Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2025 “Corvo” di Stefano Cangiano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

I morti hanno un potere illimitato. Sono ovunque. Nei nostri paesi, nei nostri discorsi, nei pensieri che ci accompagnano ogni giorno o in quelli che arrivano di tanto in tanto. Sono convinto che i morti siano molto più interessanti e importanti dei vivi. Studiamo i morti, celebriamo i morti, ricordiamo i morti, molto più di quanto non lo si faccia con i vivi. Del resto, i morti sono molti più dei vivi, infinitamente di più degli 8 miliardi di persone che vivono sulla Terra. È per effetto di queste considerazioni che ho sempre avuto una passione speciale per i morti. Di sicuro ricordo una data in cui questa passione si è accesa: il 18 aprile 1997. Quello è stato il giorno in cui ho incontrato la morte. Prima ne avevo solo sentito parlare. Da quel giorno è entrata nella mia vita diventandone il centro. Da quel giorno ho deciso di dedicarmi ai morti e alla morte.

Ho iniziato adolescente con la tassidermia. Recuperavo le carcasse degli animali che cacciava mio nonno, le lavoravo e realizzavo degli esemplari imbalsamati che tanti ancora oggi conservano in qualche angolo di casa. Questo mi valse il soprannome di Corvo. Tutti mi chiamavano Lucio corvo, come fosse un cognome, ma la cosa non mi indispettiva né mi intristiva. Mi sembrava che fosse un titolo di merito, tanto da farmi ribattezzare il 18 aprile come “Giorno del corvo”. Ogni 18 aprile mi imponevo di lavorare un animale di pregio, come un daino, un lupo o un muflone, e lo tenevo per me, senza cederlo a nessuno. Iniziai poi a servire messa ma esclusivamente alle esequie. Dal rito presso la casa del defunto alla celebrazione della messa per concludere con l’inumazione o la tumulazione al cimitero. Era un bel daffare, la mole dei funerali supera di gran lunga quella dei battesimi e di qualunque altra cerimonia religiosa e laica riunite insieme. Del resto dai campanili quelle che sentiamo suonare più spesso sono le campane a morto, mentre quelle festose suonano solo la domenica e in altre rare occasioni. E nel Giorno del corvo anche la messa da servire doveva essere speciale, in un duomo o una cattedrale, con corteo funebre e carrozza a sei cavalli. Col passare del tempo questa quotidianità di morte non mi ha appesantito. Anzi, mi ha aiutato a rispondere a una domanda che sempre più mi ha accompagnato. Che senso ha concentrarsi sui vivi quando ci sono tanti morti ai quali pensare?

Quando nel momento di iscrivermi all’università è stato necessario scegliere, non ho avuto dubbi: avrei studiato medicina per diventare un anatomopatologo. Lucio corvo sarebbe diventato il Dottor Lucio Runi. Ho compreso che ad alimentare la mia passione non era la spiritualità e nemmeno un interesse filosofico ma il fatto che dietro ogni morto c’è una storia da raccontare. Dentro ogni morte una dinamica da rivelare. Così mi sono ritrovato a fare un’autopsia dietro l’altra, a cercare cause e origini della morte, a vederne gli effetti sui corpi e a comprendere attraverso gli organi interni ed esterni degli esseri umani cosa significa morire. Le cause, infinite, sono note. Gli effetti, in numero più limitato, anche. Tuttavia, sento che qualcosa ancora mi sfugge. È una ricerca che vale la pena di fare, questa passione non si spegne e continua a portarmi al tavolo dove ritrovo sempre i bisturi e gli strumenti che fanno di me quello che sono. Anche il 18 aprile, soprattutto il 18 aprile. Continuo a partecipare alle esequie di tanto in tanto e nei fine settimana mi dedico ancora alla cura dei trofei di caccia. Nel tempo libero mi piace camminare per i cimiteri e fermarmi a leggere le epigrafi sulle lapidi che incontro lungo il cammino. Oggi sono al cimitero e leggo: Hai scelto di porre fine alla tua vita in modo violento ma la tua grazia resterà nei nostri cuori, tua moglie Luana e tuo figlio Lucio. Daniele Runi 10/10/1952 – 18/04/1997. Il Giorno del corvo.

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