Premio Racconti nella Rete 2025 “Quello che ci siamo detti quella sera” di Maria Vandea
Categoria: Premio Racconti nella Rete 202548 anni, 4 mesi, 7 giorni, 8 ore.
Questa la distanza tra la sera del nostro primo incontro e l’ultima. Non ho mai voluto che il tempo passasse in fretta, ma che lo volessi o no, il tempo non ha chiesto il mio permesso e da un Lunedì all’altro, da un primo del mese all’altro e da un anno all’altro sono arrivata a 74 anni. Ne avevo 71 e tu 74 quando alle 3 di notte ti ho sentito tossire ed ho pensato ad un raffreddore. “Hai preso freddo ieri?” Non mi hai risposto. Stavamo nella casa al mare tu ed io da soli. Abbiamo trascorso una imprevista serata con amici, che ci hanno invitato al ristorante quella sera. L’ultima nostra sera. Tu indossavi la lacoste bordeaux, io la camicetta bianca ed il filo di perle di mia madre. Ero scontrosa con te quella sera ed ho scelto proprio quella sera per fare la stronza con te. È stata l’unica volta che niente dal mio piatto è passato al tuo. Ho mangiato fino all’ultimo calamaretto fritto e l’ultima patatina. Poi siamo andati al bar tutti insieme ed abbiamo ordinato i gelati.
Del tuo gusto preferito, il cioccolato, ne era rimasto solo uno e l’ho scelto io. In tutta la vita trascorsa insieme questo non era mai accaduto, ho sempre scelto dopo di te perché la cosa mi era indifferente. Ma ho scelto proprio quella sera per rivendicare preferenze e determinazione, come a tavola l’acqua frizzante al posto di quella naturale che tutti volevano e la frittura di pesce con tanti calamaretti, i soli pesci che tu mangiavi. Tu ti sei meravigliato, ogni tanto vedevo i tuoi occhi spiarmi ed io volgevo lo sguardo altrove. Non so se mi vedevi come mi vedevo io, una stronza, omostravi interesse per quella donna nuova che aveva scelto le tue ultime ore di vita per ribellarsi. Chissà se in quel momento ti è venuta in mente la Laura del nostro primo incontro nel parco. Non scorderò mai quella camicia bianca in contrasto col tuo bellissimo viso da moro, quegli occhi neri, il pullover rosso e quei baffi alla Charles Bronson, al quale volevi assomigliare. Per me eri Jack Nicholson. Non so se ci siamo amati da subito o se ci siamo mai amati. Ma quella sera, seduti su quella panchina nel piccolo parco che divideva le nostre pensioni, con un sentore di basilico e fresie e l’inizio di un tramonto ci siamo scordati del tempo e abbiamo iniziato a parlare per tutta la notte. Forse ci siamo detti tutto allora e questo è bastato.
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