impadronì di me, un misto tra gioia e sgomento mi fece per un attimo perdere la bussola.
“Maggie, tesoro, dove sei? Cosa fai con un gatto in braccio? Andiamo a casa, papà ha preparato una zuppa squisita, si fredderà!”
La cucciola fece spallucce e mi riaccompagnò delicatamente per terra, non senza darmi una tenera carezza che mi provocò una reazione inaspettata: fu allora che conobbi le fusa.
Io cominciai a vagare finché non giunse la sera, ma il suo profumo non accennava a lasciare il mio pelo.
“Hai fatto qualche conoscenza?” mi chiese il gattone bianco con qualche chiazza nera qua e là.
“No, nessuno” risposi prontamente. Non avevo voglia di raccontare di quanto mi fossi sentita cercata e non respinta, di quanto quel breve incontro avesse restituito alla mia vita la parte che mi era mancata.
“Non devi temere l’affetto, né lasciarti spaventare dalle bruttezze del mondo. Ho un po’ di anni, ne ho viste di ogni tipo: dagli animali agli umani, dalle cose alla gente…”
“Cosa c’entrano le cose? Vuoi dirmi che hanno dei sentimenti anche se non hanno un cuore?” Dissi con una tale enfasi che i miei baffi cominciarono a tremare. Del resto, il discorso cominciava a interessarmi.
“Vedi, cara gattina, le cose non hanno sentimenti perché sono solo cose, per cui non possono rassicurarti quando sei triste, né lanciarti il gomitolo per giocare”
“Su questo siamo d’accordo!” Lo interruppi bruscamente io, ansiosa di sentire il resto. “Tuttavia, spesso la gente si comporta peggio delle cose…”
“Non capisco: le cose non hanno sentimenti, mentre la gente si. Che legame può esserci tra loro?”
“Vedi, gattina: la gente – talvolta anche i padroncini, sia chiaro- può comportarsi come se fosse una pietra, un oggetto senza vita e senza amore e può davvero farti male.
Bada bene: farti male è più grave del non avere sentimenti. Può farti sentire la gatta più brava del mondo, la più vincente, la più intelligente, può comprarti i croccantini migliori, cambiarti l’acqua tutti i giorni. Eppure…” sospese il suo discorso per un attimo.
“eppure può ferirti senza accorgersene, colpendoti nelle parti più sensibili che possiedi e in un attimo distruggere il mondo che hai creato, facendolo apparire solo vacillante o persino vano.”
“Caspita! Ho il terrore solo a sentirlo!” commentai, mentre mi nascondevo le zampe sotto il mio stesso pelo.
“Il punto è che, però, dalla gente tornerai, forse proprio da quella, forse no, ma non potrai vivere sola.”
“Se può cagionarmi qualche forma di tristezza, perché posso non fare a meno di tutto ciò? Avevo ragione nel dirti che ho proprio bisogno di nessuno!” stabilì decisa.
“La gente può farti male, farti provare la sensazione di avere qualcosa o tutto di sbagliato, ma può anche correggersi e amare come non aveva mai fatto prima. Quella bambina, se ti avesse portata a casa, ti avrebbe strappato dal tuo mondo che è la strada, ti avrebbe fatto apparentemente una violenza gratuita perché non avrebbe ascoltato il tuo parere e se ne sarebbe infischiata delle tue volontà così come dei tuoi sentimenti feriti, eppure…”
“Eppure non lo ha fatto! Ha ascoltato il consiglio di sua madre, ma avrebbe potuto insistere e portarmi nella sua cuccia” risposi io, non potendo più scappare da quel confronto.
“Ha per un attimo pensato a te, forse, al modo in cui ti saresti sentita in un posto diverso dal tuo. Non ha agito senza sentimenti, non ha calpestato e ferito la tua volontà, ti ha rispettata e il suo -insieme al tuo- mondo è cambiato: ecco perché non potrai fare a meno di vivere con gli altri. “
“Ci può essere del buono anche in chi sembra egoista, si può migliorare solo stando insieme e amando, sforzandosi di superare il proprio tornaconto. Ora ho capito, grazie Whisky: sei stato prezioso. Tornerò a trovarti.”
Mi precipitai nel posto in cui la cucciola mi aveva sollevata con una luce nuova. Sapevo che sarebbe tornata perché ciò che era successo a noi era stato così reale. Passarono giorni, forse mesi, ma non persi mai la speranza di rivederla. Sapevo che questa volta sarebbe stato per sempre. Adesso, mio caro pubblico, sono nelle sue braccia, accoccolata davanti a una cuccia calda e vado spesso a trovare quel gattone a cui devo tanto.
Ho compreso e accettato di buon grado un patto con Magghie: lei mi lascia andare per strada quando la nostalgia della terra si fa sentire e io ripulisco i bidoni dalle cartacce che la gente ha lasciato. Non lo faccio per dovere, non mi sento costretta, ma la mia gioia ora è legata anche a questo. Ho scoperto l’amore per il lavoro e la compassione verso coloro che si comportano come “cose”, restando prigioniere di pregiudizi ed egoismi; del resto, forse non hanno ancora saputo cogliere l’opportunità di migliorare perché non hanno aperto il proprio cuore agli altri e alla possibilità di cambiare e vedere, lasciandosi guidare dall’amore.
Ci chiamano animali perché abbiamo un’anima, ma sono convinta che tutti -anche gli umani- ne abbiano una che attende solo di venir fuori.
Lavoro tutto il giorno e ripulisco la cuccia di casa; sono spesso stanca, eppure finalmente oggi penso a quanto sia meravigliosa la libertà.
E tu, mio caro lettore che hai ancora tanto da scoprire, sei pronto ad assaporare la vera libertà?